Ussher

Paley

Hutton

E. Darwin

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Cuvier

Lyell

C. Dawin

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Humboldt

Teilhard de Chardin

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Il concetto di adattamento

Leopardi Lewontin Voltaire

La distinzione fondamentale fra mondo vivente e non vivente è data dal fatto che il primo sembra dotato di un progetto tanto che Aristotele fu spinto a studiare le opere della natura proprio in quanto “È nelle opere della natura più che in ogni altra cosa che potremo trovare uno scopo e quindi una liberazione dall’indeterminatezza e il fine per cui le cose sono state fatte tiene il posto della bellezza nell’opera d’arte”  (Aristotele, Le parti degli animali) ; come non prendere atto infatti che delfini e squali possiedono una forma perfettamente idrodinamica, che le zampe del cavallo sono adattate alla corsa, che gli insetti stecco sembrano bastoncini per potersi nascondere dai predatori ?

La ricerca di un fine nelle opere della natura fu fatta propria dal cristianesimo, come ad esempio, ancora alle soglie dell’Ottocento è testimoniato dall'opera del reverendo William Paley, ma esiste davvero un'armonia nella natura?

È indubbio che il concetto di adattamento, al di là delle interpretazioni dei teologi della natura, ha avuto e continua ad avere un valore esplicativo enorme per i biologi ; infatti è proprio chiedendosi a cosa serve, cioè quale funzione svolga una determinata struttura, che si può comprenderne il funzionamento ; rimane tuttavia un vecchio termine “riciclato”, che, utilizzato con significati nuovi, e in diversi contesti, genera ambiguità, e continua ad avere significati molteplici: esiste per esempio l’adattamento Darwiniano e quello lamarckiano, un processo di adattamento avvenuto in passato e stabilizzatosi nella specie e un adattamento evolutivo in atto nel presente e da un certo numero di anni.

Il concetto di adattamento, però, non solleva soltanto problemi che riguardano il significato preciso da attribuire al termine; nell’accezione comunemente divulgata dell’evoluzione esistono gli organismi, l’ambiente che crea loro dei problemi, soluzioni offerte dal processo adattamento - selezione, come se esistesse un ambiente vuoto e organismi in corsa per colonizzarlo, mentre così non è. Esiste un’interazione inestricabile fra organismi ed ambiente: non esistono nicchie vuote, l’ambiente si modifica continuamente non soltanto a causa di fattori fisici come grado di piovosità o temperatura, ma anche grazie agli organismi che lo abitano, alle interazioni fra le diverse specie, ai comportamenti individuali e sociali delle singole popolazioni : non esiste per esempio un terreno agricolo che è in attesa dei lombrichi, ma il terreno agricolo ha quella composizioni proprio grazie alla presenza di questi ultimi che continuamente portano terra in superficie e dalla superficie in profondità. È necessario allora chiarire che gli organismi di un determinato ambiente si modificano reciprocamente fra loro, coevolvono e contemporaneamente trasformano e sono trasformati dall’ambiente, in una sorta di corsa senza fine che non porta da nessuna parte, in quanto se una popolazione non è in grado di star dietro alle trasformazioni delle altre o a quelle dell’ambiente si estingue. L'unico "sogno delle cellule, per parafrasare Jacob, è quello di creare altre cellule.

Queste considerazioni portano a prendere in esame un altro problema connesso con il concetto di adattamento: l’evoluzione è un fenomeno che porta ad adattamenti sempre migliori ? Se ciò fosse vero, il finalismo di cui la biologia sembrava essersi liberata con la formulazione della teoria dell’evoluzione, riapparirebbe in tutto il suo splendore: esiste un punto iniziale, la creazione della vita, che fra l’altro per il momento sfugge ad un’analisi scientifica, una fase intermedia in cui si assiste ad un progressivo aumento di complessità e coscienza e un termine che potrebbe essere interpretato, secondo le scritture, come il momento della seconda venuta del Cristo e la fine dell’umanità. È questa la posizione sostenuta con forza negli scritti di Teilhard de Chardin, un paleontologo che ha cercato di coniugare il cristianesimo con la teoria dell’evoluzione.  Ma la nascita dell’uomo e della coscienza è stata davvero un evento necessario ?

Una posizione completamente diversa da quella di Teilhard de Chardin è sostenuta da Jaques Monod, che vede nell’evoluzione una sintesi del caso e della necessità. Sono state citate queste posizioni estreme per mettere in luce come l’adattamento ponga problemi di fondo che travalicano il campo naturalistico per coinvolgere “domande ultime” che permeano da sempre tutti i campi del sapere: l’evoluzione ha forse preso il posto di Dio nella creazione del mondo? La natura è benevola e partecipe o matrigna ? Esiste una freccia o un ciclo del tempo ? Certo ciascuna era geologica è contrassegnata da fenomeni di estinzione più o meno imponenti e questo mette in luce come il graduale perfezionamento degli organismi sia difficilmente sostenibile, anche se è innegabile che nel corso dell’evoluzione si assiste ad un aumento di complessità.

Un altro problema squisitamente biologico riguarda la formazione di organi complessi, un problema che aveva già tormentato Darwin : come spiegare la nascita di piani di organizzazione completamente nuovi, come il passaggio dai rettili agli uccelli o la formazione dell’occhio dei vertebrati ?

Si tratta di strutture la cui formazione implica imponenti rimaneggiamenti nell’organizzazione del vivente, che, secondo alcuni studiosi, come Lewontin, Gould, Stanley, non possono essere interpretati attraverso trasformazioni lente e graduali, che possono spiegare solo fenomeni di piccola entità.

Goldschmidt, un genetista impegnato in studi di popolazione, intorno agli anni quaranta ipotizzò che esistesse una netta demarcazione fra microevoluzione e macroevoluzione; mentre per la formazione di nuove varietà (microevoluzione) si può invocare come causa il lento accumulo di piccoli cambiamenti, nel caso della macroevoluzione devono intervenire riassetti completamente nuovi e improvvisi del patrimonio ereditario. Per spiegare il fenomeno, Goldschmidt, parlò della comparsa improvvisa, all’interno di una popolazione, del “Mostro di belle speranze”, un individuo cioè che presenta un patrimonio ereditario completamente nuovo rispetto a quello della popolazione in cui è inserito e che può dare l’avvio per discendenza a una specie completamente diversa. Gli esponenti della nuova sintesi non furono e non sono d’accordo con questo tipo di interpretazione e Goldschmidt fu isolato culturalmente. Come vedremo questa idea viene ripresa, modificata, dai sostenitori degli equilibri punteggiati.

Per ovviare alle critiche volte al gradualismo filetico, Mayr introduce il concetto di preadattamento.

Altro problema ancora in discussione è il valore adattativo di ogni singola struttura ; esiste una sorta di onnipotenza nella natura che plasma gli organismi alla perfezione ? Lewontin e Gould hanno definito questa interpretazione del concetto di adattamento un “programma panglossiano”, in onore di Panglosso, il celebre istitutore di Candido (ci si riferisce al libro Candide di Voltaire) che, di fronte a stupri, inondazioni, eruzioni vulcaniche, latrocini di pirati, continua a ripetere: “le cose non possono essere diverse da quelle che sono, perché essendo tutto stato fatto per un fine, tutto è naturalmente per un fine migliore”

 In un saggio del 1979, I pennacchi di San Marco e il paradigma di Panglosso, Lewontin e Gould hanno proposto un’analogia che spiega molto bene il limite del concetto di adattamento: Nella cattedrale di San Marco a Venezia vi sono dei mosaici posti nei “pennacchi”, termine architettonico che sta ad indicare la zona in cui la cupola, a pianta circolare, si raccorda a un basamento a pianta quadrata. Ci si può chiedere se i bei mosaici che si adattano così bene alla conformazione dei pennacchi, sono il motivo della presenza degli stessi, ma evidentemente i pennacchi rappresentano un vincolo ineludibile e le figure ivi rappresentate sono un di più non necessario, non “adattativo”.

   Secondo Van Valen,  l'adattamento è un processo "conservativo", cioè tende alla preservazione nel tempo della vita della specie piuttosto che ad un miglioramento o ad un progresso della stessa; a testimonianza di questo fatto, questo studioso fa notare come non vi sia una sostanziale differenza nel rischio di estinzione tra le specie più giovani e quelle più longeve (se la selezione naturale agisse in modo da migliorare le caratteristiche delle specie, quelle più anziane dovrebbero essere meglio adattate e immuni da pericoli di scomparsa). Egli giustifica, dunque, l'estinzione di suddette specie portando alla luce le difficoltà insormontabili che le medesime incontrano dovendosi adattare a più eventi in periodi di tempo particolarmente brevi. La principale critica alla teoria di Van Valen, volta per esempio da Lewontin, consiste nella mancata spiegazione di come nuove specie occupino nuove nicchie, il che si è verificato, ad esempio, con l'occupazione della terraferma da parte di viventi acquatici. Non tutte le strutture presenti in un organismo, a ben guardare, appaiono realmente adattative;  stegosaurus-jff.jpg (9692 byte)quale la funzione delle piastre ossee sul dorso dello Stegosaurus? Hanno una funzione termoregolatrice, sono segnali di riconoscimento nel corteggiamento oppure sono un'arma di difesa? E' pur vero che lo studio dei fossili presenta grossi limiti; non è possibile, nella maggior parte dei casi, conoscere le loro parti molli, né sapere qualcosa circa il loro comportamento. Comunque sia, un adattamentismo spinto e acritico porta ad una visione panglossiana del mondo che può sfiorare il ridicolo (il mento umano si è affermato per sorreggere la barba).

Le nuove strutture vengono elaborate a partire da organi preesistenti che in origine erano incaricati di un determinato compito ma che si sono jura5.jpg (50804 byte) progressivamente adattati a funzioni differenti; Jacob, per spiegare questo concetto, utilizza la metafora del bricoleur.

  Il concetto di adattamento è strettamente correlato a quello di selezione naturale poiché le variazioni che favoriscono la sopravvivenza di un individuo in competizione con altri organismi e di fronte ad una pressione ambientale, tendono ad aumentarne il successo riproduttivo ed essere così conservate. 

 Esistono delle carenze nel concetto di adattamento, se lo consideriamo come l'unico processo in grado di spiegarci tutto il cambiamento evolutivo: altri fattori hanno un ruolo rilevante come la pura casualità o  la capacità di uno o pochi geni di influenzare più caratteri: se un gene, ad esempio, offre certe caratteristiche favorevoli in un determinato ambiente e nel contempo determina anche un certo colore della pelle,  il colore sarà un accessorio senza valore adattativo. Esistono inoltre strutture la cui funzione iniziale risulta diversa da quella successiva: si parla in questi casi di pre-adattamento o ex-attamento, come nel caso delle penne degli uccelli, in origine adattative per la termoregolazione e solo successivamente rivelatesi ottimi strumenti per il volo. 

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