Il concetto di adattamentoLa
distinzione fondamentale fra mondo vivente e non vivente è data dal fatto che
il primo sembra dotato di un progetto tanto che Aristotele fu spinto a studiare
le opere della natura proprio in quanto “È nelle opere della natura più che
in ogni altra cosa che potremo trovare uno scopo e quindi una liberazione
dall’indeterminatezza e il fine per cui le cose sono state fatte tiene
il posto della bellezza nell’opera d’arte” (Aristotele, Le parti degli animali) ; come non prendere atto infatti che
delfini e squali possiedono una forma perfettamente idrodinamica, che le zampe
del cavallo sono adattate alla corsa, che gli insetti stecco sembrano bastoncini
per potersi nascondere dai predatori ? La
ricerca di un fine nelle opere della natura fu fatta propria dal cristianesimo,
come ad esempio, ancora alle soglie dell’Ottocento è testimoniato dall'opera
del reverendo William Paley, È
indubbio che il concetto di adattamento, al di là delle interpretazioni dei
teologi della natura, ha avuto e continua ad avere un valore esplicativo enorme
per i biologi ; infatti è proprio chiedendosi a cosa serve, cioè quale
funzione svolga una determinata struttura, che si può comprenderne il
funzionamento ; rimane tuttavia un vecchio termine “riciclato”, che,
utilizzato con significati nuovi, e in diversi contesti, genera ambiguità, e
continua ad avere significati molteplici: esiste per esempio l’adattamento
Darwiniano e quello lamarckiano, un processo di adattamento avvenuto in passato
e stabilizzatosi nella specie e un adattamento evolutivo in atto nel presente e
da un certo numero di anni. Il
concetto di adattamento, però, non solleva soltanto problemi che riguardano il
significato preciso da attribuire al termine; nell’accezione comunemente
divulgata dell’evoluzione esistono gli organismi, l’ambiente che crea loro
dei problemi, soluzioni offerte dal processo adattamento - selezione, come se
esistesse un ambiente vuoto e organismi in corsa per colonizzarlo, mentre così
non è. Esiste un’interazione inestricabile fra organismi ed ambiente:
non esistono nicchie vuote, l’ambiente si modifica continuamente non soltanto
a causa di fattori fisici come grado di piovosità o temperatura, ma anche
grazie agli organismi che lo abitano, alle interazioni fra le diverse specie, ai
comportamenti individuali e sociali delle singole popolazioni : non esiste
per esempio un terreno agricolo che è in attesa dei lombrichi, ma il terreno
agricolo ha quella composizioni proprio grazie alla presenza di questi ultimi
che continuamente portano terra in superficie e dalla superficie in profondità.
È necessario allora chiarire che gli organismi di un determinato ambiente si
modificano reciprocamente fra loro, coevolvono
e contemporaneamente trasformano e sono trasformati dall’ambiente, in una
sorta di corsa senza fine che non porta da nessuna parte, in quanto se una popolazione non è in grado di star dietro
alle trasformazioni delle altre o a quelle dell’ambiente si estingue. Queste considerazioni portano a prendere in esame un altro problema connesso con il concetto di adattamento: l’evoluzione è un fenomeno che porta ad adattamenti sempre migliori ? Se ciò fosse vero, il finalismo di cui la biologia sembrava essersi liberata con la formulazione della teoria dell’evoluzione, riapparirebbe in tutto il suo splendore: esiste un punto iniziale, la creazione della vita, che fra l’altro per il momento sfugge ad un’analisi scientifica, una fase intermedia in cui si assiste ad un progressivo aumento di complessità e coscienza e un termine che potrebbe essere interpretato, secondo le scritture, come il momento della seconda venuta del Cristo e la fine dell’umanità. È questa la posizione sostenuta con forza negli scritti di Teilhard de Chardin, un paleontologo che ha cercato di coniugare il cristianesimo con la teoria dell’evoluzione. Ma la nascita dell’uomo e della coscienza è stata davvero un evento necessario ? Una
posizione completamente diversa da quella di Teilhard de Chardin è sostenuta da
Jaques Monod, che vede nell’evoluzione una sintesi del caso e della necessità.
Sono state citate queste posizioni estreme per mettere in luce come
l’adattamento ponga problemi di fondo che travalicano il campo naturalistico
per coinvolgere “domande ultime” che permeano da sempre tutti i campi del
sapere: l’evoluzione ha forse preso il posto di Dio nella creazione del mondo?
La natura è benevola e partecipe o matrigna ? Esiste una freccia o un
ciclo del tempo ? Certo ciascuna era geologica è contrassegnata da
fenomeni di estinzione più o meno imponenti e questo mette in luce come il
graduale perfezionamento degli organismi sia difficilmente sostenibile, anche se
è innegabile che nel corso dell’evoluzione si assiste ad un aumento di
complessità. Un
altro problema squisitamente biologico riguarda la formazione di organi
complessi, un problema che aveva già tormentato Darwin : come spiegare la
nascita di piani di organizzazione completamente nuovi, come il passaggio dai
rettili agli uccelli o la formazione dell’occhio dei vertebrati ? Si
tratta di strutture la cui formazione implica imponenti rimaneggiamenti
nell’organizzazione del vivente, che, secondo alcuni studiosi, come Lewontin,
Gould, Stanley, non possono essere interpretati attraverso trasformazioni lente
e graduali, che possono spiegare solo fenomeni di piccola entità. Goldschmidt,
un genetista impegnato in studi di popolazione, intorno agli anni quaranta
ipotizzò che esistesse una netta demarcazione fra microevoluzione
e macroevoluzione; mentre per la formazione di nuove varietà (microevoluzione) si
può invocare come causa il lento accumulo di piccoli cambiamenti, nel caso
della macroevoluzione devono intervenire riassetti completamente nuovi e
improvvisi del patrimonio ereditario. Per spiegare il fenomeno, Goldschmidt,
parlò della comparsa improvvisa, all’interno di una popolazione, del
“Mostro di belle speranze”, un individuo cioè che presenta un patrimonio
ereditario completamente nuovo rispetto a quello della popolazione in cui è
inserito e che può dare l’avvio per discendenza a una specie completamente
diversa. Gli esponenti della nuova sintesi non furono e non sono d’accordo con
questo tipo di interpretazione e Goldschmidt fu isolato culturalmente. Come
vedremo questa idea viene ripresa, modificata, dai sostenitori degli equilibri
punteggiati. Per ovviare alle critiche volte al gradualismo filetico, Mayr introduce il concetto di preadattamento. Altro
problema ancora in discussione è il valore adattativo di ogni singola struttura ;
esiste una sorta di onnipotenza nella natura che plasma gli organismi alla
perfezione ? Lewontin e Gould hanno definito questa interpretazione del
concetto di adattamento un “programma panglossiano”, in onore di Panglosso,
il celebre istitutore di Candido (ci si riferisce al libro Candide di Voltaire)
che, di fronte a stupri, inondazioni, eruzioni vulcaniche, latrocini di pirati,
continua a ripetere: “le cose non possono essere diverse da quelle che sono,
perché essendo tutto stato fatto per un fine, tutto è naturalmente per un fine
migliore” In
un saggio del 1979, I pennacchi di San Marco e il paradigma di Panglosso, Lewontin e
Gould hanno proposto un’analogia che spiega molto bene il limite del concetto
di adattamento: Nella cattedrale di San Marco a Venezia vi sono dei mosaici
posti nei “pennacchi”, termine architettonico che sta ad indicare la zona in
cui la cupola, a pianta circolare, si raccorda a un basamento a pianta quadrata.
Ci si può chiedere se i bei mosaici che si adattano così bene alla
conformazione dei pennacchi, sono il motivo della presenza degli stessi, ma
evidentemente i pennacchi rappresentano un vincolo ineludibile e le figure ivi
rappresentate sono un di più non necessario, non “adattativo”. Le nuove strutture vengono elaborate a partire da organi preesistenti che in origine erano incaricati di un determinato compito ma che si sono progressivamente adattati a funzioni differenti; Jacob, per spiegare questo concetto, utilizza la metafora del bricoleur. Il concetto di adattamento è strettamente correlato a quello di selezione naturale poiché le variazioni che favoriscono la sopravvivenza di un individuo in competizione con altri organismi e di fronte ad una pressione ambientale, tendono ad aumentarne il successo riproduttivo ed essere così conservate. Esistono delle carenze nel concetto di adattamento, se lo consideriamo come l'unico processo in grado di spiegarci tutto il cambiamento evolutivo: altri fattori hanno un ruolo rilevante come la pura casualità o la capacità di uno o pochi geni di influenzare più caratteri: se un gene, ad esempio, offre certe caratteristiche favorevoli in un determinato ambiente e nel contempo determina anche un certo colore della pelle, il colore sarà un accessorio senza valore adattativo. Esistono inoltre strutture la cui funzione iniziale risulta diversa da quella successiva: si parla in questi casi di pre-adattamento o ex-attamento, come nel caso delle penne degli uccelli, in origine adattative per la termoregolazione e solo successivamente rivelatesi ottimi strumenti per il volo. |
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