Jacques
Monod (1910-1976)
Il biologo francese Jacques Monod, laureatosi alla Sorbona, ha diretto per lunghi anni il prestigioso reparto di biologia cellulare dell’istituto Pasteur di Parigi. Qui furono compiuti lavori fondamentali sui meccanismi di controllo dell’attività enzimatica, che portarono alla scoperta dei meccanismi attraverso i quali alcuni geni sono in grado di controllare e regolare l’attività di altri. A parte il lavoro di ricercatore che gli valse il premio Nobel nel 1965, il suo contributo scientifico fondamentale è stato quello di iniziare una tradizione culturale completamente nuova; per primo, infatti, cercò di ripensare ai fondamenti metodologici della biologia e divenne uno dei principali esponenti del programma meccanicistico, che si propone di spiegare tutte le caratteristiche del vivente attraverso interazioni di molecole. Uomo di grande cultura, profondo conoscitore e ammiratore di Albert Camus, peraltro suo contemporaneo, espose il suo pensiero nel libro Il caso e la necessità che si chiude con questa frase: ...l’uomo finalmente sa di essere solo nell’immensità indifferente dell’universo da cui è emerso per caso, che richiama quella che Camus mette al termine del suo romanzo La straniero: ...mi
aprivo per la prima volta alla tenera indifferenza del mondo... Gli
organismi, secondo Monod, non hanno un fine ad essi esterno, dettato da un ente
estraneo, ma proprietà teleonomiche che li distinguono dalla materia inanimata;
la loro struttura, infatti, è determinata dal codice genetico, che detta loro,
dall’interno, il programma a cui i viventi si attengono fedelmente; è questo
che permette loro di essere strutture organizzate, la cui “armonia” emerge
da una complessa serie di reazioni chimiche regolate da enzimi codificati da
geni a loro volta controllati da altri. Il concetto di viventi come sistemi
teleonomici è stato discusso anche da Mayr ed è una
definitiva acquisizione della biologia contemporanea. Uno
dei grandi meriti di Monod è stato quello di riuscire a collegare le conoscenze
a livello biochimico con quelle macroscopiche, giungendo ad un definitivo
superamento della genetica classica, che trattava i geni come strutture formali,
non soltanto identificando chiaramente in porzioni di DNA la struttura fisica
del gene, ma anche intuendo le interrelazioni biochimiche fra loro esistenti. Il
suo programma ferreamente riduttivista è stato sottoposto a severe critiche e
in parte le scoperte successive lo hanno messo in crisi, come del resto sempre
avviene nel corso del tempo per qualunque teoria scientifica. Il presente brano è tratto dal volume Il caso e la necessità Ed. Mondadori, 1970[...]
Una volta inscritto nella struttura del DNA, l’avvenimento singolare, e in
quanto tale essenzialmente imprevedibile, verrà automaticamente e fedelmente
replicato e tradotto, cioè contemporaneamente moltiplicato e trasposto in
milioni o miliardi di esemplari. Uscito dall’ambito del puro caso, esso entra
in quello della necessità, delle più inesorabili deteminazioni. La selezione
opera infatti su scala macroscopica, cioè a livello dell’organismo. Ancora
oggi molte persone d’ingegno non riescono ad accettare e neppure a comprendere
come la selezione, da sola, abbia potuto trarre da una fonte di rumore tutte le
musiche della biosfera. In effetti, la selezione agisce sui prodotti del caso e
non può alimentarsi altrimenti; essa opera però in un campo di necessità
rigorose da cui il caso è bandito. Da
queste necessità, e non dal caso, l’evoluzione ha tratto i suoi orientamenti
generalmente ascendenti, le sue successive conquiste, il dipanarsi ordinato di
cui offre apparentemente l’immagine. D’altra parte alcuni evoluzionisti
post-darwiniani hanno avuto la tendenza di diffondere un’idea impoverita,
ingenuamente feroce, della selezione naturale, cioè quella della pura e
semplice “lotta per la vita” espressione che d’altronde non fu introdotta
da Darwin bensì da Spencer[1]
. I neodarwinisti del primo Novecento ne hanno proposto invece una visione molto
più feconda, dimostrando, sulla base di teorie quantitative, che il fattore
decisivo della selezione non è costituito dalla lotta per la vita, ma dal tasso
differenziale di riproduzione in seno a una specie[2].
I dati forniti dalla Biologia contemporanea consentono di chiarire e di
precisare ulteriormente il concetto di selezione. In particolare, noi abbiamo,
della potenza, della complessità e della coerenza della cibernetica
intracellulare (perfino negli organismi più semplici) un’idea abbastanza
chiara, un tempo sconosciuta, che ci consente di comprendere molto meglio di
prima che ogni “novità” sotto forma di alterazione di una struttura
proteica, verrà innanzitutto saggiata riguardo la sua compatibilità con
l’insieme di un sistema già assoggettato a innumerevoli vincoli che
controllano l’esecuzione del progetto dell’organismo. Le
sole mutazioni accettabili sono dunque quelle che perlomeno non riducono la
coerenza dell’apparato teleonomico ma piuttosto lo rafforzano ulteriormente
nell’orientamento già adottato oppure, certo molto più raramente, lo
arricchiscono di nuove possibilità. È l’apparato teleonomico, proprio come
funziona nell’attimo in cui per la prima volta si esprime una mutazione, che
definisce le condizioni iniziali essenziali per l’accettazione, temporanea o
definitiva, oppure per il rifiuto del tentativo nato dal caso. E proprio la
prestazione teleonomica, espressione globale delle proprietà della rete
d’interazioni costruttive e regolatrici, a essere giudicata dalla selezione.
... Ed è per questo motivo che l’evoluzione stessa sembra realizzare un ‘progetto’,
quello di prolungare e dare un maggior respiro a un ‘sogno’ ancestrale.
Grazie alla perfezione conservatrice dell’apparato replicativo, ogni
mutazione, individualmente, costituisce un avvenimento molto raro. [1]
Il filosofo inglese Herbert Spencer (1820-1903), contemporaneo di Darwin,
utilizzò l'evoluzione biologica come chiave di interpretazione di tutto il
reale e in particolare della società [2]
La sopravvivenza del singolo individuo non ha alcuna importanza per
l'affermazione di una determinata specie; questa è affidata alla capacità
di dare origine ad una discendenza abbondante a sua volta in grado di
sopravvivere e riprodursi |
|