Quale didattica per le scienze?
inserito il: 09 maggio 2007
Un pensiero di Riccardo Galbiati
Il compito istituzionale degli insegnanti è sicuramente quello di educare e di formare gli alunni, non solo al metodo e alle pratiche della scienza in quanto tale (includendo anche la matematica) ma usando quest’ultima come uno degli strumenti per tentare di formare persone pensanti e dotati di senso critico, capaci di osservare il mondo che ci circonda (nell’accezione più ampia del termine osservazione) e di interagire in modo creativo con esso, obbiettivo che è condiviso da tutti i docenti .
Ci si deve preoccupare certamente per il calo delle “vocazioni” scientifiche, per la banalizzazione della scienza che viene fatta dai media, per il livello qualitativo del loro insegnamento/apprendimento .
Quindi siano benvenute tutte le iniziative che tendono a migliorare questa situazione, ma attenzione a non considerarle finalizzate ad incrementare il numero di iscritti alle facoltà scientifiche o ad avere bravissimi docenti esperti in protocolli sperimentali e in metodologia didattica.
Per quanto riguarda i docenti, la metodologia didattica e la pratica sperimentale si devono necessariamente accompagnare ad una preparazione disciplinare critica, approfondendo la conoscenza delle “certezze” scientifiche acquisite, sia aggiornandosi sulle “scoperte” recenti.
Di fatto, anche se non è facile, e anche se non è un traguardo che si può raggiungere solo con un lavoro individuale, occorre considerarsi contemporaneamente docenti e scienziati.
Per quanto riguarda gli studenti, il dato è che studiano poco e sono poco preparati in ambito scientifico, ma la spiegazione di questo fatto non può esaurirsi solo nella carenza di motivazioni provocata da una pratica didattica consolidata ma inefficace.
Il vero problema e che gli studenti sono poco abituati a pensare, perché non vengono educati a farlo, non dubitano, perché nessuno gli dice che lo si può e lo si deve fare, non riescono a leggere e non hanno un’idea della complessità e della varietà del mondo presente e passato, perché a fronte della quantità di informazioni che circolano non arrivano loro quelle realmente significative, e perché da più parti li si condiziona all’unidimensionalità spaziale e temporale.
Soprattutto, non imparano ad usare costruttivamente le loro emozioni, la loro creatività e la loro fantasia perché forse, troppo spesso, ci si dimentica che sono bambini e perché per una serie di ragioni a molti di loro non è concesso di esserlo appieno.
Una sfida da raccogliere quindi, un’occasione di crescita individuale e sociale, che gli insegnanti possono e devono intraprendere da soli e con i loro colleghi, anche di altre discipline, ma soprattutto con i loro allievi.
Può essere questa la vera didattica?
(
Riccardo Galbiati)
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