Lynn MargulisLynn Margulis (1938), nata e cresciuta a Chicago, ha completato la sua formazione culturale a Berkeley (California). A partire dal 1970 è stata professore associato alla Boston University. In questa sede ha messo a punto la sua teoria sull'origine simbionte delle cellule eucariote. Nel 1981, Margulis ha pubblicato Symbiosis in Cell Evolution, dove la sua teoria originaria viene ulteriormente precisata. Il suo modello evolutivo ha ricevuto ampi consensi ed è stato recentemente ripreso per spiegare l'origine della vita da Dyson. La sua teoria, tuttavia, lascia molti problemi aperti circa l'origine delle cellule eucariote. Il presente brano è tratto da Microcosmo di Lynn Margulis e Dorion Sagan, 1989, Ed. A. Mondadori. " [...] Dal paramecio all'uomo, tutte le forme di vita sono dotate di un'organizzazione minuziosa, sono aggregati raffinati di una vita microbica in evoluzione. Lungi dall'essere rimasti indietro in una "scala" evolutiva, i microrganismi ci circondano e compongono il nostro essere. Tutti gli organismi attuali, essendo sopravvissuti fin dagli albori della vita lungo una linea che non si è mai interrotta, si trovano a un eguale livello di evoluzione. Questa constatazione serve a smascherare in maniera netta la vanità e la presunzione insite nel tentativo di misurare l'evoluzione mediante una progressione lineare dal semplice (il cosiddetto inferiore) al più complesso (con gli esseri umani in cima alla gerarchia, come le forme situate in assoluto "più in alto"). Come vedremo, gli organismi più semplici e più antichi sono non soltanto i predecessori delle comunità biotiche terrestri e del loro attuale substrato, ma sono anche pronti a espandersi e a modificare se stessi e il resto dei viventi, se noi, organismi "superiori", fossimo così sciocchi da annientarci. La visione dell'evoluzione come competizione cruenta cronica tra individui singoli e specie, distorsione della teoria darwiniana della "sopravvivenza del più idoneo", si dissolve dinanzi alla visione nuova di una cooperazione continua, di un'interazione forte e di una dipendenza reciproca tra forme di vita. La vita non prese il sopravvento sul globo con la lotta (1) ma istituendo interrelazioni. Le forme di vita si moltiplicarono e divennero sempre più complesse attraverso una cooptazione di altre, non soltanto attraverso la loro estinzione. Non potendo vedere il microcosmo[2] a occhio nudo, tendiamo a sminuirne l'importanza. Eppure, dei tre miliardi e mezzo di anni, cioè da quando la vita è presente sulla Terra, l'intera storia dell'umanità, dalle caverne ai palazzi in condominio, rappresenta molto meno dell'un per cento. Non soltanto la vita ebbe origine sulla Terra in una fase molto precoce della storia di questa come pianeta, ma per i primi due miliardi di anni essa fu rappresentata esclusivamente da microrganismi batterici. In effetti, i batteri e la loro evoluzione sono così ricchi di significato che la divisione fondamentale tra le forme di vita sulla Terra non è tra piante e animali, come si suppone comunemente, ma tra Procarioti, organismi composti di cellule prive di un nucleo ben definito, cioè i batteri, ed Eucarioti, cioè tutte le altre forme di vita. Nei primi due miliardi di anni sulla Terra, i Procarioti continuarono a trasformare la superficie terrestre e l'atmosfera. Inventarono tutti i sistemi chimici miniaturizzati, essenziali per la loro esistenza: un'impresa che finora l'umanità non è riuscita a realizzare. Quest'antica "alta bio - tecnologia" portò allo sviluppo della fermentazione, della fotosintesi e della respirazione aerobica e alla fissazione dell'azoto dell'aria. Portò anche alle crisi mondiali di carestia, inquinamento ed estinzione, molto prima dell'avvento delle forme di vita aventi una maggior mole. Questi incredibili avvenimenti che ebbero luogo in una fase precoce della storia della vita sulla Terra furono possibili per l'interazione di almeno tre dinamiche dell'evoluzione, scoperte di recente. La prima è costituita dalle notevoli capacità di orchestrazione del DNA. [...] Sotto il controllo del DNA, la cellula vivente produce una copia di sé, sfidando così la morte e conservando la propria identità attraverso la riproduzione. Eppure, essendo anche suscettibile di mutazioni, che modificano a caso la sua identità, la cellula ha la capacità di sopravvivere al cambiamento. La seconda dinamica evolutiva è una specie di ingegneria genetica naturale. Prove in suo favore si sono accumulate da tempo nel campo della batteriologia. Nel corso degli ultimi cinquant'anni gli scienziati hanno osservato che i procarioti trasferiscono abitualmente e rapidamente differenti frammenti del loro materiale genetico ad altri individui (3) . In qualsiasi momento, ogni batterio può utilizzare questi geni accessori, che provengono talvolta da ceppi molto diversi e svolgono funzioni per le quali il suo DNA non è competente. Alcuni di questi frammenti vengono ricombinati con i geni originali della cellula; altri vengono ulteriormente trasferiti. Alcuni frammenti genetici estranei possono inserirsi facilmente anche nell'apparato genetico delle cellule eucariotiche (per esempio, le nostre cellule). Questi scambi fanno parte abitualmente del repertorio procariotico. Eppure, ancora oggi, molti batteriologi non afferrano il loro pieno significato e cioè che, come conseguenza di questa capacità, tutti i batteri del mondo hanno accesso a un unico pool genico e, pertanto, ai meccanismi adattativi dell'intero regno batterico. La velocità di ricombinazione è superiore a quella di mutazione (4) gli eucarioti potrebbero aver bisogno di un milione di anni per adattarsi a un cambiamento su scala universale al quale i batteri riescono, invece, ad adattarsi soltanto in pochi anni. Adattandosi costantemente e rapidamente alle condizioni ambientali, gli organismi del microcosmo sostengono l'intera comunità biotica, dato che la loro rete di scambi globali interessa, in definitiva, ogni pianta e animale vivente (5) . L'uomo sta imparando proprio queste tecniche quando ricorre all'ingegneria genetica, per mezzo della quale vengono prodotte sostanze chimiche inserendo geni estranei in cellule che si riproducono. Queste tecniche cosiddette "nuove" sono, invece, utilizzate dai Procarioti da miliardi di anni e, come risultato, il pianeta è reso fertile e abitabile da forme di vita di maggiori dimensioni. Ciò avviene grazie a un "superorganismo" costituito dai batteri, che comunicano e cooperano tra loro su scala universale. Per quanto di vasta portata, la mutazione e il trasferimento genetico nei batteri non riescono da soli a spiegare l'evoluzione di tutte le forme di vita sulla Terra oggi. In una delle più stimolanti scoperte della moderna microbiologia, indizi che fanno pensare a una terza possibilità di cambiamento sono emersi osservando i mitocondri (6) minuscole inclusioni avvolte da membrana e presenti nelle cellule degli animali, delle piante, dei funghi e dei protisti. I mitocondri, pur trovandosi al di fuori del nucleo nelle cellule moderne, hanno geni propri, costituiti da DNA. Diversamente dalle cellule, essi si riproducono per semplice divisione e lo fanno in tempi diversi da quelli della restante massa cellulare. Senza di loro, la cellula nucleata, e pertanto l'intera pianta o l'intero animale, non potrebbe utilizzare l'ossigeno e, di conseguenza, non potrebbe vivere. Davanti ai biologi, che continuavano a interrogarsi e a meditare su questo punto, si schiuse alla fine uno scenario sorprendente: i discendenti di quei batteri che, tre miliardi di anni or sono, nuotavano nei mari primitivi respirando ossigeno, sono presenti oggi nei nostri corpi sotto forma di mitocondri. A un certo momento, gli antichi batteri si sono combinati con altri microrganismi, fissando all'interno di questi la loro residenza, provvedendo all'eliminazione delle scorie e al rifornimento di energia derivata da processi di ossigenazione in cambio di cibo e di protezione. Questi organismi "fusi insieme" si evolvettero poi in forme di vita più complesse, che respiravano ossigeno. Vi fu, dunque, in questo caso un meccanismo evolutivo più brusco della mutazione: una alleanza simbiotica [7] che divenne permanente. Alleanze di questo tipo, con la creazione di organismi che non sono semplicemente la somma delle loro rispettive parti che entrano in simbiosi, ma piuttosto qualcosa di simile alla somma di tutte le possibili combinazioni di queste parti, sospingono gli esseri in via di sviluppo verso reami inesplorati. La simbiosi, cioè la fusione di organismi diversi in nuova collettività, risulta dunque un'importante forza di mutamento sulla Terra. Quando ci esaminiamo come prodotti di una simbiosi protrattasi per miliardi di anni, le prove a favore di una nostra origine plurimicrobica diventano schiaccianti. Il nostro corpo contiene in sé una vera e propria storia della vita sulla Terra. Le cellule conservano un ambiente ricco di carbonio e di idrogeno, come quello della Terra quando la vita ebbe inizio. Vivono in un mezzo costituito da acqua e sali, che ricorda la composizione dei mari primitivi: diventammo quelli che siamo grazie all'associazione di partner batterici in un ambiente acquoso. [...] [...] Nei particolari della loro struttura le cellule rivelano i segreti dei loro antenati. Le immagini al microscopio elettronico di cellule nervose mettono in evidenza, in tutti gli animali, numerosi organelli appariscenti, i "microtubuli"[8]. Le ciglia con movimento ondulatorio, che sono presenti nella mucosa di rivestimento della gola, e la coda degli spermatozoi umani, un flagello con battito a frustino, hanno entrambi la stessa insolita distribuzione dei microtubuli, a disco combinatore telefonico, che hanno le ciglia dei ciliati, un gruppo di microrganismi ben affermati, che comprendono più di 8000 specie diverse. Questi stessi microtubuli compaiono in tutte le cellule degli animali, delle piante e dei funghi ogniqualvolta esse si dividono. E constano, enigmaticamente, delle stesse proteine che sono presenti nel cervello umano. Queste proteine sono straordinariamente simili ad alcune di quelle che si trovano in certi batteri che si spostano a grande velocità e hanno una forma che ricorda il cavatappi. Queste e altre vestigia viventi di individui un tempo separati, scoperte in varie specie, non fanno che accrescere la certezza che tutti gli organismi visibili si siano evoluti per simbiosi, cioè vivendo insieme in una condizione di reciproco beneficio mediante la condivisione permanente di cellule e corpi. [...] Noi, membri del macrocosmo, continuiamo a interagire con il microcosmo e a dipendere da esso, come pure reciprocamente, tra di noi, dipendiamo l'uno dall'altro. Certe famiglie di piante, per esempio le leguminose, che comprendono il pisello, il fagiolo e altre specie affini quali trifoglio e veccia, non riescono a vivere in un terreno povero di azoto senza batteri azotofissatori nei loro noduli radicali, e noi stessi non possiamo fare a meno delI'azoto che proviene da queste piante. Né i bovini né le termiti riescono a digerire la cellulosa dell'erba e del legno quando mancano comunità di microbi particolari, che sono normalmente presenti nel loro intestino. Un buon 10% del nostro peso secco consiste di batteri, alcuni dei quali, pur non facendo parte del nostro corpo in modo congenito, sono assolutamente indispensabili per la nostra sopravvivenza. Questa coesistenza, che non va considerata come una semplice stravaganza della natura, è la materia prima dell'evoluzione. Se, per esempio, I'evoluzione continuasse ancora per alcuni milioni di anni, quei microrganismi che producono vitamina Bl2 nel nostro intestino diventerebbero parte integrante delle nostre cellule. Un'aggregazione di cellule specializzate può diventare un organo. Si è addirittura assistito in laboratorio all'unione di batteri un tempo letali con amebe; si è creata così, nel tempo, una nuova specie di ameba ibrida. Questa rivoluzione nello studio del microcosmo ci mette di fronte a una situazione elettrizzante: non è irragionevole supporre che la consapevolezza che ci consente di sondare l'attività delle cellule che costituiscono il nostro organismo possa aver avuto origine nelle capacità concertate di milioni di microbi, che si sono evoluti per simbiosi per diventare il cervello umano. Questa consapevolezza ci ha portato oggi a "rappezzare" il DNA e abbiamo cominciato ad attingere all'antico processo del trasferimento genetico nei batteri. La nostra capacità di produrre nuovi generi di vita può essere vista come il modo più recente in cui la memoria organica (cioè il ricordo del passato e la sua attivazione nel presente) diventa più acuta. In uno di quei giganteschi circuiti della vita che fanno sempre riferimento a se stessi, la mutabilità del DNA ci ha reso consapevoli della possibilità di modificarlo. La curiosità, la sete di sapere, L'entusiasmo di entrare nello spazio e di diffondere noi stessi e le nostre sonde su altri pianeti e al di là di essi costituiscono in parte la lama tagliente di quelle strategie che la vita mette in atto per espandersi e che ebbero inizio nel microcosmo all'incirca tre miliardi e mezzo di anni or sono. Non siamo che il riflesso di un'antica tendenza. Dai primi batteri ai batteri attuali, miriadi di organismi formatisi per simbiosi sono vissuti e sono morti. Ma il comune denominatore microbico rimane essenzialmente immutato. Il nostro DNA deriva, lungo una sequenza ininterrotta, dalle stesse molecole che erano presenti nelle cellule primordiali, formatesi ai bordi dei primi oceani caldi e poco profondi. I nostri corpi, come quelli di tutti gli esseri viventi, conservano in sé l'ambiente di una Terra passata. Coesistiamo con i batteri di oggi e ospitiamo in noi vestigia di altri batteri, inclusi simbioticamente nelle nostre cellule. In questo modo, il microcosmo vive in noi e noi in esso. Alcuni potrebbero trovare quest'idea allarmante, sconvolgente. Oltre a far scoppiare quel pallone gonfiato che è la nostra presunzione di sovranità su tutto il resto della natura, essa lancia la sfida anche alle nostre concezioni di individualità, di unicità e di indipendenza. Non rispetta nemmeno la visione che abbiamo di noi stessi come esseri fisici ben distinti, separati dagli altri viventi. Il pensare all'umanità e all'ambiente che la circonda come a un mosaico di vita microscopica è come immaginare che essa venga presa, dissolta, annientata. Ancora più allarmante è la conclusione filosofica alla quale arriveremo più avanti, e cioè che il possibile controllo cibernetico della superficie terrestre da parte di organismi non intelligenti metta in dubbio la presunta unicità della consapevolezza intelligente umana. Paradossalmente, ingigantendo il microcosmo per trovare le nostre origini, possiamo apprezzare chiaramente sia la grandiosità sia l'irrilevanza dell'individuo. La più piccola unità vivente, per esempio una singola cellula batterica, è un monumento di organizzazione e di funzionalità, che non trova pari nell'universo quale noi lo conosciamo. La storia di ogni individuo che cresce, che raddoppia la propria mole e che si riproduce, è una storia di grande successo. Eppure, proprio come il successo del singolo individuo si riassorbe in quello della specie a cui egli appartiene, così la specie viene inglobata nell'intreccio che interessa tutti i viventi: un successo che ha un ordi ne di grandezza ancora superiore. È allettante, anche per gli scienziati, lasciarsi entusiasmare da storie di personaggi giunti al successo partendo dal nulla. Dai discepoli di Darwin agli esperti contemporanei di ingegneria genetica, la scienza ha divulgato l'idea che la specie umana, sulla Terra, si trovi alla sommità della "scala" evolutiva e che, con la tecnologia, sia andata oltre i limiti della stessa evoluzione. Qualche scienziato eminente e raffinato, come per esempio Francis Crick nel volume Life itself, dice che la vita in generale, e la coscienza umana in particolare, sono un tale miracolo da non poter essere affatto di origine terrestre, ma, al contrario, da dover essere state originate in un altro punto dell'universo. Altri ancora credono che gli esseri umani siano prodotti da una "intelligenza superiore", dotata di un atteggiamento paterno: che siano i figli di un patriarca divino. .... Nulla prova che gli esseri umani siano i sommi amministratori della vita su questo pianeta, né la discendenza svilita di un'entità extraterrestre superintelligente. C'è la prova, invece, che siamo il frutto della ricombinazione di potenti comunità batteriche, con una storia di molti miliardi di anni. Facciamo parte di un intreccio aggrovigliato che deriva dall'originaria conquista della Terra da parte dei batteri. Le capacità di intelligenza e tecnologia non ci appartengono in modo specifico, ma sono di tutti i viventi. Poiché raramente gli attributi utili vengono scartati nel corso dell'evoluzione, è probabile che i nostri poteri, derivatici dal microcosmo, permarranno nel microcosmo. Intelligenza e tecnologia, mantenute in incubazione dal genere umano, appartengono in realtà al microcosmo e può darsi che sopravviveranno alla nostra specie in forme del futuro che vanno oltre la nostra limitata immaginazione...." Per precisazioni sui vari modelli ipotizzati sull'origine degli eucarioti, si veda Luciano Cozzi, Nuove ipotesi sulle origini degli eucarioti, Naturalmente, dic 2003 [1] La Margulis mette in discussione, in questo brano, la teoria darwinista accentuando polemicamente la visione “gladiatoria” che secondo molti evoluzionisti sarebbe insita nel pensiero di Darwin e dei suoi seguaci. In realtà la “lotta per l’esistenza”, nell’accezione di Darwin e dei sostenitori della nuova sintesi non significa necessariamente lotta cruenta degli uni contro gli altri, ma è piuttosto una forma figurata: le piante del deserto “lottano”, ad esempio, per procurarsi l’acqua o i salmoni lottano per risalire la corrente. [2]Con questo termine l’autrice raggruppa tutti gli organismi che non sono visibili ad occhio nudo, i Procarioti, non dotati di organuli e i Protisti, organismi unicellulari eucarioti, che possiedono cellule simili a quelle delle forme pluricellulari, dotate di organuli (mitocondri, reticolo endoplasmatico, nucleo ecc.) [3] I batteri possiedono un fattore genetico addizionale, consistente in una piccola molecola circolare di DNA che può rimanere libera nel citoplasma batterico o andarsi ad integrare nel suo cromosoma. Questo frammento relativamente autonomo di DNA batterico (plasmide) può riprodursi autonomamente all’interno della cellula o trasferirsi da una cellula all’altra [4] Il patrimonio ereditario dei procarioti può ricombinarsi ampiamente proprio grazie alla presenza dei plasmidi, che passano da una cellula batterica all’altra; nei batteri, dunque, grazia a questo meccanismo il patrimonio ereditario si rinnova con una certa rapidità. Negli organismi eucarioti, invece, la ricombinazione genetica avviene solo grazie a fenomeni di ricombinazione che avvengono durante la formazione di cellule aploidi che per esempio negli animali danno origine alle cellule sessuate. Durante questo processo i cromosomi possono scambiarsi frammenti fra loro, ma questo tipo di rimpasto è molto più lento, in quanto, per divenire fonte di rinnovamento a livello degli individui, deve trasmettersi attraverso la riproduzione sessuata. Le mutazioni, cioè le modifiche del patrimonio ereditario dovute ad errori di trascrizione del DNA, sono eventi molto più rari. [5] I batteri, infatti, sono in grado di accogliere o immettere frammenti di DNA provenienti da cellule Eucariote. [6] I mitocondri si trovano in tutte le cellule eucariote; in esse avvengono tutte quelle reazioni chimiche che permettono la respirazione cellulare, cioè la trasformazione dei composti organici prodotti dalle cellule (nelle piante ) o da esse assimilati (negli animali) [7] La simbiosi è quel fenomeno per cui due organismi mettono in comune le loro “capacità” con reciproci vantaggi. [8] I “microtuboli” sono aggregazioni a forma di filamento di composti proteici, visibili al microscopio elettronico; esdsi costituiscono in tutti gli organismi eucarioti una sorta di impalcatura scheletrica che dà alla cellula la sua consistenza. I microtuboli, come dice il testo, possono anche originare strutture organizzate nei flagelli e nelle ciglia. |