Richard Goldschmidt
Il genetista tedesco
Richard Goldschmidt (1878-1958) si trasferì negli USA a causa delle persecuzioni naziste e qui lavorò presso l'Università di Berkeley, dove scrisse il suo saggio più significativo,The Material Basis of Evolution (1940). Impegnato in studi di popolazione, considerò il genoma come un tutto integrato e ipotizzò che esistesse una netta demarcazione fra microevoluzione
e macroevoluzione; mentre
per la formazione di nuove varietà (microevoluzione) si può invocare come
causa il lento accumulo di piccoli cambiamenti, nel caso della macroevoluzione
devono intervenire riassetti completamente nuovi e improvvisi del patrimonio
ereditario. Per spiegare il fenomeno, Goldschmidt, con una metafora forse infelice, parlò della comparsa
improvvisa, all’interno di una popolazione, del “Mostro di belle speranze”,
un individuo cioè che presenta un patrimonio ereditario completamente nuovo
rispetto a quello della popolazione in cui è inserito e che può dare l’avvio
per discendenza a una specie completamente diversa. Gli esponenti della nuova
sintesi non furono e non sono d’accordo con questo tipo di interpretazione e
Goldschmidt fu isolato culturalmente; Mayr (1970) affermò recisamente che credere a brusche variazioni equivaleva a credere nei miracoli. Gould ed Eldredge, al contrario, hanno rivalutato il suo pensiero e la scoperta dei geni regolatori ha fatto comprendere come l'intuizione di Goldschmidt fosse corretta. Il suo lavoro anticipò quello di Waddington.
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