Jean-Baptiste Monet, cavaliere di Lamarck
Jean Baptiste Pierre Antoine Monet, cavaliere di Lamarck (1744-1829) fu un personaggio dai multiformi interessi; studiò inizialmente presso i gesuiti ad Amiens, ma alla morte del padre si arruolò nell'esercito francese, al cui servizio rimase fino al 1768. A Parigi studiò medicina, botanica,
chimica e fisica e nel 1778, divenuto collaboratore ed amico di
Buffon, pubblicò Flore Française, istituendo
il metodo dicotomico per la classificazione delle piante, ancora oggi
utilizzato. Divenne così
assistente di botanica presso il Jardin du Roi; nel 1793, lo stesso anno della decapitazione di Maria Antonietta e di Luigi XVI, il Jardin des Plantes fu riorganizzato, prendendo il nome di Musée National d'Histoire Naturelle; il Museo era retto da 12 professori-
fra cui anche Étienne Geoffroy- ciascuno esperto in un campo specifico; fra questi c'era Lamarck, incaricato, stranamente, della Storia Naturale degli insetti e dei vermi, tema del quale era
completamente a digiuno e che rappresentava un argomento di frontiera. Messosi al lavoro, divenne rapidamente un esperto del campo, pubblicando una serie di
saggi sulla zoologia e la paleontologia degli invertebrati (termine da lui coniato). Nel 1809 vedeva la luce Philosophie zoologique, in cui era esposta la sua teoria dell'evoluzione, che suscitò critiche da parte dei contemporanei.
Nel 1802
espose la sua teoria evolutiva nel trattato Filosofia zoologica.
Le tesi
di Lamarck si possono così riassumere:
-
I viventi sono un prodotto della natura che li ha formati in tempi
successivi;
-
Gli
organismi più semplici si originano dalla materia inanimata e la loro
complessità di organizzazione progredisce mano a mano che le circostanze
li favoriscono; gli organismi, insomma, salgono l'ininterrotta catena
dell’essere dalla materia inanimata a forme sempre più perfette, spinti da
ciò che Lamarck chiama "sentiment intèrior";
-
Le
variazioni ambientali determinano cambiamenti nei bisogni degli animali
che a loro volta cambiano il loro comportamento. L’ambiente determina un graduale, armonioso
sviluppo dei loro organi: quando gli animali sono sottoposti a mutamenti
ambientali, i loro fluidi organici (la linfa, il sangue, in definitiva ciò
che li rende sistemi organizzati) si dirigono nella zona del corpo dove
possono esplicare un’azione adatta a quel bisogno; in questo modo alcuni
organi possono svilupparsi, altri regredire, e l’animale va incontro a
continue, lente trasformazioni, attraverso le quali sale la catena
dell’essere, dalla materia bruta, al verme, al mollusco, al pesce, al
rettile, al mammifero. Ogni variazione è quindi sempre adattativa, non
esiste alcuna differenza qualitativa fra mondo organico e inorganico: la
vita sorge spontaneamente e incessantemente dal mondo inorganico, in un
continuo che va dal meno perfetto al più perfetto, dal semplice al
complesso; gli organismi più semplici sono quelli formatisi più
recentemente , mentre i più complessi sono i più antichi; il vivente,
giunto al culmine della scala, ritorna allo stato inorganico e il lungo
cammino riprende incessante. La tesi suesposta va sotto il nome di eredità dei caratteri acquisiti;
-
Le
specie non sono fisse ma in continua, incessante evoluzione.
L’importanza
di Lamarck nella storia della biologia risiede nel rilievo da lui attribuito
all’ambiente come causa delle trasformazioni evolutive, che gli consente di
superare la concezione statica di specie formulata da Linneo;
tuttavia, il suo linguaggio spesso oscuro, il suo attaccamento ad una
chimica-fisica di stampo seicentesco, la sua fedeltà a rimanere il
cittadino Lamarck anche con l’avvento di Napoleone, i feroci attacchi
sferrati da Cuvier alla sua
teoria, contribuirono al suo discredito e al disinteresse nei confronti del
suo pensiero.
Una
raccolta antologica delle opere di Lamarck si trova in:Lamarck a cura di Pietro Omodeo, UTET, 1969
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Tavola tratta dall'opera di Lamarck sulla paleontologia dei molluschi
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