La teoria dell'evoluzione di Darwin
Nel 1859 usciva L’origine della specie attraverso la selezione naturale
Nel libro venivano sostenute le seguenti tesi:
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gli organismi si sono trasformati nel tempo;
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Tutte le forme viventi sono discese da uno o pochi antenati comuni
attraverso un continuo processo di ramificazioni successive;
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Il processo di trasformazione è graduale e continuo;
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L'evoluzione agisce sulla variabilità degli individui. Darwin ammette
esplicitamente di non conoscere le leggi della variazione (cap. 5 de
L'origine) e, pur parlando anche, come già
Lamarck, di eredità dei
caratteri acquisiti, pone l'accento sul fatto
che esiste, già alla nascita, una grande variabilità di individui
all'interno della stessa specie e che la selezione agisce su di essi,
consentendo che alcune caratteristiche "vincenti" in quel dato contesto
ambientale si tramettono alla discendenza, mentre altre scompaiono perché
l'individuo che le possiede muore prima di poterle trasmettere.
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La selezione agisce eliminando gli
organismi che presentano caratteri non idonei a quel particolare ambiente.
Darwin media questo concetto da Malthus: le
risorse non sono sufficienti per tutti gli organismi che nascono, per cui
esiste fra loro una concorrenza spietata,
una lotta per la vita, intesa anche
in senso metaforico. La selezione rende ragione delle caratteristiche
adattative presenti negli organismi e spiega
anche la presenza di caratteri che apparentemente non sembrano avere valore
per la sopravvivenza, come i colori sgargianti di molti uccelli o la
presenza di imponenti ramificazioni delle corna dei cervi, attribuendone la
causa alla scelta sessuale.
La grande quantità di
dati portati da Darwin a conferma delle sue affermazioni, fece sì che la
comunità scientifica del tempo accogliesse, dopo iniziali, aspre polemiche, le
prime due tesi, mentre le altre affermazioni furono, e sono ancora oggi,
oggetto di discussione. I contemporanei
Richard Owen e George Jackson Mivart,
per esempio, furono molto critici.
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