La scienza medica ebbe un grande sviluppo in Arabia a partire dalla nascita della Religione Islamica, il cui fondatore, Maometto (570-632), riuscì ad aggregare diverse tribù, fino ad allora in perenne lite fra loro; iniziò così una serie di guerre di conquista nei confronti dei popoli confinanti, dettata non tanto dal desiderio di convertire popolazioni pagane all'Islamismo, quanto di avere disposizione
territori più fertili. L'Islamismo si propagò su ampi territori: nel 641 gli Arabi invasero l'Egitto e successivamente la Persia, la Palestina, parte dell'Asia minore, Rodi, la Sicilia, la Spagna, l'Africa del nord, giungendo nel 732 a minacciare la Francia, dove vennero sconfitti a Poitiers.
L'impero islamico attrasse molti studiosi, prima a Damasco, successivamente, con il sorgere della dinastia degli Abbasidi (750 d. C.), a Baghdad, dove ebbe inizio il periodo di maggior rigoglio politico e culturale. Questa città divenne allora, oltre che centro del commercio carovaniero, un fiorente polo di attrazione culturale.
Gli Arabi furono molto tolleranti verso le diverse fedi religiose delle popolazioni conquistate e ciò permise l'assimilazione di acquisizioni scientifiche di varia provenienza. Le opere alchemiche egiziane, greche e copte furono tradotte in arabo, così come in arabo vennero tradotti i maggiori testi filosofici dell'antichità. L'interesse per la medicina fu profondo. Lo studio dell'occhio rivestì un particolare
interesse; i medici arabi erano per esempio in grado di fare interventi di cataratta con esiti soddisfacenti. Fra i più famosi ricordiamo
Al Razi, Ibn al-Haytham (Alhazen) e Ibn -Sina (Avicenna).