Italo Calvino
L’incantamento della Scienza
...A ogni secolo e a ogni
rivoluzione del pensiero sono la scienza e la filosofia che rimodellano la
dimensione mitica della immaginazione, cioè il fondamentale rapporto tra
gli uomini e le cose"
(Il Corriere della Sera, 7
settembre 1975, nella rubrica Osservatorio del signor Palomar)(1)
Italo Calvino (1923-1984) nacque a Santiago de las
Vegas (Cuba), dove il padre, agronomo, dirigeva una stazione sperimentale
di agricoltura, la madre, laureata in Scienze Naturali, era assistente di
botanica presso l'Università di Pavia. La famiglia si trasferì presto in
Italia, a San Remo, patria di adozione dello scrittore. Il suo primo
amore per la lettura scaturì precocemente, grazie alla scoperta dei
romanzi di Kipling e iniziò a scrivere racconti e poesie sin dai primi
anni del liceo classico, periodo durante il quale strinse un profondo
legame di amicizia con Eugenio Scalari. Iscrittosi alla facoltà di agraria di Torino nel 1941, fu talmente colpito
dalla morte di un partigiano a cui aveva assistito personalmente, da
decidere di aderire alla resistenza, militando nella Brigata Garibaldi in
Liguria. Al termine della guerra, si laureò in Lettere, con una tesi su
Conrad ed iniziò a lavorare presso la casa editrice Einaudi. Nel 1947
scrisse, esortato anche da Pavese, il suo primo romanzo breve, Il
sentiero dei nidi di ragno. La sua collaborazione con la casa
editrice si intensificò e nel 1950 passò a dirigere la parte letteraria
della collana "Piccola Biblioteca Scientifico-Letteraria"; in questo
ambiente contrasse rapporti di amicizia con Elio Vittorini, Natalia Ginzburg, Delio Cantimori, Franco Venturi, Norberto Bobbio e Felice Balbo. La sua
attività letteraria, inizialmente diretta prevalentemente verso opere di
impianto realistico sociale, subì una svolta decisiva negli anni
Cinquanta; nel 1952 uscì infatti Il visconte dimezzato, a cui
seguiranno Il barone rampante (1957) e Il cavaliere inesistente
(1959), che nell'insieme costituiranno la trilogia "Nostri antenati". Nel 1956 uscirono Le fiabe italiane; nello stesso anno, dopo i
fatti di Ungheria, lo scrittore si allontanò dal PCI e progressivamente da
qualunque impegno politico; la sua attività letteraria si intensificò con
la stesura di nuovi romanzi quali La giornata di uno scrutatore
(1963), Marcovaldo, ovvero le stagioni in città (1963), Le
Cosmicomiche (1964), Ti con zero (1967). Le città
invisibili (1972), Il castello dei destini incrociati (1973),
Se una notte d’inverno un viaggiatore (1979), Palomar
(1983), traduzioni, fra cui spiccano I fiori blu di Raymond
Queneau, volumi di interventi critici e saggi. Uscirono postume
Lezioni americane (1988), e Perché leggere i classici (1991).
Tra gli scritti di Calvino, quelli che ci
interessano per il nostro percorso sono le Cosmicomiche
(2), una
serie di racconti
pubblicati in quattro raccolte (1965-1984), di cui la prima dal titolo
omonimo. Gli argomenti dei vari racconti disegnano “storie”, ciascuna
delle quali prende avvio da un enunciato di natura scientifica concernente
uno specifico tema: l’origine dell’universo, il moto delle stelle, la
formazione dell’atmosfera, l’organizzazione dei primi vertebrati, la
scomparsa dei dinosauri ed altri ancora. L’enunciato concettuale è la
mossa di apertura verso il racconto, più precisamente verso il gioco
autonomo delle immagini che lo sostiene e attraverso il quale si
dispiegano le infinite forme del possibile e dell’impossibile. Il tema
dell’immaginazione non tragga in inganno, poiché, come ci ricorda
opportunamente l’autore, la molteplicità potenziale di immagini visuali -
il modello della rete dei possibili- è indispensabile per ogni forma di
conoscenza.
Del resto,
per la scienza e l’attività scientifica Calvino mostrò sempre grande
interesse e attenzione: trasse dall’ ambiente familiare un appassionato
amore per le scienze sperimentali, e rimase sempre un instancabile e
curioso lettore di trattati di informatica, genetica, evoluzione
cosmologia. Le Lezioni americane testimoniano, appunto, questo
legame esistente nell’autore tra l’interesse per la letteratura e
l’interesse per la scienza. In questi interventi, che si sarebbero dovuti
tenere all’università di Harvard, nel Massachussetts, nell’anno accademico
1985-1986, le categorie attraverso le quali viene “rivisitato” l’ambito
della letteratura sono infatti le stesse che consentono di “rivisitare”
l’ambito della scienza: leggerezza, rapidità, esattezza,
visibilità, molteplicità.
Ad esempio, dopo le notazioni sulla levità di elementi presenti nelle
Metamorfosi di Ovidio (un gesto di rinfrescante gentilezza di
Perseo verso la testa recisa della Medusa), o dopo la citazione delle
tracce madreperlacee e dello smeriglio di vetro calpestato nei
versi di Eugenio Montale (Piccolo testamento), ecco subito
affiorare una riflessione relativa agli ultimi risultati della ricerca
scientifica:” …oggi ogni ramo della scienza sembra ci voglia dimostrare
che il mondo si regge su entità sottilissime come i messaggi del DNA, gli
impulsi dei neuroni, i quarks, i neutrini vaganti nello spazio dall'inizio
dei tempi...bits senza peso… (1); perché allora,
non cercare la leggerezza nella scienza?
Le cosmicomiche sono
dunque un’esperienza letteraria che attinge dalla scienza
un’inesauribile fonte per l'affabulazione e mostrano come ...il
discorso per immagini tipico del mito possa nascere da qualsiasi terreno:
anche dal linguaggio più lontano da ogni immagine visuale come quello
della scienza d'oggi. Anche leggendo il più tecnico libro scientifico o il
più astratto libro di filosofia si può incontrare una frase che
inaspettatamente fa da stimolo alla fantasia figurale ... (2).
Attraverso l’utilizzazione delle scoperte scientifiche, Calvino riannoda
un filo molto antico nella storia della poesia: il De rerum
natura di Lucrezio è un poema che si sviluppa in poesia immortale partendo da una
teoria proto-scientifica, quella di Epicuro, secondo cui la materia è
costituita da atomi, che, pur ubbidendo a rigorose leggi meccaniche, sono
anche in grado di deviare in modo imprevedibile dalla linea retta,
consentendo alle cose e agli uomini gradi di libertà e tolgono
pesantezza al mondo, in quanto, circondati dal vuoto, sono minutissimi
e invisibili; per contro le Metamorfosi di Ovidio attingono al
pensiero di Pitagora e, invece di partire dalla realtà fisica, partono dai
miti, che raccontano vicende di ordine superiore e i cui gradi di libertà,
nel tessere relazioni fra figure e
forme primordiali, sono infiniti; nel mito, infatti, a differenza che
nella scienza, sono possibili la contraddizione e l'ambiguità, anzi, ne
sono ingrediente fondamentale.

Nelle cosmicomiche,
Calvino ha cercato di coniugare la razionalità della scienza con la
dimensione mitica dell’immaginazione, costruendo racconti che possiedono,
come molti critici hanno più volte sottolineato, eleganza, leggerezza,
misura, chiarezza, razionalità, le stesse qualità possedute dalla Scienza
quando riesce a formulare grandi teorie, le stesse qualità che tutti
dovrebbero poter imparare ad utilizzare per non cadere nei loro opposti.
Il titolo, Cosmicomiche,
è l'unione di due termini: Cosmico, che fa riferimento non tanto alle
scoperte spaziali, quanto a qualcosa di molto più antico, qualcosa che
rimanda al mito, al senso che del cosmo avevano gli antichi e Comico, che
si riferisce sia alle comiche del cinema muto, che ai comics, le storielle
a fumetti in cui il protagonista si trova di fronte a situazioni sempre
nuove, fantastiche, improbabili e nello stesso tempo credibili e in cui le
vignette hanno una forte valenza evocativa ed esplicativa. Le Cosmicomiche
sono racconti che per la maggior parte possiedono una struttura omogenea:
a poche righe introduttive, in cui viene enunciata una teoria scientifica,
fa seguito un racconto breve; il protagonista - voce narrante è il vecchio
Qfwfq, di cui non si conosce nulla, tranne che ha più o meno l'età
dell'universo ed ha visto e sperimentato tutte le trasformazioni subite
dal cosmo in formazione e dalla Terra in continua evoluzione. Si tratta
della narrazione poetica dei grandi miti sulle origini
(dell'Universo, dei pianeti, della Terra, del Sole, della vita), sulla
trasformazione continua che ha accompagnato tali eventi e sulla
morte (individuale e di specie); la grande fonte di ispirazione è data
dalle scoperte scientifiche del Novecento, trasfigurate e rese lievi dalla
fantasia e l’umorismo; come si vede, si tratta degli stessi temi trattati
da tutti i modelli evolutivi formulati in tutte le epoche.
-
Qfwfq, quando la luna era
molto vicino alla terra, ha assistito ad enormi maree, continue eclissi, è
stato attirato dalla forza di gravità del satellite e qui ha raccolto
il latte, denso come una specie di ricotta;
-
è stato, bambino, sulle
nebule, al freddo, rincalzato in uno strato di materia fluida e
granulosa, contemplando il buio;
-
…quando i tempi
dell'acqua erano finiti e quelli che si decidevano a fare il grande
passo erano sempre in maggior numero…, ha avuto come prozio dalla
parte della nonna paterna, nata dei Celacanti del Devoniano, il
vecchio N'ba N'ga, che abitava in acque basse e limacciose, fra radici di
protoconifere e, malgrado le insistenze dei parenti, si rifiutava di
provare a frequentare la terra asciutta e nemmeno voleva assaggiare gli
insetti nuovi che crescevano all’asciutto; malgrado fosse così antiquato,
però, conquistò la bella Lll,
che lo sposò e ritornò con lui alla vecchia
vita fra le acque;
-
è stato dinosauro e,
insieme ai suoi simili,… aveva la coscienza di essere nel giusto e
si faceva rispettare ..., ma arrivò l'epoca della grande morìa e Qfwfq
cercò scampo su altipiani deserti e quando ridiscese a valle, si trovò di
fronte un mondo cambiato, irriconoscibile, popolato dai Nuovi che non lo
riconobbero e lo considerarono uno di loro, anche se il ricordo dei
dinosauri era rimasto ...nell'intrico dei pensieri di chi resta. Dalla
penombra delle paure e dei dubbi di generazioni ormai ignare, continuavano
a protendere i loro colli, a sollevare le loro zampe artigliate, e quando
l'ultima ombra della loro immagine s'era cancellata, il loro nome
continuava a sovrapporsi a tutti i significati, a perpetuare la loro
presenza nei rapporti tra gli esseri viventi...;
-
ha assistito, con
stupore, alla nascita degli uccelli, quando, quello dei volatili era
considerato un capitolo chiuso, ormai. Non s'era detto e ripetuto che dai
rettili tutto quello che poteva nascere era nato?..., quando non
esistevano più dubbi …su chi era mostro e chi non lo era: …non mostri
siamo tutti noi che ci siamo e mostri invece sono tutti quelli che
potevano esserci e invece non ci sono, perché la successione delle cause e
degli effetti ha favorito chiaramente noi, i non mostri, anziché loro… (3);
in quel periodo, per la prima volta, dalla nascita del mondo, ha udito un
canto e ha potuto vedere animali ricoperti di cangianti piume multicolori
e, affascinato, ha inseguito queste forme seducenti sino all’orlo della
terra, dove ha visto i continenti alla deriva scontrarsi fragorosamente…
I vari racconti prendono
insomma spunto da un fenomeno scientifico, lo trasformano in mito,
ritornano ai fatti scientifici e se ne allontanano nuovamente in un gioco
di rimandi imprevedibili, in cui la fantasia e l’umorismo, proprio come
nei fumetti, sono strettamente intrecciati e come nelle strisce, ogni
episodio è in sé concluso ed indipendente, ma nello stesso tempo la voce
narrante, Qfwfq, che durante la sua lunga vita ha subito diverse
metamorfosi -corporeo oppure privo di sostanza, bambino, pesce-anfibio,
dinosauro- ci rassicura che la vicenda che si svolge nel tempo e nello
spazio è sempre la stessa e il vero protagonista ne è il cosmo e la Terra
e la loro continua evoluzione; Qfwfq, come un vecchio verboso, è sempre pronto al racconto, anche se i suoi ricordi sono pieni di contraddizioni e
di volta in volta avvallano ipotesi contraddittorie o addirittura opposte
e inconciliabili, come quelle del big ben (Tutto in un punto) e
dello stato stazionario (Giochi senza fine) e, prima che l’evento
accadesse, il nostro eroe è sempre pronto a giurare che non sarebbe
successo, ma chi, se fosse stato presente, avrebbe potuto prevedere
l’origine del pianeta Terra, o l’origine della vita, o ancora la
“conquista” delle terre emerse, la nascita degli uccelli o la venuta
dell’uomo? Qfwfq ha spesso sbagliato le sue previsioni, ma la storia,
quella degli uomini, quella della vita sulla terra, quella del cosmo, è
ricca di biforcazioni, destini incrociati, strade a fondo cieco, strade
che riportano a situazioni precedenti e gli sconfitti, gli estinti non
sempre sono i peggiori. Calvino ci dimostra, insomma, con ironia, con
leggerezza, a volte con struggente malinconia, ma sempre con rigore
quanto sia grande la forza mitica della scienza e la lettura
di alcuni di questi racconti, anche in forma decontestualizzata, si presta
molto bene per trasmettere l'infinito stupore per le inenarrabili
avventure che hanno portato la terra ad essere quella che noi oggi
conosciamo, lo stesso incantamento che un bambino può provare nel vedere
per la prima volta il Diplodocus, il dinosauro estinto, esposto
nella prima sala del museo di Storia Naturale di Londra.
1
Dal sito www.torino scienza.it dossier Italo Calvino
2 Le cosmicomiche sono state pubblicate in quattro raccolte:
-
Le cosmicomiche, Einaudi, Supercoralli, 1965
-
Ti con zero, Einaudi, Supercoralli, 1967
-
La memoria del mondo e altre storie cosmicomiche, Club degli editori, 1968
-
Cosmicomiche vecchie e nuove, Garzanti, 1984
3 Calvino, da Lezioni americane, Leggerezza, 1985
4 Calvino, da Lezioni americane, Leggerezza, 1985
5 Calvino, da Lezioni americane, Visibilità, 1985
Da La memoria del mondo, Mondadori, Oscar, 2000 |