I rischi che corre la biosfera dipendono da due ordini di fattori:
Se gli ambienti naturali fossero sfruttati per la loro ricchezza genetica e si smettesse di annientarli solo per riceverne qualche metro cubo in più di legname o qualche ettaro in più per l’agricoltura, col tempo la loro resa economica sarebbe di gran lunga superiore. Le specie messe in salvo saranno in grado di dare nuova vitalità non solo alle industrie del legno, dei prodotti agricoli e dei farmaci, ma anche a tante altre di diverso carattere. Sono
tantissime le piante alle quali popoli indigeni attribuiscono poteri medicinali
e che non sono ancora state studiate come sono tantissimi i frutti e piante che
potrebbero essere inseriti nelle nostre diete. I pregiudizi e l’inerzia hanno
sempre rallentato il progresso dell’agricoltura. E altrettanto irrazionale è
stato il percorso seguito dalla storia della zootecnia. Come le piante da
coltivazione, così gli animali da cortile e da pascolo sono più o meno ancora
quelli che furono addomesticati diecimila anni fa dai nostri antenati nelle zone
temperate dell’Europa e dell’Asia. In molti casi queste specie si adattano
male alla maggior parte degli habitat e talvolta costituiscono un vero flagello
per l’ambiente naturale. In molti casi, poi, si tratta di specie che in certe
zone garantiscono una resa inferiore rispetto alle specie selvatiche trascurate
dall’uomo. Qualora sia scelto e gestito oculatamente, l’esotico finirà per
divenire familiare e benaccetto, rimanendo innocuo per l’ambiente. Le cause antropiche della perdita di biodiversità comprendono non solo la distruzione diretta ma anche altre azioni indirette tra cui l’alterazione dei biotipi nonché l’interruzione della continuità ambientale della loro area di diffusione. Va tenuto presente in questo contesto il modello di biogeografia insulare di MacArthur e Wilson che ha ricevuto ormai esauriente supporto sperimentale. Parchi nazionali, riserve naturali, oasi, ecc. sono di fatto isole ecologiche separate da barriere naturali e artificiali, quali zone a monocoltura, grandi insediamenti urbani, autostrade, ferrovie, ecc., spesso invalicabili per molte specie. Ciò è particolarmente vero in paesi come l’Italia, con discontinuità ecologica assai rilevante, determinata da cause sia geografiche che antropiche. Le aree protette sono sottoposte alle stesse leggi che controllano l’equilibrio delle specie nelle isole, che dipende dai tassi di estinzione e di immigrazione delle varie popolazioni. Pertanto è prevedibile la scomparsa di numero componenti faunistiche stanziali in piccole aree protette, poiché essa dipende statisticamente dalla dimensione delle popolazioni che è a sua volta legata alla dimensione dell’area protetta. Alla luce di tali considerazioni una gestione efficace della fauna dovrebbe prevedere la conservazione di un sistema di estensione sufficiente e che assicuri la continuità ambientale, evitando l’isolamento di porzioni periferiche mediante adeguati corridoi biotici. Come le cause di alterazione della fauna dovute all’uomo sono molteplici, così le sue possibilità di intervento per correggere le situazioni deteriorate o per impedire l’ulteriore deterioramento sono svariate. Purtroppo, molti rimangono i fattori di rischio; ecco i principali: Incremento demograficoPiogge acide;assottigliamento dello strato di Ozono;Eutrofizzazione;Effetto serra;Biocidi, come DDT e diossina.Tecniche di ingegneria genetica?Tutti questi fattori hanno ricadute sulla qualità della vita e portano anche a perdite irreversibili del patrimonio culturale umano
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