Modelli di compartimentazione

 Un dato ambiente può essere suddiviso in 4 compartimenti (o gruppi di ecosistemi) con caratteristiche funzionali e con livelli di maturità diversi. Tali compartimenti sono:

quello urbano-industriale, altamente eterotrofo e dipendente per il suo mantenimento dai tre successivi;

produttivo, che include ecosistemi immaturi o ai primi stadi della successione, sia per cause naturali che ad opera dell’uomo; esso comprende campi coltivati, pascoli, piantagioni, boschi cedui, foreste intensamente sfruttate, ecc.;

protettivo, che funziona da sistema tampone per molti nutrienti e che riduce lo spettro di variazione di alcuni fattori fisici (ad es. la temperatura); esso è costituito da ecosistemi produttivi maturi, quali foreste e praterie poco sfruttate dall’uomo, grandi laghi, mari, oceani, ecc.;

 di assimilazione, che assimila e in parte ricicla i rifiuti prodotti dagli ecosistemi urbani e agricoli; esso include ecosistemi con elevato impatto antropico, che si trovano generalmente in stadi intermedi, eutrofici, della successione, quali acque interne, litorali, paludi, ecc.

I quattro compartimenti sopra descritti interagiscono tra loro in termini di input e output. La loro proporzione ottimale e la loro disposizione spaziale in un dato ambiente è stata finora oggetto di politiche casuali e con orientamento a breve termine; i modelli di compartimentazione dovrebbero, invece, insieme ad altri modelli, fornire una base scientifica per una gestione ottimale del territorio a lungo termine. Un esempio interessante è quello degli Stati Uniti in cui nel 1980 circa il 24% del territorio era costituito da ecosistemi agricoli, il 6% da ecosistemi urbano-industriali e il 70% da ecosistemi seminaturali. Di questi solo il 4% era protetto in qualche misura dall’impatto antropico sotto forma di parchi naturali e statali, di aree protette, di oasi faunistiche e floristiche, ecc. Se si considerano anche le acque costiere continentali, le percentuali diventano del 20% per gli ecosistemi agricoli, del 5% per quelli urbano-industriali e del 75% per quelli seminaturali, incluso il 15% rappresentato dalle acque costiere continentali. Questi ultimi valori danno un rapporto tra ecosistemi urbani, industriali e agricoli da una parte e ambienti naturali o seminaturali dall’altra di 1:3. Tale rapporto, considerato globalmente, risulta appena soddisfacente. A livello locale, tuttavia, numerosi sono i casi di sovrasfruttamento. Così la capacità di supporto per la via in alcune regioni costiere del Nord-Est e in quella dei Grandi Laghi è stata di gran lunga superata, come indicano l’elevato inquinamento dell’acqua, del suolo e dell’atmosfera. Per determinare rapporti ottimali tra i vari compartimenti e in particolare tra quello urbano-industriale da una parte e quelli protettivi, produttivi e di assimilazione dall’altra, vanno tenute presenti alcune considerazioni generali:

è necessaria una porzione molto grande di ambiente naturale o seminaturale per dissipare gli output negativi (inquinamenti, ecc.) di un’area urbano-industriale relativamente piccola;

   la capacità di sostegno di un’area naturale o seminaturale può variare moltissimo a seconda della sua produttività e dello “stress” cui è stata sottoposta (es. ricadute acide);

nazioni densamente popolate e con elevata industrializzazione (quali il Giappone e vari Paesi dell’Europa occidentale) dipendono per gli imput di materia ed energia da regioni molto vaste, al di fuori della nazione stessa.

 

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