In passato si pensava che il mondo fosse una fogna senza fondo in cui prodotti di rifiuto potessero essere scaricati infinitamente: sarebbero scomparsi, si pensava, nelle ignote profondità del suolo e del mare. Quando fossero ricomparsi, se mai lo fossero, sarebbero ritornati a noi trasformati in prodotti “naturali” puri, uguali a quelli sfruttati la prima volta. Ma oggi la situazione è conosciuta meglio. E’ mostrato che l’umanità è un “passeggero” con esigenze smodate sul “veicolo spaziale” Terra. Ha profondamente alterato la direzione e la velocità con cui certi materiali entrano nei cicli biogeochimici. Molte di queste sostanze stanno oggi alterando l’aspetto di interi ecosistemi e alcuni cominciano ad agire come veri e propri veleni. I tessuti vegetali e animali diventano veri e propri siti di accumulo dei composti presenti nell’aria, nel terreno e nell’acqua. L’inquinamento può determinare malattie o morte di singoli individui o di intere popolazioni, producendo di conseguenza effetti a livello di comunità. Il numero di individui di una popolazione può aumentare se a causa dell’inquinamento le popolazioni con cui compete o dalle quali viene predata diminuiscono di intensità. A livello di comunità, l’inquinamento determina in generale una diminuzione della biodiversità. Alcuni prodotti utilizzati come combustibili, sostanze plastiche, fibre, solventi, detersivi, vernici, fitofarmaci, erbicidi, additivi alimentari e prodotti farmaceutici sono resistenti alla degradazione batterica naturale e ai processi di trattamento dei liquami e permangono per lungo tempo, accumulandosi nell’ambiente, negli organismi (bioaccumulo) e lungo le catene alimentari (nei processi di magnificazione biologica). Buona parte di questi prodotti sono di origine agricola, da attribuire all’impiego di concimi chimici, di anticrittogamici antiparassitari, erbicidi di cui alcune sostanze sono altamente tossiche. Le pratiche agronomiche, attraverso l’impiego di acque inquinate per l’irrigazione, dei fertilizzanti e dei fitofarmaci (sostanze xenobiotiche)determinano l’immissione nel terreno di sostanze in eccesso rispetto alle capacità di utilizzo del sistema e di sostanze estranee, che perturbano i normali equilibri. L’uso dei fertilizzanti in agricoltura rappresenta una via di inquinamento delle acque di falda. E’ stato infatti dimostrato che concentrazioni elevate di nitrati nelle acque potabili sono da attribuirsi alle pratiche di fertilizzazione in agricoltura. I fitofarmaci naturali (arsenico e nicotina, sostanze comunque dannose) sono stati sostituiti da molecole organiche di sintesi: gli idrocarburi clorurati (DDT, DDD, aldrina, dieldrina); i composti organici del fosforo (malatione, paratione); i carbammati (cabaryl, zectran). I fitofarmaci, alcuni dei quali (per es. il DDT) scarsamente degradabili, applicati spesso senza effettiva necessità (trattamenti periodici) o in dosi eccessive, si accumulano nel suolo, esercitando la loro attività antibiotica sull’insieme di organismi animali o vegetali che vivono nel terreno. I composti applicati alle piante arrivano al suolo durante il trattamento o per dilavamento con la pioggia, altre volto vengono immessi direttamente nel suolo per combattere i parassiti che attaccano le radici. I fitofarmaci (e in particolare vari insetticidi) oltre ad inquinare il suolo, i corsi d’acqua e i mari, uccidono molti organismi utili, nemici dei parassiti delle piante o impollinatori (per es. l’ape), che svolgono un ruolo insostituibile nell’equilibrio degli ecosistemi. Infine va tenuto conto dell’insorgere della resistenza agli insetticidi. Il fatto che le specie infestano siano r-strateghe favorisce e rende più rapida l’evoluzione della resistenza, che spesso compare già pochi anni dopo l’introduzione di un determinato pesticida. Molto frequente è anche l’evoluzione della resistenza multipla; insetti resistenti agli idrocarburi clorurati hanno in seguito sviluppato resistenza agli esteri fosforici e poi ai cabammati. L’inquinamento da pesticidi può essere limitato grazie all’impiego della lotta biologica e integrata Le acque reflue immesse nei corsi d’acqua, utilizzati per l’irrigazione, convogliano oltre alle sostanze organiche naturali cianuro, arsenico, metalli pesanti, detergenti di sintesi, olii minerali e idrocarburi che causano alterazioni della struttura del suolo, dello scambio cationico, del grado di salinità, della permeabilità, del pH delle soluzioni circolanti. A rendere più gravi le conseguenze dell’inquinamento è il bilancio tra soluzioni assunte dal terreno e perdita d’acqua pura per evaporazione, con conseguente aumento delle concentrazioni delle sostanze inquinanti nel suolo e nelle acque di falda. Uno degli effetti più generali dell’inquinamento del suolo è la riduzione della diversità biotica. E’ stata infatti osservata una riduzione del numero di specie microbiche e di invertebrati. In funzione degli elementi tossici accumulati si ha una riduzione dell’attività biologica del terreno, dei processi di degradazione della sostanza organica e di restituzione di macro e di micronutrienti, essenziali per il normale sviluppo di piante. Inoltre i composti chimici tossici presenti nel terreno si concentrano nelle piante, che vengono poi utilizzate dagli animali e dall’uomo. Il cromo ad esempio si accumula nelle piante da foraggio con concentrazioni da 3 a 10 volte più elevate rispetto a quelle del suolo. Una notevolissima concentrazione si verifica anche lungo le catene del detrito. Solo
all’inizio degli anni Settanta risultò evidente che le piante nelle foreste
erano danneggiate da inquinanti presenti nell’aria. Le prime specie in cui
tale fenomeno venne osservato furono l’abete bianco e l’abete rosso in
foreste dell’Europa centrale; in seguito altre specie risultarono danneggiate
e si parlò di “moria del bosco”. Risultò ben presto evidente che non solo
la componente arborea della foresta era minacciata, ma anche altre componenti
biotiche e abiotiche risultavano alterate; questi diversi sintomi di sofferenza
sono stati definiti “danni forestali di nuovo tipo”, non attribuibili cioè
all’attacco di parassiti o a stress idrici o termici, che rappresentano le
cause più frequenti di danno per le piante. Danni forestali di nuovo tipo si
verificano a carico di specie arboree ed erbacee e di,
ma essi includono anche variazioni della densità e della composizione delle
comunità edafiche ,
nonché modificazioni delle caratteristiche fisico-chimiche del suolo a causa
soprattutto della liberazione di metalli tossici (Al, Cd, Mn) e del dilavamento
di elementi nutritivi. La scomparsa di molte specie e popolazioni animali è attribuibile, direttamente o indirettamente, all’inquinamento atmosferico. Ad esempio l’improvviso defluire nei laghi e nei fiumi, in seguito allo scioglimento delle nevi o di precipitazioni abbondanti, di acque molto acide con ioni alluminio tossici lisciviati dal suolo provoca morie di pesci, che sono quasi completamente scomparsi in numerosi laghi dell’emisfero settentrionale. Una conseguenza delle deposizioni acide è la contaminazione delle acque con metilmercurio, composto solubile e biodisponibile del mercurio, che provoca morie di vari organismi animali, specialmente ai livelli trofici più elevati della catena alimentare. I vari fitofarmaci (insetticidi, erbicidi, anticrittogamici) inquinano gravemente l’atmosfera, le acque superficiali e il cibo, accumulandosi in vari organismi, compreso l’uomo. Infatti solo il 2% (in alcuni casi meno dello 0,1%) degli insetticidi applicati mediante vaporizzazione aerea raggiunge gli organismi bersaglio, e solo il 5% degli erbicidi colpisce le piante infestanti. Il rimanente si disperde nell’atmosfera raggiungendo poi gli ecosistemi terrestri e acquatici. Nell’uomo l’inquinamento atmosferico aumenta l’incidenza di malattie respiratorie quali l’asma, bronchite cronica, enfisema polmonare e cancro al polmone, con un numero stimato di morti di molte migliaia ogni anno. |