La parola “biodiversità” è la
contrazione di “diversità biologica”. La diversità è un concetto che si
riferisce alla gamma di variazioni o differenze tra lo stesso gruppo di entità,
siano essi individui o gruppi sistematici;
la diversità biologica perciò si riferisce alla varietà del mondo vivente. Il
termine biodiversità è comunemente usato per descrivere il numero, la
varietà e la variabilità degli organismi viventi.
È divenuta una pratica diffusa definire la
biodiversità in termini di geni, specie ed ecosistemi, corrispondenti a tre
livelli di organizzazione biologica fondamentali, connessi gerarchicamente ma
profondamente intrecciati.
Diversità genetica
Rappresenta le variazioni ereditarie
entro e tra popolazioni di organismi. Essenzialmente, questa risiede nelle
variazioni della sequenza delle quattro basi azotate che, accoppiate due a due,
costituiscono gli acidi nucleici.
Le nuove variazioni genetiche, insorte
negli individui tramite mutazioni di geni e /o di cromosomi, si diffondono
rapidamente nella popolazione grazie al riassortimento assicurato
soprattutto dalla sessualità.
È stato stimato che nei viventi il numero di possibili combinazioni di forme diverse
delle sequenze di ogni gene, supera il numero degli atomi dell’universo.
Altri
tipi di diversità genetica possono essere identificati a tutti i livelli di
organizzazione, incluso la quantità di DNA per cellula e la struttura e il
numero di cromosomi. All’interno di una popolazione ibrida, questo pool
di variazioni genetiche è regolato dalla selezione. La sopravvivenza
differenziale è frutto dei cambiamenti della frequenza
genetica e determina l'evoluzione della popolazione.
Il significato di variazione genetica è
perciò chiaro: essa permette sia i naturali cambiamenti evolutivi, sia di
ricorrere alla riproduzione artificiale selettiva, con i metodi tradizionali
di allevamento, e grazie alle biotecnologie.
Soltanto una piccola frazione (spesso meno
dell’1%) del materiale genetico di organismi più evoluti è
espresso nella forma e nelle funzioni dell’organismo; la funzione del DNA
rimanente e il significato di ogni variazione di quest’ultimo non sono per il
momento chiari.
I diversi geni distribuiti
all'interno dei viventi non contribuiscono allo stesso modo alla diversità
genetica globale. In particolare, i geni che controllano fondamentali
processi biochimici mostrano generalmente piccole variazioni, sebbene una
variazione in essi possa causare un effetto disastroso; altri geni, che
controllano caratteri meno importanti, sono assai più variabili, la semplice osservazione di popolazioni
di chiocciole può mettere in luce una varietà di forme incredibile. D'altro
canto, un
sorprendente numero di variazioni molecolari nel sistema immunitario dei
mammiferi, per esempio, è possibile sulle basi di un piccolo numero di geni.
Diversità delle specie
Il termine biodiversità è comunemente
usato come sinonimo di diversità delle specie, in particolare della loro abbondanza in un determinato habitat. La biodiversità globale è tipicamente presentata in termini di
numero globale di specie in differenti gruppi tassonomici. Sono conosciute circa 1,7 milioni di specie
animali e vegetali ; le stime del numero totale esistente attualmente sulla Terra variano però da 5 milioni a quasi 100 milioni. Molti
pensano che esse potrebbero essere all’incirca 12, 5 milioni. Dal
momento che sono in
stretta correlazione tra di loro, la perdita
di diversità biologica è un evento che può portare anche a grossi mutamenti
all’interno del pianeta; la diversità genetica, infatti,
permette di far fronte ai pericoli ambientali dovuti per esempio a
variazioni
climatiche o malattie. In termini di numero di specie isolate,
la vita sulla terra sembra essere costituiti essenzialmente da insetti e microrganismi.
Le specie sono anche il fulcro primario dei
meccanismi evoluzionistici e sia la loro origine, che la loro estinzione sono i principali agenti
che ne dirigono la diversità. Le specie, però, non possono essere riconosciute e numerate
con totale
precisione. Un semplice conto del numero di specie, inoltre, dà soltanto un'indicazione parziale della diversità biologica; nel termine
risiede anche il concetto di grado o estensione della variazione; infatti, organismi
che differiscono ampiamente l’un l’altro per qualche aspetto, contribuiscono maggiormente alla diversità globale rispetto a quelli che sono molto simili.
Più una specie è differente da un'altra
(come indicato per esempio da una posizione isolata nella gerarchia
tassonomica), più grande è il suo contributo alla biodiversità globale. Perciò, le due specie di Tuatara della Nuova Zelanda,
che sono gli unici membri ancora esistenti dell’ordine dei rettili
Rhynchocephalia, sono più importanti che i membri di qualche
famiglia più ampia di lucertole. Sviluppando questo argomento si può dire che
un ambiente con molti Ordini diversi possiede più diversità tassonomica di
un
altro con meno Ordini , ma molte più specie. Gli habitat marini hanno
frequentemente più phyla, ma meno
specie rispetto agli ambienti terrestri; possiedono quindi un alto livello di diversità
tassonomica, ma poca varietà di specie.
L’importanza ecologica di una specie può avere un effetto diretto su una
struttura comunitaria e perciò sulla diversità biologica: per esempio, una
specie di alberi tropicali della foresta amazzonica, che interagisce una grande
quantità di altri organismi, evidentemente dà un contributo maggiore per il mantenimento
della diversità rispetto ad una pianta europea.
Diversità
dell’ecosistema
La valutazione quantitativa della
diversità nell’ecosistema rimane problematica. Mentre è possibile
dare una definizione accurata di diversità genetica e di diversità delle specie, non c’è
un’unica definizione di diversità a livello di ecosistemi anche perché
operativamente è molto più difficile stimarla . Gli ecosistemi si
differenziano non soltanto per il pool genico e per il numero di specie, ma anche
per variabili dipendenti dal mondo fisico come il clima e il tipo di terreno. La diversità dell’ecosistema può essere valutata in vari modi.
Secondo
Wilson, lo
sviluppo della biodiversità attraverso una crescente padronanza, da parte dei
viventi, dell’ambiente terrestre, rappresenta una tendenza innegabile nel
senso di un progresso evolutivo. Questo può essere verificato anche
attraverso l’analisi di fossili microscopici
presenti nelle rocce sedimentarie vecchie di miliardi di anni, e analisi
chimiche di ambienti antichi, nonché alle stime statistiche dell’abbondanza
relativa delle specie estinte. Gould1, però,
quanto al progresso del processo evolutivo, la pensa diversamente.