$content = dbread_page ($db, elementi, 1, codice);?> | | | | | BOLLETTINO DELLA SEZIONE CAMPANA | 
| PROGETTO "ADOTTA IL VERDOLINO" | allievi del VI I.T.I.S., classi II H e II con la guida degli Insegnanti Santorelli, De Sarno, Salzano e Viscardi | | | |
Per informazioni e abbonamenti: Sofia Sica
LA STORIA VULCANOLOGICA DEI CAMPI FLEGREI I Campi Flegrei sono un sistema caratterizzato dall’assenza di un apparato centrale, e non vi è una privilegiata via per la fuoriuscita del magma. Quasi tutti i principali centri eruttivi sono localizzati lungo linee preesistenti di debolezza strutturale. I Campi Flegrei sono definiti "CAMPO VULCANICO". L’attività vulcanica con eruzione si alterna a periodi lunghissimi dell’ordine di centinaia d’anni di attività bassa o nulla. Negli ultimi anni sono stati identificati alcuni eventi importanti. Si pensa che l’attività vulcanica dei Campi Flegrei sia iniziata circa 50.000 anni fa, periodo in cui era attiva l’isola d’Ischia e forse anche l’isola di Procida. La prima attività sembra che sia avvenuta in un ambiente sottomarino. Il monte su cui sorge l’Acropoli greca di Cuma è testimonianza della successiva emersione in quanto è formato da lave eruttate in ambiente subaereo. Circa 34.000 anni fa una violenta eruzione sconvolse tutta la Campania, ci fu un deposito di cenere ed altro materiale piroclastico noto con il nome di Ignimbrite campana. Questo deposito ricopre tutta la Regione, e raggiunge i primi versanti dell’Appennino. Si pensa che essa sia stata la maggiore eruzione avvenuta in Italia nel Quaternario. I primi prodotti flegrei che si trovano nella città di Napoli sono dei tufi biancastri che hanno un età di circa 16.000 anni, forse intorno ai 12.000 anni fa un’altra grandissima eruzione sconvolse i Campi Flegrei, dando luogo alla formazione del TUFO GIALLO napoletano che costituisce l’ossatura della città di Napoli; con questo materiale è stato costruita una buona parte delle case della città stessa. Si pensa che le esplosioni abbiano alterato il clima dell’intero pianeta per diversi anni. Un’altra eruzione, detta delle pomici principali, è avvenuta circa 8.000 anni fa, e questi materiali si trovano ad Est di Napoli. Circa 6000 anni fa la parte centrale dei Campi Flegrei cominciò a sollevarsi, infatti a Pozzuoli il livello marino è sollevato di circa 40 metri. Fra 4500 e 3500 anni fa sono avvenuti vari eventi, il più importante è l’eruzione di ASTRONI e quella di MONTE SPINA. A volte sembra che nello stesso posto siano avvenute diverse eruzioni, come si può notare dal cratere del SENGA che ha tre recinti vulcanici. Probabilmente sia la SOLFATARA che la CUPOLA LAVICA di MONTE OLIBANO su cui sorge l’ACCADEMIA AEREONAUTICA hanno lo stesso sistema di alimentazione. Le ultime eruzioni di questa fase sono avvenute dove già vi era un cratere vecchio e sono quelle del SENGA e di AVERNO, di quest’ultimo il primo cratere viene chiamato ARCHIAVERNO. Nuovi dati vulcalogici indicano che almeno uno dei vulcani che si trovano sulla direttrice che va da CAPO MISENO all’AVERNO si è formato in epoca recente perché i suoi prodotti ricoprono un insediamento dell’età del bronzo. Tutta la zona di AGNANO fino all’inizio del secolo scorso era un lago-craterico. La fase di attività fra i 4500 e 3500 anni fa è stata seguita da un lungo riposo. Il suolo nella parte centrale dei Campi Flegrei si è abbassato lentamente, per cui gli edifici romani che si trovavano lungo la costa furono lentamente sommersi, e nel nono secolo d.C. Pozzuoli era sommersa dall’acqua. Questo fenomeno viene chiamato bradisismo, cioè lento movimento del suolo. Intorno al 1502 gli abitanti di Pozzuoli notarono che si formavano nuovi lembi di spiaggia e nel 1536 incominciarono ad avvertire dei terremoti, che divennero vialenti nel settembre del 1538, il mare si ritirò dal villaggio di TRIPERGOLE nei pressi del LAGO D’AVERNO, e persino i pesci rimasero all’asciutto. Il magma stava per arrivare in superficie; infatti la notte del 29 settembre si formò un rigonfiamento vicino al mare e da questo rigonfiamento usciva acqua fredda, subito si formò una nube di vapore mista a fango che si innalzava nel cielo. In pochi giorni formò una montagna alta circa 130 metri, il vulcano che venne chiamato MONTE NUOVO. Fu l’ultima eruzione dei Campi Flegrei.
IL RISCHIO VULCANICO DEI CAMPI FLEGREI In base ai dati geologici e geofisici raccolti negli ultimi anni sono state identificate due aree dove la probabilità di aperture di nuove bocche eruttive è maggiore. La zona più a rischio è quella che si trova sul versante est della Solfatara. Dopo aver individuato la zona a rischio si dovrebbe determinare il carattere di una possibile eruzione e l’evolversi nel tempo. Ma ciò non è semplice, perché non tutte le eruzioni avvengono allo stesso modo. Di solito le eruzioni che avvengono sul versante est dei Campi Flegrei hanno molta energia e si pensa che nell’area intorno alla Solfatara si potrebbe avere come massimo evento un’eruzione pliniana come quella di Astroni e Monte Spina, mentre se avvenisse sul versante occidentale avrebbe caratteristiche di bassa energia. Eventi pericolosi per la vita umana sono i flussi piroclastici e i base surge, essi si propagano con alta temperatura e mobilità. In caso di eruzione si pensa che la collina dei Camaldoli e quella di Posillipo possono agire da barriere allo scorrimento dei prodotti. La conca di Agnano è a maggior rischio perché è il luogo di naturale accumulo dei prodotti. Se l’energia fosse elevata, una volta superata la barriera di Monte S. Angelo, Monte Spina e Monte Ruspino non ci sarebbe più protezione e si arriverebbe subito a Fuorigrotta e Bagnoli. Verso ovest le vie di scorrimento dovrebbero essere verso Pozzuoli, Arco Felice e Rione Toiano, e attraverso il Gauro anche verso via Campana. Le aree ad alta probabilità di sopravvivenza si pensa che siano a distanza di 5-6 Km dal centro eruttivo. Durante una eruzione esplosiva con la caduta di pomici e ceneri non si hanno vittime a distanza 102 Km dal centro eruttivo, si ha il completo oscuramento del cielo, difficoltà respiratorie a causa dell’aria satura di ceneri, danni materiali agli edifici e all’agricoltura. I prodotti emessi dall’eruzione si accumulano in poche ore, vanno da vari metri in prossimità del cratere a pochi centimetri a distanza di decine di Km. Spessori maggiori di prodotti provocano danni alle costruzioni e perdite di raccolti. L’accumulo di prodotti su pendii favorisce, la formazione di valanghe di fango se i prodotti sono assorbiti d’acqua. Un’eruzione pliniana nell’area Solfatara-Agnano quasi certamente depositerebbe grandi quantità di cenere sulla città di Napoli a causa dei venti stratosferici. Brevi note di vulcanologia con i termini maggiormente in uso Classificazione delle eruzioni Eruzioni effusive: caratterizzate da una bassa esplosività e dall’emissione di colate di lava che scorrono lungo i fianchi del vulcano. Eruzioni esplosive: caratterizzate da estrema esplosività, formano un’alta colonna eruttiva che si espande verso l’alto con una tipica nube di cenere a forma di pino. Vengono dette anche "pliniane" prendendo il nome da Plinio il Vecchio che morì durante l’eruzione del Vesuvio del ’79 d.C. e da Plinio il Giovane che la descrisse. Eruzioni freato-magmatiche: eruzioni, generalmente esplosive, in cui vi è un contatto diretto fra magma e acqua. I prodotti delle eruzioni Le eruzioni effusive emettono prevalentemente colate di lava. Se la lava si raffredda senza riuscire a scorrere, può dare origine ad accumuli di forma circolare chiamati duomi lavici. Nelle eruzioni esplosive il magma viene invece frammentato prima di giungere in superficie e viene scagliato verso l’alto sotto forma di pomici, scorie, bombe vulcaniche e ceneri, questi sono detti prodotti piroclastici. I prodotti piroclastici possono essere suddivisi in base ai differenti meccanismi con cui si depositano al suolo dopo I eruzione. • I prodotti di caduta derivano da lancio diretto dal cratere o ricadono per gravità da una nube pliniana. Ricoprono uniformemente la topografia di un’area e il loro spessore diminuisce regolarmente allontanandosi dalla sorgente di emissione. • I prodotti di flusso derivano da nubi troppo pesanti per innalzarsi a formare una "colonna" pliniana, in quanto più ricche in particelle solide che in gas; essi scorrono lungo i fianchi del vulcano. I flussi piroclastici possono avere velocità diverse. | | | | | | |
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