BOLLETTINO DELLA SEZIONE CAMPANA

Studiosi e naturalosti nella storia della Scienza: Imre Lakatos
Luigi D'Amico

 

Per informazioni e abbonamenti: Sofia Sica


Introduzione
Imre Lakatos, storico e filosofo della scienza, era nato in Ungheria nel 1922 da genitori ebrei. Oltre agli studi filosofici coltivò, fin dall’infanzia, una grande passione per la matematica e la fisica. Nel 1944 conseguì la laurea in queste discipline e nel 1947 ebbe un incarico ufficiale presso il ministero dell’educazione. Nel 1950 fu imprigionato per le sue posizioni antisovietiche. Rilasciato nel 1953 si trovò coinvolto nei noti fatti ungheresi del 1956 (l’invasione sovietica dell’Ungheria). Informato della possibilità di un nuovo arresto da parte dei sovietici si trasferì, per un breve periodo, a Vienna e successivamente a Londra dove restò stabilmente fino alla morte avvenuta improvvisamente il 2 febbraio 1974. Il suo vero nome era Imre Lipschitz. Durante la seconda guerra mondiale aveva partecipato alla resistenza con il cognome Molnar. Finita la guerra, per evitare problemi data la sua origine ebraica, utilizzò il nome Lakatos , molto comune tra gli operai ungheresi, ispirandosi all’iniziale "L" cucita su una divisa da lavoro di cui era venuto in possesso. Nel 1961 conseguì il Ph.D. (dottorato in filosofia) presso l’Università di Cambridge con Richard Braithwaite*, professore di filosofia morale dal 1928 al 1967 e studioso di matematica e fisica. Insegnò a Cambridge e poi alla " London School of Economics" presso il Dipartimento di Logica e Metodo Scientifico. In " Saggi di logica della scoperta matematica", da cui è tratta buona parte del materiale di una delle opere più conosciute "Dimostrazione e Confutazione" pubblicata postuma nel 1976, il filosofo ungherese chiarisce il suo pensiero circa la ricerca in campo matematico. Egli ritiene, infatti, che il procedere delle conoscenze, in questo particolare ambito del pensiero umano, non debba essere considerato come un processo di semplice accumulazione di verità eterne ed immutabili. Per Lakatos, la matematica non è da considerare come una disciplina costituita da un "corpus di teorie rigidamente formalizzate". Come ricordano Gilles e Giorello nel loro " La filosofia della scienza nel XX secolo ed. Laterza 1995,Lakatos nelle pagine iniziali del suo già ricordato "Dimostrazioni e Confutazioni" sostiene: "La storia della matematica senza la guida della filosofia è diventata cieca, mentre la filosofia della matematica, volgendo le spalle ai più interessanti fenomeni della storia della matematica è diventata vuota" (Pag 40 edizione del 1976). Come ben sanno i matematici, si tratta di una posizione che è stata, in qualche modo, associata ad un rifiuto, da parte di Lakatos, del rigore assiomatico-formale delle teorie matematiche. In realtà, come lo stesso filosofo ungherese chiarisce, si tratta in particolare del rifiuto di alcune enfatizzazioni filosofiche dei risultati ottenuti da studiosi del livello di Peano*, Hilbert*, Russell*, ecc all’inizio del secolo e che tanta influenza hanno avuto sul pensiero scientifico del "Novecento". La visione che Lakatos ha della matematica è dunque quella di una scienza che a partire dalla consapevolezza critica maturata nell’Ottocento, riesce ad accettare il carattere "congetturale degli assiomi di qualsiasi teoria.". Da ciò deriva che i teoremi espressi dal corpus delle discipline matematiche hanno una loro validità relativa, pur discendendo da una concezione ipotetico-deduttiva, perché, cambiando le condizioni espresse dagli assiomi della teoria, quegli stessi teoremi potrebbero non rivelarsi più veri. Successivamente Lakatos rivolge i suoi studi in un campo meno settoriale e specialistico affrontando temi di filosofia delle scienze empiriche. Egli, infatti, si occupa della logica induttiva e del processo di crescita della conoscenza scientifica in senso lato. Elabora una critica serrata alle tesi che T. Kuhn espone nel suo famoso libro sulla struttura delle rivoluzioni scientifiche e rivede alcune posizioni di Popper, con il quale era venuto a contatto alla "London School of Economics", in particolare per quanto concerne il suo falsificazionismo sofisticato. La "Falsificazione e la metodologia dei programmi di ricerca scientifici del 1970 è il libro nel quale è esposta la sua posizione filosofica in merito ai maggiori problemi epistemologici del dopoguerra.. I suoi studi di storia della scienza sono risultati di grande importanza nella ricerca dei nuovi fondamenti delle scienze sperimentali oltre che della stessa matematica. Il frutto dei suoi studi e delle sue riflessioni in campo storico è rappresentato dal libro "La storia della scienza e le sue ricostruzioni razionali" del 1970. Lakatos, in questa pubblicazione affronta il problema della corretta metodologia da utilizzare nella ricostruzione dei fatti e delle idee che hanno portato all’evo- luzione del sapere scientifico nel tempo. Ha curato con A. Musgrave * "Criticism and the growth of knowledge" (1970); trad. italiana 1976 "Criticismo e crescita della conoscenza. Una raccolta dei suoi scritti è stata pubblicata postuma nel 1978: "Quaderni filosofici Vol. I; Metodologia dei programmi di ricerca scientifici Vol. II; Matematica, scienza ed epistemologia".

LA METODOLOGIA DEI PROGRAMMI DI RICERCA
"L’esperimento è sempre metodologicamente e concettualmente dipendente dalla teoria che lo utilizza , quindi è una pretesa assurda e semplice ingenuità dogmatica pensare che esso possa riflettere una realtà in sé della Natura" PIERRE DUHEM (1861- 1916) Fisico, epistemologo e storico della scienza

La posizione filosofica di Imre Lakatos si può comprendere se vengono ricordati , in grande sintesi, i punti di vista di T. Kuhn e K. Popper a proposito del problema di come comparare le teorie scientifiche tra di loro. Kuhn, aveva criticato il metodo di falsificazione di Popper sostenendo che gli scienziati non abbandonano così pacificamente una teoria per il solo motivo che essa è in contrasto con una singola esperienza. Al troppo ingenuo criterio della falsificazione empirica, Kuhn aveva contrapposto la sua concezione di paradigma; inoltre il passaggio da un paradigma ad un altro prevedeva una vera e propria rivoluzione nel modo di vedere il mondo, una sorta di "mistica conversione religiosa." Lakatos critica la posizione di Kuhn sostenendo che se egli avesse ragione, allora non ci sarebbe nessuna distinzione tra progresso scientifico e degenerazione intellettuale, essendo il primo, in balia di conversioni mistiche momentanee ed imprevedibili! Per evitare allora questo grave problema, il filosofo ungherese utilizza l’ipotesi di fondo del pensiero di Popper. Essa si riferisce alla necessità improrogabile di individuare e definire criteri oggettivi capaci di poter far distinguere i mutamenti teorici che fanno avanzare una teoria già accettata, da quelli che oggettivi e progressivi non sono. D’altronde, il falsificazionismo sofisticato di Popper aveva fondato i criteri di cui si parlava sul concetto di verosimilitudine. Ciò significa semplicemente, (come ricordano Cioffi, Gallo ed altri nel loro "Il testo Filosofico". Vol. 3/2 ed B. Mondadori ), "che tra due teorie rivali è razionale scegliere quella che ha il più alto grado di verosimilitudine, cioè possiede una più elevata differenza tra la misura del contenuto verità e la misura del contenuto di falsità". Ma il falsificazionismo sofisticato di Popper, non riusciva, secondo il filosofo ungherese, ad evitare il grave pericolo di un progredire abnorme del grado di verosimilitudine ad uso e consumo di un gruppo di ricercatori determinati a difendere la loro teoria ad ogni costo. Supponiamo ad esempio, rilevava Lakatos, che una teoria T1 giustifichi certi fenomeni ma lasci fuori un certo problema P, si può allora prevedere che sarà sempre possibile elaborare una teoria T2 avente un grado di verosimiglianza maggiore di T1. Basterà semplicemente aggiungere a quest’ultima una ipotesi ad hoc che renda ragione del problema P. Sia ad esempio T1 la teoria che afferma "tutti i cigni sono bianchi"; e sia P il problema: "nel mio stagno c’è un cigno nero" ; si può allora costruire una teoria T2 con un maggiore grado di verosimilitudine che preveda l’ipotesi ad hoc: "solo nel mio stagno vi è un cigno nero, tutti gli altri cigni esistenti sulla terra restano bianchi! " E’ abbastanza chiaro, pur nella semplicità dell’esempio riportato, il pericolo che si cela dietro questo ragionamento. Come si fa ad evitare che la costruzione di ipotesi ad hoc abbia un’inarrestabile ascesa? Popper si era reso conto del problema ed aveva precisato che l’aumento di grado di verosimilitudine non si ottiene semplicemente aggiungendo ipotesi senza legami, sconnesse con la trama più intima della teoria. Non si tratta quindi di una semplice meccanica giustapposizione, ma la nuova ipotesi deve essere intimamente legata alla teoria che si vuole ampliare, manifestare quindi una continuità con la precedente (Kuhn ha creduto di poter interpretare questa esigenza con la introduzione del concetto di paradigma e di scienza normale). A Lakatos questa richiesta di Popper sembra vaga , poco rigorosa! Sembra, dice il filosofo ungherese, di chiedere ad una teoria di essere semplice o bella o armoniosa, qualità che certo non si addicono ad una teoria scientifica che voglia razionalmente spiegare qualche fatto del mondo. Lakatos chiede allora un maggior rigore, una maggiore definizione di ciò che significa "continuità o legame più intimo" ed introduce, per abbattere l’ostacolo concettuale della teoria popperiana, la sua nozione di "Programma di ricerca". Secondo questa visione delle cose, i risultati della scienza non sono il semplice frutto di successive conferme e confutazioni, di ipotesi isolate che debbono subire il vaglio di continue conferme sperimentali, con la possibilità di essere rigettate dopo una serie interminabile di tentativi ed errori. La natura delle teorie importanti è molto più complessa e trova una sua naturale collocazione in una struttura ben articolata che possiede appunto un programma di ricerca scientifico. Questo è costituito da un nucleo, cioè da un insieme di ipotesi accettate una volta per tutte per convenzione e non confutabili per una decisione presa in un particolare momento storico ( ad esempio il programma di Newton contiene nel suo nucleo almeno i tre principi della dinamica e la legge della gravitazione universale). Ora, ritenere falsa solo una di queste ipotesi, significa mettersi fuori del programma di ricerca e doverne cercare uno diverso. Oltre al nucleo, il programma di ricerca contiene un’euristica positiva. Essa è costituita da tutte le indicazioni che definiscono la natura dei problemi da affrontare, il loro ordine prioritario, le possibili incongruenze o anomalie e le possibilità e mezzi per neutralizzarle adottando delle ipotesi ausiliarie. Tutto ciò si rende necessario nel costante tentativo di salvare, nei limiti del possibile, il nucleo della ricerca. In altri termini, intorno ad esso è necessario costruire una barriera protettiva che segua un piano preordinato e prevedibile. Solo l’euristica positiva salva quindi una teoria dalla emarginazione totale, in quanto essa è in grado di selezionare accuratamente le anomalie che si presentano, fare una graduatoria delle stesse e vedere se esse sono conciliabili con il nucleo del programma. Sarà così possibile accantonare i problemi meno importanti e concentrarsi su quelli che meritano ogni sforzo per salvare il nucleo. In questo modo la scienza può rivendicare la sua autonomia e nello stesso tempo dare un significato preciso a quel concetto di continuità, di intimo legame di cui parlava Popper; l’una e l’altro sono definiti e circoscritti dal concetto di permanenza del nucleo e dalle precise indicazioni della euristica positiva (l’euristica negativa indica al contrario quali vie la ricerca non deve seguire). Lakatos nel suo già citato libro "La falsificazione e la metodologia dei programmi di ricerca" fa degli esempi esplicativi su questo argomento: (Ripresi da Gilles - Giorello in Filosofia della scienza nel XX sec.). "La teoria meccanicistica dell’universo, risalente a Cartesio, secondo cui l’urto è la sola causa del movimento, funzionava come un potente principio euristico. Essa sconsigliava il lavoro su teorie scientifiche alternative, come quella dell’azione a distanza di Newton che erano incompatibili con essa (euristica negativa). Ed ancora, Galileo per gli studi cinematici, nei discorsi del 1638, "sconsigliava di impegnarsi nella teoria qualitativa (dovuta ad Aristotele) che si basava sul movimento -mutamento per concentrare gli sforzi su quella quantitativa del moto locale ( euristica negativa) e nello stesso tempo invitava ad approfondire gli studi della geometria degli indivisibili, una particolare versione matematica dell’atomismo che Galileo riteneva indispensabile per lo studio dei fondamenti della cinematica (euristica positiva). Un ulteriore avanzamento della teoria di Lakatos è la distinzione tra programmi di ricerca progressivi e programmi regressivi. Questa differenziazione permette infatti, secondo il filosofo ungherese, di fare una scelta tra due programmi di ricerca in competizione tra loro e scegliere quello che maggiormente può dare un contributo razionale all’ampliamento della conoscenza. Lakatos definisce un programma di ricerca progressivo quello che può far prevedere fatti nuovi, senza ricorrere preventivamente alla sperimentazione ( in questo caso lo sviluppo teorico avanza più velocemente di quello sperimentale). Se al contrario un programma di ricerca non fa prevedere fatti nuovi, ma aumenta semplicemente le sue capacità di spiegare fenomeni già noti, allora la teoria si rivela in ritardo rispetto alla realtà fattuale, la insegue cercando di dare spiegazioni di eventi già previsti (programma regressivo). Un programma di ricerca sarà, in definitiva, empiricamente progressivo se i fatti nuovi che ha previsto sono stati, almeno in parte, sperimentalmente confermati. Per il filosofo ungherese non esiste una razionalità istantanea, in altre parole non si possono "uccidere le teorie con un decisivo colpo di pistola". Lo stesso Lakatos in "La storia della scienza e le sue ricostruzioni razionali" a cura di G. Giorello. Feltrinelli ed. 1980 afferma: " Né la dimostrazione di incoerenza da parte del logico né il verdetto di un’anomalia da parte dello scienziato sperimentale può sconfiggere un programma di ricerca in un soffio"…. Comunque in una qualsiasi disputa, i punti a favore di ciascuna delle parti avverse debbono essere registrati ed esibiti pubblicamente in ogni occasione" ( Lakatos insiste in questo passo sulla necessità di un preciso e rispettato codice d’onore scientifico!) Ciò significa ancora che il progredire della scienza è un processo lungo e travagliato e che non si possono utilizzare, per soddisfare un generico criterio di convalida di una teoria, esperimenti cruciali. E a proposito di questi ultimi egli ritiene che possano esistere esperimenti con valore dirimente, solo se riguardati retrospettivamente "con il senno di poi". Gli esempi non mancano! "Le ellissi di Keplero furono ammesse come evidenza cruciale a favore di Newton contro Cartesio, solo dopo un secolo che Newton aveva avanzato questa pretesa. Il comportamento anomalo del perielio di Mercurio venne considerato per decenni una delle tante difficoltà non risolte del programma newtoniano; fu solo il fatto che la teoria di Einstein ne diede una spiegazione migliore a trasformare una noiosa anomalia,in una brillante confutazione del programma di ricerca di Newton. T. Young (1773-1829)*affermò che il suo esperimento della doppia fenditura del 1802, ideato per definire la natura della luce, era da considerarsi un esperimento cruciale per decidere fra il programma dell’ottica corpuscolare e quello ondulatorio; ma la sua pretesa venne riconosciuta molto più tardi, solo dopo che A.J. Fresnel* (1788-1827) ebbe sviluppato compiutamente il suo programma ondulatorio. Anche Popper utilizza, nella sua " Logica della scoperta scientifica", il concetto di programma di ricerca ma aggiunge l’aggettivo metafisico che si contrappone a quello di scientifico presente in Lakatos. Metafisico ha per Popper un significato particolarmente pregnante!. Come ricordano Gilles e Giorello nel loro libro già citato, Novalis (pseudonimo di Friedrich von Hardenberg , poeta tedesco- 1772-1801) nella raccolta di annotazioni, e appunti del 1798-99 ad un certo punto sostiene: "ogni scienza ha il suo Dio che allo stesso tempo è la sua meta". Ebbene, come ricordano gli autori già menzionati, il Dio di Novalis coincide con ciò che Popper ha chiamato metafisica influente. Per il filosofo viennese è accertato che vari sistemi metafisici hanno avuto una influenza maggiore sulla scienza di molte teorie scientifiche controllabili (da "Poscritto alla logica della scoperta scientifica I". Il Saggiatore Milano). Gli esempi sono molti e riportati nella stessa pubblicazione e vanno dalla concezione del cosmo come sfera piena risalente a Parmenide, all’aritmetizzazione della cosmologia ad opera dei pitagorici, alla sua geometrizzazione immaginata da Platone e realizzata da Eudosso ed Euclide, al meraviglioso meccanismo ad orologeria ideato da Cartesio per spiegare il Mondo, al concetto di campo sostenuto da Faraday e Maxwell, alla teoria dell’evoluzione delle specie viventi di Darwin, alla meccanica quantistica di Planck, etc. Per Popper tutti questi sistemi rientrano nella categoria dei miti e dei sogni! Successivamente alcuni di essi entrano a far parte, per una corrispondenza che resta misteriosa, del mondo concreto, ritrovano una loro corrispondenza nei fatti osservati e diventano allora controllabili, consentanei alle esigenze della scienza. E il controllo si realizza attraverso fasi di crisi della teoria proposta che si possono riassumere in tre momenti : a) scoperta di una incoerenza entro la teoria in uso; b) scoperta di una contraddizione tra teoria ed esperimento, c) rapporto tra la teoria esposta e il relativo programma di ricerca. E’ esattamente su questo punto che si verificano le differenze enunciate precedentemente tra i due filosofi della scienza! Popper era convinto che per neutralizzare gli "stratagemmi convenzionali", era necessario sottoporre costantemente ogni teoria scientifica a definiti ed autentici criteri di falsificazione che potessero mettere in discussione l’intero asserto teorico. Lakatos isola dalla teoria gli enunciati del nucleo, ritenendo che essi debbano essere accolti, una volta per tutte, dalla comunità degli scienziati e considerati quindi infalsificabili per decreto metodologico! (cioè ad essi non può applicarsi nessun criterio di falsificazione). Questa impostazione del filosofo ungherese recupera il convenzionalismo* di Duhem che Popper aveva di molto ridimensionato nella sua teoria. Il filosofo di Vienna riteneva infatti che possono essere accolti per convenzione solo alcuni asserti particolari di una determinata teoria, ma assolutamente non la totalità di essa. Per Lakatos invece, chi aderisce ad un determinato programma di ricerca, deve accettare per convenzione anche il nucleo teorico del programma e difenderlo fin a quando è possibile. Solo la cintura protettiva che si stabilisce intorno alla teoria può arricchirsi d’ipotesi ausiliarie, di ulteriori condizioni limitative, di teorie accessorie che discendono da nuovi fatti osservati. Solo essa deve sostenere l’eventuale urto del controllo, può adattarsi, modificarsi e in ultima analisi essere confutata. Il filosofo ungherese in "La falsificazione e la Metodologia dei programmi di ricerca", 1970 pag 62, così si esprime "Dobbiamo usare tutta la nostra ingegnosità per esprimere o anche inventare opportune ipotesi ausiliarie che formino una cintura protettiva attorno a questo nucleo" Solo nel caso di un programma rivelatosi decisamente regressivo, ( in questo caso il contenuto empirico, sostenuto dalla cintura protettiva, si dimostrerebbe nel tempo sempre più scarso) sarebbe razionale intaccare il nucleo del programma di ricerca. Esso allora può essere gradualmente eliminato o se si preferisce messo da parte ( non è escluso che un programma accantonato possa poi ritornare in auge!). E’ la continuità e la persistenza di questo nucleo teorico accettato per decisione convenzionale che conferisce coerenza e continuità alla Scienza! Ciò porta allora ad un’altra differenza tra i due filosofi. Popper lascia la sua metafisica influente fuori dalla scienza, Lakatos introducendo il concetto di nucleo infalsificabile, porta la metafisica nella scienza.

LAKATOS E LA STORIA DELLA SCIENZA
".....Lo scopo della scienza è dare opere e di costruire la parte attiva del sapere, ma occorre aspettare il tempo della messe per non mietere il muschio e la biada ancora in erba". Francis Bacon (1561-1626) dal Nuovo Organo Imre Lakatos ha dato grande importanza allo studio della storia. Celebre è una sua frase: "La filosofia della scienza è vuota senza la storia della scienza". Per il filosofo ungherese, come riporta Ludovico Geymonat nei suoi "Lineamenti di Filosofia della Scienza e Biblioteca della EST" Mondadori 1985,queste parole denunciano un grave pericolo! Si tratta della possibilità di un distacco traumatico tra l’analisi sottile e sofisticata dei filosofi della scienza e il reale svolgersi dei fatti. D’altronde, ricorda ancora Geymonat, Lakatos si pone il problema dell’elaborazione di una storia interna di una particolare disciplina che possa offrire una spiegazione razionale della crescita della conoscenza oggettiva specifica. Nel contempo ciò non significa che il filosofo ungherese non dia importanza alla storia esterna, agli eventi politici, economici, sociali che hanno accompagnato un determinato periodo di sviluppo di un settore della scienza! Egli considera però la prima feconda di implicazioni e di ampliamenti e la particolarità del suo approccio al problema storico consiste nella visione dinamica che egli ha della dicotomia storia interna/esterna. L’indagine storica ci può ancora aiutare nel discernere ciò che è scienza da ciò che non ha i requisiti per essere definita tale! Bisogna allora essere sempre diffidenti davanti a risultati che vengono definiti scientifici. Esiste una scienza, con tutte le precauzioni e le precisazioni che si sono più volte ricordate; ma esiste anche una pseudoscienza dai cui enunciati bisogna guardarsi e difendersi. La questione viene ribadita dallo stesso Lakatos in "Lezioni sul Metodo" inserite nel volume di Lakatos- Feyrabend "Sull’orlo della scienza" Cortina Editore 1995. Egli sostiene che questo ( la distinzione tra scienza e pseudoscienza) non è un problema esoterico da filosofi da salotto, anzi la sua soluzione finisce per influenzare le nostre vite. Ciò accade specialmente nel nostro tempo in cui le sovvenzioni alla ricerca sono controllate dallo Stato; il patrocinio della scienza è monopolistico ed assistiamo ad un’esplosione di pubblicazioni, il cui contenuto non possiamo materialmente controllare di persona; abbiamo un aumento del parassitismo intellettuale e vorremmo che alcune persone che si vantano di fare scienza, fossero cacciate dal loro impiego!

QUALCHE CONSIDERAZIONE DIDATTICA
Il dibattito epistemologico di questi ultimi anni ha interessato non solo il ristretto ambito degli specialisti, ma ha avvicinato anche i docenti delle scuole medie superiori ad un campo d’indagine sicuramente foriero di nuove e stimolanti aperture pedagogiche. L’insegnamento delle discipline scientiÞche sta visibilmente cambiando sotto i nostri occhi. Le antiche certezze didattiche, le stereotipate trattazioni di una scienza "raccontata" per capitoli e presentata spesso come un insieme di "dogmi" è ormai superata dai fatti. Gli interrogativi scientiÞci non appartengono solo alla Scienza ma investono la sfera della coscienza e quindi dell’etica, della filosofia, della religione, dell’arte. La scuola sta vivendo momenti di profonde trasformazioni. La modifica degli esami di maturità, in particolare per quanto riguarda l’aggiunta di una terza prova scritta, con tutte le riserve e le perplessità del caso, ha sicuramente un suo aspetto positivo, una sua indubbia validità. Sancisce, di fatto, la collaborazione tra docenti di discipline diverse che avranno la necessità di confrontarsi, di decidere le linee di una programmazione comune. L’impegno dei docenti sarà sempre più gravoso! Da loro si richiederà, in tempi brevissimi, una maggiore disponibilità, una più incisiva azione didattica, un’acquisizione di tecniche e metodi che avrebbero avuto bisogno di maggior tempo e più precisa informazione. Dispiace dovere ancora una volta constatare che chi decide le sorti della Scuola Italiana è ben consapevole dello spirito di servizio della maggioranza dei docenti e su di esso fa leva per apportare innovazioni o decidere sperimentazioni in tempi così ravvicinati. Ben vengano allora le necessarie riduzioni dei vecchi programmi e le opportune scelte di comuni nuclei tematici da trattare da diverse angolazioni didattiche. E’ opinione ormai diffusa che si sta procedendo a grandi passi verso una "globalizzazione" della cultura. Le nuove tecniche informatiche mettono la scuola in una condizione di assoluta inferiorità se essa non adegua i propri mezzi e strumenti alla sfida del nuovo secolo. Il documento dei saggi sui "saperi minimi o irrinunciabili" che la scuola deve dare per vincere questa sfida prevedono, al di là di ogni considerazione, la formazione di una coscienza critica, l’acquisizione di una capacità di comprendere il mondo, attraverso la sicura possibilità di aggiustare le proprie conoscenze a seconda del momento e della necessità. Sempre più si richiederà allora quella duttilità mentale che solo un insegnamento problematico potrà dare. La crisi della scienza è un dato certo ed inoppugnabile. I grandi sistemi ottocenteschi, si pensi solo al poderoso meccanicismo di Laplace, sono stati scossi dalle teorie fisiche di Einstein, Heisemberg, Planck, dalle geometrie non euclideee che nascono già nel XIX secolo, dalla crisi degli assiomi logici ad opera di Russell. Se persino la matematica entra in crisi e ha bisogno di nuovi fondamenti, allora tutta la scienza viene ad essere scossa dal profondo, per non parlare della crisi della nuova biologia che deve fare i conti con delle scelte che esulano ormai dal campo delle sue tradizionali competenze. Ciò che sembra ad un primo esame essere una sconfitta della scienza, si dimostra invece, ad un’analisi più pacata una vittoria. La scienza si è liberata di quella presunzione ottocentesca e di tradizione illuministico- positivista di essere l’unica depositaria del Sapere, l’unica fonte di sicurezza in un mondo di sensazioni volubili e soggettive. Le nuove istanze nascono dal bisogno di confronto, dalla necessaria mediazione tra la Natura e lo Spirito dell’uomo, quello Spirito che è il solo a poter decidere ciò che l’uomo può conoscere, può fare suo, introiettare nella sfera mai appagata della ragione. La filosofia può allora ancora aiutare la scienza e non chiudersi in un aristocratico e stizzoso isolamento. La scienza può guardare alla filosofia ritrovando le sue immutate radici chiedendo ad essa, prima che ad altri settori del sapere, le risposte che non trova nei suoi laboratori, nei suoi teoremi, nelle sue cattedrali di ricerca. Ed ancora ad essa la scienza deve ricorrere, alle sue istanze ontologiche, ai suoi sistemi morali, quando arrivata a certi traguardi si interroga sui risultati dei suoi esperimenti, sulle possibili conseguenze delle applicazioni che da essi discendono, applicazioni cariche a volte di interrogativi inquietanti.

NOTE
Braithwaite Richard nato nel 1900, filosofo inglese.
Hilbert David 1862- 1943, matematico e storico della matematica, tedesco.
Peano Giuseppe 1858-1932, matematico e logico italiano.
Russell Beltrand 1872-1970, filosofo e logico inglese.
Musgrave Richard Abel 1910, economista e matematico statunitense.
Young Thomas 1773- 1829, fisico, medico ed egittologo inglese.
Fresnel , Augustin Jean 1788-1827, fisico e matematico francese.
Oersted Hans Christian 1777-1851, fisico danese.
Novalis 1772-1801 (Pseudonimo di friedrich von Hardenberg) poeta tedesco.
Duhem, Pierre Maurice 1861-1916, fisico francese, epistemologo e storico della scienza.
Antiseri Dario, filosofo e epistemologo italiano, docente di metodologia delle scienze sociali presso la LUISS di Roma.
Gilles Donald 1944, docente di Storia e Filosofia della Scienza al King’s College dell’università di Londra.
Giorello Giulio 1945, docente di filosofia della scienza all’Università di Milano.

BIBLIOGRAFIA
Lakatos I., 1979.
Dimostrazioni e confutazioni. La logica della scoperta matematica, Feltrinelli Milano. Lakatos I., 1978.
La falsificazione e la metodologia dei programmi di ricerca, Einaudi Torino Lakatos I., 1980.
La storia della scienza e le sue ricostruzioni razionali, Feltrinelli Milano Lakatos I., 1985.
La metodologia dei programmi di ricerca scientifici. Scritti Filosofici I, Il Saggiatore Milano Lakatos I., 1985.
Matematica, scienza ed epistemologia Scritti filosofici II, Il Saggiatore Milano. Lakatos - Musgrave, 1985.
Critica e crescita della conoscenza, Feltrinelli Milano. G. Gilles - G. Giorello, 1995.
La filosofia della scienza nel XX secolo, Laterza Bari. Cioffi - Gallo ed altri, 1993. Il testo filosofico, vol. 3/2, Bruno Mondadori Milano Dario Antiseri, 1977.
Epistemologia e didattica delle scienze naturali, Armando Roma. Ludovico Geymonat, 1976.
Storia del pensiero filosofico e scientifico, vol. 7°, Garzanti Milano. Ludovico Geymonat, 1986.
Lineamenti di filosofia della scienza, Biblioteca della EST, Mondadori Milano. D’Amico L., Dicembre 1994.
K. Popper Filosofo della scienza, Bollettino ANISN Campania n° 9. Costa L., Giugno 1996.
Un breve sguardo all’epistemologia post-popperiana. Bollettino ANISN Campania n° 12. D’Amico L., Dicembre 1996.
T. Kuhn. L’epistemologo delle rivoluzioni scientifiche. Bollettino ANISN Campania n° 13. D’Amico L., Giugno-Dicembre 1997. Paul Feyerabend. Bollettino ANISN Campania, n° 14-15.



 
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