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| Bioetica ed ambiente: estensione della nozione di soggetto morale | Sofia Sica | | | |
Per informazioni e abbonamenti: Sofia Sica
I PARTE PREMESSA Nella fase di progettazione del corso di aggiornamento sul tema: "Bioetica ed Educazione", invitata dai Consiglieri dell’ANISN Campania a sviluppare il tema riguardante l’Ambiente, mi è sembrato opportuno accettare poiché da molti anni mi sono impegnata, all’interno della nostra Associazione e nella Scuola, nello studio dell’argomento nei suoi vari aspetti teorici ed applicativi. Andando poi ad analizzare l’estensione della nozione di soggetto morale in relazione all’Ambiente e, quindi, il tema dell’Ambiente dal punto di vista della Bioetica, il compito mi è sembrato subito molto arduo, perché riferito a ciò che appare, in questo ambito, il problema dei problemi del mondo di oggi. La soluzione offerta dall’immagine del logoda noi adottato per le nostre attività di Educazione Ambientale, in cui la testa dell’Uomo "Per un nuovo Umanesimo" è tutta piena di simboli della Natura, è suggestiva e propone anche un giusto equilibrio tra l’Uomo e l’Ambiente, ma non esaurisce l’esigenza di un presupposto teorico capace di guidare l’azione dell’Uomo e tanto meno può far fronte alle contrapposte correnti di pensiero, che vengono individuate soprattutto nell’antropocentrismo cartesiano o utilitarista e nell’ecocentrismo. Il primo interpreta la Natura come oggetto e non come soggetto di diritto per cui non si possono aggiungere "i diritti degli animali" o "i diritti degli alberi" o "delle rocce" alla "Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo" , fondamento delle società liberali e social-democratiche. Il secondo rifiuta l’antropocentrismo e pone in primo piano i diritti della Biosfera elevandola alla dignità di persona giuridica per il suo valore intrinseco; essa, pur facendo parte del mondo oggettivo, assumerebbe diritto soggettivo. Per poter esaminare il tema del rapporto Uomo-Ambiente nei suoi vari aspetti: scientifici, filosofici e politico-sociali è opportuno tenere presenti i diversi orientamenti e punti di vista. Essi sono oggetto di dibattito sia sul piano politico che ideologico.
IL PUNTO DI VISTA SCIENTIFICO La comunità scientifica è messa in crisi dal suo stesso avanzamento, poiché la Scienza non offre una prospettiva di controllo totale. Lo Scienziato finora non si è posto il problema della gestione delle sue ricerche e delle sue scoperte e non si è mai sentito responsabile dell’uso che si può fare della Scienza. Questo atteggiamento, che fa capo al vecchio presupposto che considera la Scienza apolitica e amorale, non è più sostenibile ed occorre trovare una via d’uscita, il che vuol dire un nuovo statuto epistemologico. Se l’Ecologia è la Scienza della Natura che ha bisogno di essere gestita dall’Uomo, essa si pone davvero a metà strada tra la cultura scientifica e quella umanistica e ciò può essere punto di partenza per nuove prospettive bioetiche.
IL PUNTO DI VISTA FILOSOFICO Una riflessione sul punto di vista filosofico potrebbe costituire una solida base per lo sviluppo di un nuovo orientamento positivo e culturalmente avanzato. La Filosofia, chiamata da Fichte (1762 - 1814): "Dottrina della Scienza" viene da lui intesa come il fondamento che rende ragione di tutte esperienze, pur essendo al di fuori di esse. Mi sembra, quindi, utile riportare qui un breve e sommario escursus storico per comprendere le ragioni, ovvero le strade percorse dal pensiero dell’Uomo, nella civiltà occidentale, e giungere ai punti di vista attuali per una loro possibile interpretazione. Nell’antica Grecia (VI/V secolo a. C.) il pensiero umano è stato improntato dal determinismo naturalistico, che ha influenzato l’atteggiamento umano fino all’età moderna. I filosofi greci guardano alla perfezione matematica come all’espressione più alta delle varie discipline scientifiche ed è per questo che solo l’astronomia è degna di essere considerata Scienza pura, in quanto perfetta, cioè rispondente ai principi geometrici più rigorosi e quindi universali. Tuttavia questi filosofi sono chiamati naturalisti (Scuole presocratiche) per i loro continui riferimenti all’aria, all’acqua, al fuoco ed alla terra, riferimenti che potremmo definire olistici e che ci fanno capire come essi osservano il divenire della Natura contrapposto all’Uomo, considerato indipendente dal mondo fisico naturale. Le Scuole presocratiche caratterizzano il periodo naturalistico vero e proprio, durante il quale, apprezzando la Natura, l’Uomo tende ad essere distaccato da essa esercitando la virtù della parsimonia, tanto raccomandata da Pitagora ai suoi Allievi come principio etico fondamentale della vita, principio che noi oggi potremmo chiamare equilibrato utilizzo delle risorse, impegno per il riciclaggio dei rifiuti, sviluppo sostenibile. Essi, al pari di letterati e poeti, seppero apprezzare le bellezze e le risorse naturali mostrando una sensibilità eccezionale, come ci testimoniano le loro opere. E’ Democrito di Abdera (460/459 - 360 a. Cr. - forse ultracentenario -) a postulare il determinismo cosmologico. Egli sostiene l’esistenza di atomi indivisibili ed infiniti immersi in uno spazio vuoto anch’esso infinito. L’aggregarsi e il disgregarsi degli atomi dà luogo ad una infinità di mondi che nascono e muoiono. Il materialismo metafisico di Democrito attribuisce ogni casualità alla materia che è discontinua e si offre così alla elaborazione intellettuale con un procedimento anticipatore del metodo scientifico moderno, sia pure con una mentalità assai lontana da quella attuale. Dal movimento degli atomi derivavano tutte le cose secondo un rigido meccanicismo deterministico con una concezione che si contrappone ad un mondo finito e limitato. Epicuro (341 - 270 a. C.) prima, in età ellenistica, e Lucrezio (91 - 55 a. C.) poi, in età romana, riprendono la concezione atomistica della Natura, concezione che ritorna in auge nel Rinascimento. Con Platone (427 - 347 a. Cr.) si ha una svolta sostanziale: il mondo fenomenico esiste solo ad imitazione delle idee, idee trascendenti, forme pure attraverso le quali si perviene alla vera conoscenza. Si separano i fenomeni fisici dalla realtà riconducendoli a principi e leggi trascendenti e divine. Eudosso (408 - 335 a. C.) propone un sistema cosmologico aderente alle idee correnti secondo le quali il moto dei pianeti doveva essere uniforme. Egli riesce a creare un modello costituito da quattro sfere concentriche alla terra, che sorreggono ciascun pianeta; con esso tenta di spiegare le irregolarità riscontrate nel moto dei pianeti e che non possono essere spiegate con il moto uniforme. Aristotele (384 - 322 a. Cr.) invece, mostra interesse per gli elementi naturali (piante, animali, rocce) che sono parti del mondo. L’Uomo comunque è al vertice di una rigida gerarchia e la sua presenza sulla terra è di gran lunga più importante e dominante in assoluto. Per lui la centralità della Terra è un punto fermo e fondamentale a cui faranno riferimento tutti coloro che si succederanno nello studio dell’Astronomia, adeguando in maniera artificiosa i fatti e le osservazioni a questa concezione. Ipparco di Alessandria (190 - 120 a. C.), riprendendo il modello di Eudosso, tenta di perfezionarlo e dopo di lui si impegna nella stessa operazione Claudio Tolomeo (100 - 178 d. C.), che introduce "l’eccentrico e l’equante". La sua interpretazione è accettata nonostante non riesca a giustificare pienamente il moto uniforme dei pianeti. E’ evidente come si tenti di trovare un modello che possa soddisfare l’esigenza di spiegare fatti e fenomeni partendo da idee preconcette. Teofrasto (372 - 287 a. Cr.), discepolo di Aristotele e suo successore nella direzione della Scuola peripatetica, fa un notevole passo avanti nel mostrare interesse per tutti gli esseri viventi ed in particolare per le piante, per alcune delle quali egli prevede la dipendenza da habitat specifici, ma la sua opera per la mentalità dell’epoca non ha molto successo. Il mondo greco, quindi, pur avendo raggiunto livelli elevati nel campo scientifico per aver dato illustri matematici e fisici, tuttavia non lascia eredità significative per quanto riguarda le conoscenze nel campo delle Scienze Naturali, ma potremmo intravedere in esso la capacità di cogliere principi etici fondamentali per la vita. Nel Medioevo il Cristianesimo si basa particolarmente sul pensiero di Sant’Agostino (354 - 430 d. Cr.), che, passato attraverso il manicheismo, lo scetticismo ed il neoplatonismo, si converte alla religione cristiana. In questo periodo è forte il richiamo all’interiorità, nella quale si scopre la certezza della propria esistenza e di quella di Dio. La forte tensione verso l’aldilà non fa scoprire la Natura che rimane estranea alla vita dell’Uomo. E’ Francesco d’Assisi(1182 - 1348), che con la sua grande umiltà, attraverso il famoso "Cantico delle creature", pone sullo stesso piano dell’Uomo tutto il "Creato" in un afflato fraterno di elevata spiritualità cristiana. La sua espressione, isolata ma assai significativa, sorprende tanto, per cui è stato proposto, in epoca moderna, protettore degli Ecologi e proprio ad Assisi, una quindicina di anni fa, è stata pure redatta una carta dei diritti della Terra. L’Umanesimo ed il Rinascimento intesi come epoche storiche comprendono un periodo che va dalla seconda metà del Trecento circa a tutto il Cinquecento, ma a noi interessano soprattutto per il tipo di cultura che le due correnti di pensiero rappresentano. In esse troviamo una nuova concezione della Natura legata ad una nuova interpretazione dell’Uomo (anche se non da tutti condivisa), che, nell’individualismo laico di Jakob Burkhardt, si pone come elemento di rottura con il Medioevo. L’Uomo come soggetto si contrappone all’oggettività del mondo e delle sue leggi, mondo e leggi che egli può singolarmente interpretare nello studio delle Scienze Naturali. Proprio in questo dualismo soggetto-oggetti molti storici intravedono un collegamento con la modernità. L’interesse per la cultura classica, del tutto peculiare dell’Umanesimo, acquista il carattere della riscoperta della storia dell’Uomo, storia vista nella sua realtà temporale e con distacco dal presente, il che consente il commisurarsi con il passato, ma non il confondersi con esso, e il riaffermarsi del senso critico. L’Umanesimo, inoltre, con l’amore per le humanae litterae, vede nel passato un modello, ma sollecita anche una rinascita, affinché ci sia una nuova cultura ad imitazione di quella antica, un vero "Rinascimento". La rottura con il Medioevo è drastica non tanto perché la nuova cultura si presenta molto diversa da quella del passato con il quale è in stretta continuità, ma piuttosto perché nuova è la sua interpretazione. La stessa religiosità non viene negata, ma risponde ad un modo completamente diverso di intendere la Divinità e la spiritualità. Il filosofo umanista Cusano rappresenta bene il pensiero essenziale del periodo rinascimentale, cui perviene elaborando in maniera originale i presupposti medioevali della conoscenza del divino. L’Assoluto è fuori di ogni possibile definizione umana e quindi di ogni conoscenza, ma il sapere empirico, così drasticamente separato da ciò che è infinito, fa comunque riferimento ad un ideale. L’esperienza non può contenere interamente questo ideale, ma solo un elemento di esso, per cui l’empirico e l’Infinito, nettamente separati, sono compartecipi l’uno dell’altro. Ecco quindi la nuova religiosità, che attesta la presenza di Dio nell’Uomo e nel mondo donde la nuova cultura che porta ad indagare sulla Natura, sulla Scienza, sul passato storico e su ogni comportamento umano, cercando in tutte queste cose il divino. Ciò si esprime anche nell’arte dove la prospettiva rappresenta l’infinito nel finito ed è un aspetto dell’azione dell’Uomo. La proporzionalità nel Medioevo è un elemento del creato, che si manifesta in tutta la sua bellezza; nella cultura umanistica è la mente umana che riduce il tutto a rapporti di grandezza e di "comparazione", quel tutto che assume caratteristiche prospettiche. La Natura non è più minacciosa, ma si pone armoniosamente come sfondo alla figura umana, poiché si è stabilito un nuovo rapporto con essa. Nel Rinascimento un grande rilievo assume il platonismo, che si ispira non solo a Platone, ma anche a tutta la tradizione neoplatonica, a quella pitagorica, orfica ed ermetica, facente capo quest’ultima ad Ermete Trismegisto (II e III secolo d. C.), i cui scritti danno un grande impulso alla magia naturale ed all’astrologia, magia dotta , accettata ed integrata con la rivelazione cristiana. Contrapposto al platonismo l’aristotelismo rinascimentale ha carattere più accademico e si sviluppa soprattutto a Padova. Si occupa della filosofia della Natura caratterizzata da forze che si attraggono e si respingono e quindi ancora con argomentazioni di tipo qualitativo. L’interpretazione della Natura rimane comunque un aspetto marginale al confronto di altri temi, quale, ad esempio, l’immortalità dell’anima e l’individualità e l’unità dell’Uomo. Nella scia del platonismo Tommaso Moro prospetta un nuovo ideale nella sua opera intitolata "Utopia", con la quale ci ha fornito un termine che vuol dire: "luogo che non è in nessun luogo". Dall’utopia dell’uguaglianza di Moro si passa all’utopia teocratica di Campanella, soprattutto nella "Casa del Sole", fino all’utopia tecnologica di Bacone in "La Nuova Atlantide", nella quale la conoscenza della Natura ha lo scopo di ampliare il potere dell’Uomo per una vita migliore Sia le opere utopiche sia le più realistiche, come quella del Machiavelli, sono legate al loro tempo e progettano uno Stato per una vita più giusta. Anche l’idea di una Terra non più centro dell’Universo, insieme alle idee di Democrito, dei Pitagorici, di Epicuro, di Lucrezio, di Platone, di Aristotele, ecc., hanno una grande diffusione nel Rinascimento. Nicolò Copernico (1473-1543) non è l’unico che, nel Cinquecento, contribuisce a modificare profondamente la visione del mondo, né possiamo ignorare i movimenti di pensiero che precedono quella che è stata chiamata "Rivoluzione Copernicana"; essa non è solo una rivoluzione scientifica, ma forse ancor più filosofica , alla quale apportano il loro contributo il filosofo Cusano così fortemente rivolto verso il tema dell’infinito, il platonismo ed il neoplatonismo con lo studio di Scienziati e Filosofi antichi, l’immagine di Dio creatore di un mondo con caratteristiche matematiche, spesso rappresentato nel sole, l’ermetismo magico e tutto ciò di cui è pervasa la cultura dell’epoca. In tutto il Rinascimento è presente un interesse per la Natura, legato alla nuova concezione dell’Uomo, visto come elemento intermedio tra Dio e il mondo, egli rappresenta un microcosmo che racchiude in sé gli elementi del macrocosmo; la sua "rinascita" gli consentirà di studiare la Natura , di interpretarla e di ordinarla. La concezione dell’Universo elaborata da Aristotele e poi da Tolomeo, assunta dalla teologia cristiana medievale come veritiera, si basa su un sistema costituito da sfere concentriche, sfere sublunari e sopralunari, con al centro la Terra: sistema geocentrico finito. Copernico è colui che per primo mina alla base questa concezione; egli, volendo semplificare i calcoli geometrico-matematici assai complicati che accompagnano la teoria di Tolomeo, parte dal presupposto che pone al centro dell’Universo il Sole, ma la sua cosmologia prevede ancora un Universo finito e formato da sfere cristalline. La teoria copernicana si completa nel tempo attraverso i contributi e le scoperte di altri scienziati. E’ Tycho Brahe (1546 - 1601) che, pur rifacendosi ancora al modello geocentrico, esegue una serie di misurazioni astronomiche e debella definitivamente l’idea dell’esistenza delle sfere cristalline. Successivamente il suo assistente, Keplero (1571 - 1630) non solo accoglie la teoria copernicana, ma si prodiga per perfezionarla e con le famose tre leggi che portano il suo nome, riesce a sovvertire l’idea del moto circolare ed uniforme dei corpi celesti, proponendo la forma ellittica per le orbite dei pianeti. La Natura comincia così ad essere studiata per ciò che è, liberata dai riferimenti metafisici e/o troppo generali, iuxtra principia propria, come dirà Bernardino Telesio (1509 - 1588), il quale però ammette ancora che i corpi sono animati in quanto dotati di sensibilità accogliendo la tesi del "panpsichismo", quella cioè dell’animazione dei corpi, assai diffusa nei circoli platonici. Un caso singolare ed unico è rappresentato da Leonardo da Vinci (1452 - 1519) che con la sua multiforme genialità si avvicina alla Natura attraverso l’esperienza e l’applicazione ad essa della matematica, ma non riesce ad andare oltre una lettura qualitativa dell’esperienza stessa. E’ Giordano Bruno di Nola (NA) (1548 - 1600), che dà una nuova idea filosofica della Natura, facendola scaturire direttamente da Dio infinito; l’Universo, di cui Dio è causa e principio, trascendente ed immanente ad esso, è unico ed infinito , animato da infinita vita e popolato da infiniti mondi costituiti da sistemi di stelle e pianeti, in cui è impresso un continuo cambiamento. Sebbene per Bruno sia ancora la magia che consente di individuare le parti del tutto, egli, sulle orme di Cusano, concepisce un Universo in cui tutte le parti si equivalgono, per cui nessun punto è il centro, e, superando anche l’eliocentrismo copernicano, toglie all’Uomo il privilegio di occupare una parte centrale del tutto. Al pari di Bruno il Campanella mostra interesse per la Natura animata e nella sua riflessione teologica inserisce elementi naturalistici e interviene a favore di Galileo Galilei durante il processo del 1633, mettendo a repentaglio ancora una volta la sua vita, per cui fu costretto a fuggire in Francia. Con Bacone (1561 - 1626), la Natura va studiata con un nuovo metodo, che è induttivo e capace di portare gradualmente l’uomo alla conoscenza dei principi generali a partire dall’esperienza. Quando si è conosciuta la Natura si possono produrre le "opere", che hanno un fine utilitaristico, ma mostrano anche la verità della Scienza. Il dominio totale della Natura, da lui auspicato per il bene dell’umanità, si raggiunge, dunque, attraverso la conoscenza, che si attua con l’indagine sperimentale - ma anche attraverso i prodotti dell’arte umana - e la elaborazione razionale. Per Bacone bisogna sgomberare la mente da ogni preconcetto e interpretare le "forme" dei fenomeni, perché solo così si potrà arrivare ad un vero e proprio "dominio" della Natura. Quest’ultimo concetto di assoggettare la Natura per "vincerla", per sottometterla" è giunto fino a noi e solo recentemente è stato superato con una visione che vuole una armonizzazione tra le esigenze umane e le leggi naturali. Il suo pensiero comunque offre un importante contributo all’interpretazione della Scienza e all’organizzazione della ricerca scientifica moderna. Nella stessa direzione va la proposta di una "classificazione generale delle scienze", integrando le ricerche umanistiche con quelle tecnico-scientifiche. Spetta a Galileo Galilei (1564 - 1642) il merito di avere pensato e poi applicato il metodo scientifico moderno, basato esclusivamente sull’osservazione e lo studio della realtà liberata da ogni legame con tutto ciò che poteva essere trascendente e non valutabile con l’esperienza diretta. Ma la stessa esperienza viene radicalmente ripensata e interpretata solo per gli aspetti quantitativi (grandezza, forma, moto, ecc. ), che sono ritenuti oggettivi, mentre viene liberata da quelle caratteristiche qualitative (colori, odori, suoni, ecc.), che sono ritenute soggettive e appartengono alla tradizione del passato e che per la fisica aristotelica - scolastica fanno parte di una forma o essenza capace di esprimere una certa finalità. Al di là delle sue scoperte, anche importantissime, la genialità del Galilei è legata proprio alla nuova concezione di una scienza autonoma, che gli consente di indagare e scrutare il mondo fenomenico anche con l’uso di strumenti appositamente costruiti. Con lui si ha un taglio netto con il passato del quale si può apprezzare tutto ciò che ha contribuito a raggiungere questa nuova visione. Nel portare avanti l’autonomia della scienza Galilei impegna tutta la sua vita e, senza disprezzare Aristotele, mette in ridicolo le affermazioni dei Peripatetici del suo tempo; inoltre affronta con grande determinazione la disputa sulla infallibilità della Bibbia, che non nega, ma interpreta separando nettamente i dogmi della fede dalle acquisizioni scientifiche. La Bibbia non ha lo scopo di spiegare i fenomeni naturali e, inoltre, usa un linguaggio figurato, che non può essere interpretato alla lettera, ma dovrà essere riferito ai dati scientifici disponibili. Le sue concezioni non convincono gli ecclesiastici dell’epoca pur essendo già riscontrabili negli scritti di S. Agostino e di S. Tommaso. Essi sono preoccupati della possibilità che la Bibbia venga assoggettata alla ricerca scientifica e vedono in questo un pericolo ancora maggiore del "libero esame" dei protestanti. Con Galilei non solo abbiamo una nuova moderna visione della scienza, ma anche un maggiore impulso per la ricerca scientifica, che, iniziata nell’antica Grecia in maniera brillante, relativamente ai tempi, e con risultati che ancora oggi ci stupiscono, ha subito per oltre 1500 anni un rallentamento che ci appare inspiegabile ed in parte si può pensare di giustificare, almeno per il medioevo, con le persecuzioni che venivano inflitte a coloro che elaboravano idee diverse da quelle ufficiali. Cito come esempi la condanna al rogo di Giordano Bruno, avvenuta a Roma in Campo di Fiori il 17 febbraio del 1600, i due processi di Galilei del 1616 e del 1633, la condanna a morte che Tommaso Campanella riuscì ad evitare fingendosi pazzo e che gli fu commutata in ben 27 anni di detenzione, che scontò nelle carceri napoletane dal 1599 al 1626. Bacone, Cartesio, ma soprattutto Galilei, che si può considerare il primo epistemologo della scienza moderna, mettono in moto un processo irreversibile; da quel momento il cammino della scienza comincia ad avere una certa accelerazione, che diventa sempre maggiore fino a diventare convulsa negli ultimi venti anni ed addirittura incontrollabile oggi. Le affermazioni di Democrito su una ipotesi atomistica della materia, rigettata per secoli, viene ripresa da Isaac Newton (1642 - 1727) e Robert Boyle (1627 - 1691), che pubblicano alcuni articoli in cui affermano la natura atomica degli elementi; successivamente Dalton (1766 - 1844) formula una ipotesi sull’esistenza degli atomi. Si sviluppa così la chimica e nello stesso modo si fanno progressi in vari ambiti scientifici. Aumentano quindi le discipline e le ricerche specialistiche diventano sempre più spinte. Il discorso sulla Natura viene incanalato in diverse direzioni. L’ambito dell’ecologia e dell’ambientalismo , che è quello che ci interessa, verrà trattato come seconda parte nel prossimo numero di questa rivista.
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