Il Parco Naturale Regionale dei Monti Lucretili: natura, archeologia, medioevo a 30 km da Roma
“Velox amoenum saepe Lucretilem mutat Lycaeo Faunus” (Il veloce Fauno cambia spesso col Lyceo l’ameno Lucretile), Orazio, Libro I, Ode XVII. Dagli ozi della sua villa è facile per il poeta immaginare che Fauno preferisca lasciare il monte Lyceo in Arcadia per i monti Lucretili.
Il Parco Regionale dei Monti Lucretili, istituito dalla regione Lazio nel 1989, è piacevole da esplorare in ogni stagione; a circa 30 chilometri a nord-est di Roma si può camminare in un ambiente naturale senza incontrare nessuno o quasi, fra comodi sentieri e carrarecce, valli più o meno profonde, rocce scoscese, creste arrotondate, ampi altopiani.
(sentiero monti Lucretili)
L’ambiente è preappenninico, vi si trovano diversi tipi di formazioni calcaree che testimoniano la complessa storia geologica di questo territorio che 200 milioni di anni fa era ricoperto dalla Tetide e costituiva una zona di transizione tra il mare profondo e quello poco profondo che ricopriva Lazio e Abruzzo. Le forze orogenetiche che hanno modellato i monti sono ben evidenti. Le cime più alte sono il monte Pellecchia (1368 m), e il monte Gennaro (1271 m) ben visibili dalle zone più elevate di Roma.
(Monte Pellecchia)
I fenomeni carsici sono diffusi: numerose doline si trovano sugli altopiani del monte Gennaro e sul monte Pellecchia; nel comune di Percile si trovano i suggestivi “Lagustelli”, laghetti formati da doline di crollo. Ė possibile raggiungerli con una comoda passeggiata in piano di circa un’ora lungo una carrareccia che costeggia pascoli, prati, aree da pic-nic, casali restaurati, boschi di querce, aceri ed ornielli. Il primo laghetto, a malapena visibile fra la vegetazione, è il piccolo Marraone dalla forma ad imbuto. Qui gli uccelli acquatici fanno il nido indisturbati.
(lago Marraone)
Continuando sulla sterrata per un centinaio di metri circa, si trova il secondo lago, il Fraturno, piacevolmente ombreggiato da pioppi, querce e conifere, ricco di piante acquatiche di cui si nutrono pesci ed anfibi. Anche questo lago occupa il fondo di una dolina, più ampia e meno profonda della prima.
(lago Fraturno)
La vegetazione del parco ha risentito dell’impatto dell’uomo che ha sfruttato il territorio fin dalla preistoria soprattutto per il pascolo; nonostante ciò è molto interessante e varia sia per la diversità degli ambienti che vanno dai rilievi montuosi alle valli, alle colline ed agli altopiani, sia perché ci troviamo in una zona di transizione tra la zona appenninica e quella mediterranea. Il leccio vi è ben rappresentato insieme a fillirea, mirto, cisto, terebinto, roverella, carpino nero, cerro. Oltre gli 800 m invece prevale il faggio; le faggete sono bellissime e nonostante in passato siano state intensamente sfruttate è ancora possibile incontrare esemplari centenari.
(Faggeta)
Vi si trovano poi alcune specie relitte e specie tipiche della zona balcanica come lo Storace (Styrax officinalis) che in Italia è presente solo sui monti Lucretili e sui vicini monti Tiburtini. Localmente è chiamato “Mella bianca” e il suo fiore è stato scelto come simbolo del Parco. Vi cresce anche l’albero di Giuda (Cercis siliquastrum), originario anche questo di areale balcanico, in Italia si trova allo stato spontaneo solo in pochi luoghi dell’Appennino.
(Albero di Giuda)
La flora erbacea è molto ricca e soprattutto in primavera è possibile ammirare la fioritura di ben 60 specie di orchidee, oltre che un iris endemico (Iris sabina) e il giglio martagone.
Il pascolo brado è stato praticato fin dalla preistoria ed ha influenzato la vegetazione in alcune zone in cui prevalgono arbusti come il prugnolo, il biancospino, la rosa selvatica, il rovo, il pero selvatico e piante erbacee non appetibili come l’asfodelo giallo, l’elleboro e il verbasco. Ancora oggi le vacche e i cavalli bradi al pascolo si possono incontrare facilmente lungo i sentieri del Parco.
(Vacche brade)
La fauna selvatica comprende l’istrice, il tasso, il riccio, il cinghiale, molte specie di roditori come lo scoiattolo, la talpa e il quercino, il moscardino, il ghiro, la lepre, diverse specie di carnivori come la volpe, la donnola e la faina. Sporadicamente è stata segnalata anche la presenza del lupo. Sono presenti molte specie di rapaci, fra questi una coppia di aquile reali che fino a pochissimi anni fa nidificava sulle rupi del monte Pellecchia.
Numerose sono le testimonianze archeologiche disseminate nel Parco: rovine di fortificazioni preistoriche, terrazzamenti di epoca romana, antichi monasteri, santuari, castelli ed insediamenti medioevali, in alcuni casi ben conservati in altri in rovina come la rocca di Montefalco presso Monteflavio
(Rovine di Montefalco)
o la Madonna dei Ronci, un eremo del XIII secolo raggiungibile con un’escursione a piedi da Vicovaro o da San Polo.
(Madonna dei Ronci)
I resti della villa di Orazio nel comune di Licenza sono una tappa interessante. Il poeta la ricevette in dono da Mecenate nel 33 a.C., era composta da 12 stanze e da un piccolo impianto termale. Da qui il poeta scrisse probabilmente molte delle sue odi. “Satis beatus unicis Sabinis” (Felice abbastanza dell’unica villa sabina). Libro II, Ode XVII.
(villa di Orazio)
I comuni del Parco sono 13, parte in provincia di Roma e parte in quella di Rieti, piccoli paesi medioevali arroccati intorno ai loro castelli fatti costruire da famiglie della nobiltà romana. Nelle zone collinari gli olivi sono ancora intensamente coltivati e l’olio extravergine D.O.P. è uno dei vanti della Sabina, insieme alle ciliegie di Palombara Sabina.
Nel territorio del parco, a San Polo dei Cavalieri, il principe Federico Cesi possedeva il castello che nel 1603 divenne la prima sede dell’Accademia dei Lincei da lui fondata insieme ad altri tre scienziati con lo scopo di indagare le scienze della natura.
Per maggiori informazioni, iniziative ed itinerari di visita consultare il sito del Parco: http://www.parcolucretili.it/