Il 28 febbraio e il 1 marzo si è tenuta nel Palazzo del Capitano del Popolo da poco restaurato la seconda edizione di Orvieto Scienza, quest’anno sul tema “ Scienza e Diritto”. Vi hanno partecipato numerosi studenti della città e del territorio, docenti, ricercatori, scienziati, giornalisti scientifici.
http://orvietoscienza.majoranaorvieto.org/
Orvieto Scienza è ormai un appuntamento annuale , organizzato dalla scuola e per la scuola, imperniato su un tema d’interesse generale rivolto oltre che al mondo scolastico, all’ambiente scientifico, al territorio, alla società civile. Sono invitati a dare il loro contributo al tema prescelto esperti provenienti dalla ricerca, dalle università, dal mondo delle professioni. Si chiede poi agli studenti delle scuole superiori, che partecipano attraverso reading o interventi strutturati insieme ai loro docenti, un apporto di riflessione. Da quest’anno Orvieto Scienza ha bandito anche tre concorsi,
intitolati al grande giornalista scientifico Romeo Bassoli da poco scomparso, aperti ad un pubblico più vasto: un concorso di fotografia naturalistica, uno per il migliore documentario scientifico breve e, ma solo per quest’anno, uno per creare il logo di Orvieto Scienza.
Gli interventi dei relatori hanno messo a fuoco l’intreccio Scienza – Diritto: cosa accade quando la scienza esce dai laboratori e, trasformandosi in norme di legge, si trasferisce nella vita quotidiana?
Telmo Pievani ( Università di Padova) ha parlato di un caso che sta facendo epoca: nel 1951 ad una donna americana di colore, Henrietta Lacks, malata di cancro all’utero, furono prelevate alcune cellule tumorali che sono diventate la prima linea cellulare umana nella ricerca oncologica ( cellule HeLa). Oggi che i genetisti stanno pubblicando il suo genoma, i pronipoti protestano ( pur 60 anni dopo) per la violazione della privacy familiare ed anche perché, non avendo chiesto allora ad Henrietta il consenso al prelievo delle sue cellule, gli scienziati di tutto il mondo se ne sono serviti ampiamente per i loro lavori.
C’è un problema forse ancora più ardito: è quello di una roboetica pensata per il post-umano, periodo della storia che si sta affacciando alla ribalta. Questione sollevata da Giuseppe O. Longo (Università di Trieste) pensando ad una società in cui dovranno convivere uomini, uomini OGM ( in cui sono state fatte precise scelte genomiche), simbionti uomo-macchina ( cyborg sempre più perfetti), robot e la “rete” che aspira a unire umani e macchine “ in una creatura planetaria e supersocietaria dotata di intelligenza connettiva”.
Nella sfera del post-umano si è collocato anche il contributo di Amedeo Santosuosso (Università di Pavia e Presidente di European Centre for Law, Science and New Technologies, ECLT) che ha parlato dei recentissimi strumenti elettronici utili nel programmare meglio la vita, ma anche capaci di limitare, e molto, la libertà. Anzi, la definizione di “essere umano“ può essere talmente manipolata, e con essa quella di libertà, da rendere un’illusione l’autonomia personale. Passando a parlare di robot e simili, Santosuosso suggerisce il problema degli ‘emuloidi’che potrebbero raggiungere una sensibilità tale da diventare oggetto di diritto e quindi aprire una nuova pagina nella storia della legge.
Il prof. Pellizzoni ( Università di Trieste) ha parlato invece di cittadinanza scientifica cioè “la piena e soddisfacente partecipazione dei cittadini alle vicende della scienza nel momento in cui essa esce dal proprio ambito istituzionale per incontrare la società nel suo complesso…”. Se c.s. è questo, siamo tutti d’accordo, ma se cominciamo a declinare cosa sia questa “ piena e soddisfacente partecipazione” si apre un vaso di Pandora. La c. s. infatti è diritto-dovere ad una dignitosa educazione scientifica, ad una divisione dei compiti tra chi fa scienza e chi decide sugli esiti pubblici dell’attività scientifica. Cittadinanza scientifica è anche saper dirimere consensi e conflitti, troppo spesso vissuti sotto l’effetto di emozioni che con la scienza non hanno proprio nulla a che fare.
Molto seguita è stata la relazione di Chiara Ceci ( Royal Society, London) che ha illustrato le attività delle Learned Societies inglesi, cioè le associazioni costituite da accademici e da esperti in una data disciplina che, tra i tanti compiti, favoriscono la circolazione del sapere organizzando conferenze scientifiche, presentando nuove ricerche o pubblicando riviste e libri.
Un obiettivo di queste società, tra cui la prestigiosa Royal Society londinese, è anche rivolto ad arricchire la cultura scientifica dei politici inglesi. La Royal Society infatti lavora a stretto contatto con il Parliamentary Office of Science and Technology e il Parliamentary and Scientific Committee, due uffici presenti a Westminster ( come negli altri parlamenti del UK) con lo scopo di fornire consulenze alla classe politica su tematiche scientifiche e tecnologiche.
L’intervento di Chiara Ceci, oltre al suo interesse intrinseco, è servito di base agli organizzatori di Orvieto Scienza per la formulazione a chi di dovere della richiesta dell’istituzione in Italia di un’Authority scientifica analoga, che metta ordine tra le miriadi di comitati e commissioni nominate ad ogni occasione dal ministro di turno, aiutando non solo la cittadinanza a capire le questioni scientifiche rilevanti, ma anche la classe politica a fare il suo lavoro di scelta consapevole, guidata da esperti di chiara fama e, una volta tanto, al di sopra delle parti.
Il contributo del prof. Carlo A. Redi ( Università di Pavia) ha riguardato i media e la scienza negata.
Dice Redi, nel consenso generale: “I problemi di comunicazione della scienza ai “lay people” costituiscono un problema latu sensu politico. Il rischio di fraintendimenti non sta tanto nella cattiva volontà o nelle capacità di chi divulga ma nella recettività di chi ascolta, la cui mente è bombardata da messaggi molto eterogenei, discordanti e superficiali, su che cosa è la scienza e così nella mente del cittadino comune tutto si affastella, dalle responsabilità per aver tranquillizzato e non allarmato per il terremoto dell’Aquila, a mucca pazza, ai cambiamenti climatici, agli OGM, tutto finisce in un calderone dove non si capisce più nulla riguardo alle responsabilità di ciascun attore (decisore politico, divulgatore, scienziato).”
Molto apprezzato dal pubblico è stato il lavoro degli studenti del liceo Maiorana di Orvieto ( il liceo da cui parte l’idea e l’organizzazione di Orvieto Scienza ) “ Per una carta dei diritti dei senzienti”, presentato da alcuni di loro che lo hanno preparato durante numerosi incontri pomeridiani. Chi sono i ‘senzienti’? Gli esseri umani, gli animali, perché no gli extraterrestri, ma forse anche dei robot perfetti – e per ora immaginari – che potrebbero acquisire una qual forma di coscienza. Tutti costoro diventerebbero soggetti di diritti e gli studenti si sono sforzati di attribuirglieli, ma poi il loro interesse è tornato alla specie umana e alle tematiche drammatiche del fine vita, espresse attraverso le parole di Piergiorgio Welby.
Nel 2015 il tema di Orvieto Scienza verterà sull’importanza che ha la ricerca scientifica di base per lo sviluppo culturale, economico e politico di un paese.
Verità, questa, che tutte le nazioni civili conoscono bene, tant’è che il livello di sviluppo si misura proprio dal capitale investito in ricerca. In Italia, tanto per cambiare, le cose non stanno così ed è dagli anni ’60 che i nostri investimenti nel settore sono andati sempre più calando: eppure, questo è emerso dagli interventi e dai dati forniti, i nostri scienziati sono ancora tra i migliori. Un esempio viene dall’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, che opera tra l’altro nel settore delle alte energie e che l’anno prossimo dovrebbe pilotare la programmazione della terza edizione di Orvieto Scienza, insieme al comitato organizzatore e agli studenti dell’emerito liceo “Ettore Maiorana”.
Alessandra Magistrelli
(Comitato Organizzatore di Orvieto Scienza: Bruno Bertolini, Peppe De Ninno, Pietro Greco, Alessandra Magistrelli, Adele Riccetti )