DONNE, SCIENZA E STEREOTIPI
Secondo uno studio pubblicato su Science (Gender stereotypes about intellectual ability emerge early and influence children’s interests) condotto da ricercatori dei dipartimenti di psicologia e filosofia delle università di New York, dell’Illinois e di Princenton già a sei anni le bambine iniziano a ritenere i maschi più intelligenti, più brillanti, più smart, I ricercatori hanno arruolato 96 bambini e bambine, 48 maschi e 48 femmine, di 5, 6 e 7 anni, di una piccola città del Midwest degli Stati Uniti sottoponendoli a una serie di test. Nel primo, a tutti i bambini è stata raccontata la breve storia di una persona molto intelligente, evitando qualunque indicazione sul sesso del protagonista. A cinque anni, la probabilità di associare l’intelligenza a un personaggio del proprio genere è stata simile nei due sessi. Ma a sei e sette anni, le bambine si sono dimostrate significativamente meno propense rispetto ai loro coetanei maschi ad associare quel giudizio al proprio genere. In una successiva serie di questionari, i bambini hanno dovuto indicare quali di quattro ragazzi di una famiglia immaginaria, due maschi e due femmine, “ottiene i voti migliori a scuola.” In questo caso non c’è stata differenza significativa tra le bambine più grandi e quelle più piccole nell’associare a persone del loro stesso genere il successo a scuola. I risultati secondo Science indicano una tendenza ”preoccupante”, dato che le aspirazioni di carriera dei ragazzi e delle ragazze sono modellate sulla base di stereotipi di genere. Nel nostro Paese questo è piuttosto evidente se si guarda al rapporto tra donne e scienza: alle scuole elementari e anche in seguito le performance delle bambine sono migliori di quelle dei maschi anche in matematica o in fisica, ma quando si tratta di scegliere il loro futuro le ragazze seguono stereotipi classici, pur avendo lo stesso equipaggiamento intellettuale.
Solo il 5% delle quindicenni italiane sogna di intraprendere una carriera scientifica, e le ragazze che all’università scelgono discipline Stem (Scienza, Tecnologia, Ingegneria e Matematica) sono in Italia decisamente meno numerose dei ragazzi. In particolare al numero dei neoingegneri e neoinformatici le donne rappresentano poco più del 20% del totale. Su scala più globale, stando a dati Unesco solo il 30 per cento dei ricercatori scientifici di tutto il mondo è di sesso femminile, una percentuale che sta crescendo negli anni, ma è ancora molto lontana dal pareggio.
Nonostante in Europa il numero di donne con un titolo di laurea stia crescendo in media a un tasso maggiore rispetto quello degli uomini (4,4% all’anno tra il 2003 e il 2012, contro il 2,2% degli uomini nello stesso periodo), le laureate in materie scientifiche e tecnologiche rappresentano ancora solo l’1,1%, meno della metà del numero di uomini laureati nello stesso settore, che costituiscono invece il 2,3% (fonte Eurostat).
Secondo il rapporto She Figures 2015 della Commissione Europea sulla parità di genere in Europa nell’ambito delle scienze e dell’innovazione, l’evoluzione della proporzione femminile in posizioni accademiche di rango elevato tra il 2010 e il 2013, conferma che le donne continuano ad essere in minoranza nelle posizioni apicali del settore dell’educazione avanzata. In particolare nel 2014, tra i 22 paesi oggetto di analisi, in 14 paesi le donne rappresentano meno del 40% dei consigli scientifici e amministrativi, nonostante dal 2010 si sia registrato un leggero incremento delle quote rosa.
Anche nelle pubblicazioni scientifiche le donne sono disciminate.
Uno studio di Nature Astronomy su 200mila articoli scientifici pubblicati, dal 1950 a oggi, nelle più prestigiose riviste astronomiche evidenzia un pregiudizio di genere: tra gli articoli citati, c’è un sistematico 10 per cento in più di articoli scritti da primi autori uomini rispetto a quelli scritti da prime autrici donne: storicamente la situazione è migliorata rispetto agli anni ‘70, quando il differenziale di citazioni toccava ben il 40 per cento, ma i miglioramenti negli ultimi anni sono così lenti che, al passo con il quale le cose cambiano, ci vorranno generazioni per raggiungere l’imparzialità di genere. L’autrice Angela Iovino è presidente del Cug Inaf (Comitato unico di garanzia per le pari opportunità, la valorizzazione del benessere di chi lavora e contro le discriminazioni).
Molto resta da fare secondo Elissavet Vozemberg, membro della commissione sui diritti delle donne del Parlamento Europeo e promotrice del rapporto approvato all’unanimità lo scorso 14 Luglio, Cracking the Glass Ceiling for Science and Technology.
http://science.sciencemag.org/content/355/6323/389
https://ec.europa.eu/research/swafs/pdf/pub_gender_equality/she_figures_2015-final.pdf