Il piano scuola presentato da Renzi il 3 settembre scorso comprende, tra l’altro, i criteri generali per la formazione iniziale dei docenti. E’ un aspetto che non poteva mancare in un progetto che ha l’ambizione di ridefinire e rilanciare la professionalità docente.
Il tema è sviluppato al punto 1.8 del piano ed è intitolato “per chi da grande vorrà fare l’insegnante”. Viene dichiarata la necessità di una procedura unica per il conseguimento dell’abilitazione, basata sulla combinazione di due momenti. Il primo dovrà riguardare la formazione universitaria mentre il secondo consisterà in un tirocinio di sei mesi a scuola.
Nella prima fase, quella della formazione universitaria, si prevede che l’aspirante docente si iscriva, nel proprio ramo di specializzazione, ad un biennio specialistico improntato alla didattica, a numero chiuso, durante il quale seguirà corsi di didattica e di pedagogia e, in generale di materie mirate alla formazione e crescita dei ragazzi. Si prevede inoltre che specifici bienni specialistici funzionino anche per materie affini, per evitare di istituirne uno diverso per ogni diverso tipo di laurea oggi esistente.
Sembra quindi che nelle intenzioni del governo ci sia un’Università i cui ordinamenti dovranno prevedere percorsi finalizzati non solo a formare ipotetici ricercatori universitari , come è adesso, ma anche a preparare buoni insegnanti di scuola secondaria. Chi intende dedicarsi all’insegnamento dovrà infatti, necessariamente, iscriversi ad un biennio specialistico che comprenda didattica delle discipline e materie psico-socio-pedagigiche. Ne risulterà un’inevitabile attenuazione del disciplinarismo che caratterizza la formazione degli insegnanti di oggi e del passato ma al contempo la costruzione, è auspicabile, del “sapere insegnare”.
Nella seconda fase il piano del governo prevede che l’aspirante docente, definito “quasi-abilitato” in virtù della sua laurea specialistica, realizzi un tirocinio di sei mesi a scuola durante il quale assisterà l’insegnante “mentor” e contribuirà a svolgere alcune attività nella scuola. Al termine del tirocinio l’aspirante insegnante otterrà l’abilitazione solo se riceverà la valutazione positiva della scuola, altrimenti dovrà ripetere il tirocinio in una seconda scuola. Nel caso poi di una seconda bocciatura, dovrà abbandonare l’aspirazione all’insegnamento.
Grazie quindi all’introduzione di discipline didattiche e pedagogiche nel biennio specialistico il tirocinio viene dimezzato, dagli attuali 12 a sei mesi. Questo fatto, unitamente al numero chiuso per l’accesso al biennio specialistico, dovrebbe determinare un forte ringiovanimento dei docenti italiani.
Attilio Pasqualini
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