Sottogruppo di lavoro n. 7B

Coordinatore:isp. Alberto Alberti

Moderatore. Isp. Carlo Petracca

 

 

 

Scuola di base

 

 

 

1.- Base fondativa del curricolo (art. 1 e art. 3 della legge 30/2000)

Fondamento. - Appare indiscutibile che a fondamento del curricolo debba essere posta la finalità indicata dalla Legge 30/2000: "Il sistema educativo di istruzione e formazione è finalizzato alla crescita e valorizzazione della persona umana" (art.1).

Partendo da ciò si delinea un quadro di finalità generali da assegnare al sistema educativo che discendono dalla Costituzione, dalle Dichiarazioni Internazionali sui diritti dell’Uomo e del Fanciullo, dalle norme del nostro ordinamento giuridico.

I valori costituzionali, oltre che contenuti da insegnare e da testimoniare, sono criteri ineliminabili per la scelta dei curricoli e per il loro sviluppo. Tocca al legislatore delegato esplicitare sobriamente le implicazioni di questi valori, lasciando poi alle scuole la responsabilità di formulare scelte di obiettivi educativi e didattici, di contenuti e di metodi che, entro quel quadro generale, consentono il concreto sviluppo delle "persone umane", loro affidate dalle famiglie e dalla società civile .

In una prospettiva di recupero e sviluppo della migliore esperienza fatta dalle nostre scuole (innovazione non vuol dire rinnegare il passato), si suggerisce anche di fare riferimento a quanto già indicato nella Premessa ai Programmi della scuola media del 1979 (D.M. 9-2-1979) e alla Premessa ai Programmi della scuola elementare del 1985 (DPR 12.2.1985) .

La base fondativa del curricolo richiede, quindi, una mappa delle finalità ancorata ai seguenti punti:

- crescita e valorizzazione della persona umana;

- elevazione del livello di educazione di ciascun cittadino e generale di tutto il popolo italiano;

- formazione dell’uomo, del cittadino e del lavoratore;

- potenziamento della capacità di ciascuno e di tutti di partecipare ai valori della cultura, del lavoro, della civiltà e della convivenza sociale, e di contribuire al loro sviluppo;

- rimozione delle cause che ostacolano il libero e pieno sviluppo della persona umana;

- organizzazione programmatica e ordinamentale degli interventi educativi tale che siano rispettati i principi dell’unitarietà, della progressività, della continuità, dell’orientamento.

Finalità, obiettivi generali, obiettivi specifici. Un primo problema si è posto: come coniugare, in merito a finalità, obiettivi generali e obiettivi specifici, quanto viene richiesto dalla legge 30/2000 e dall’art. 8 del DPR 275/99?

Si ritiene che gli "obiettivi generali del processo formativo" (che ai sensi dell’art. 8 del DPR 275/99 devono essere stabiliti dal Ministro) debbano coincidere con il quadro delle finalità generali indicate dalla legge 30/2000 in quanto derivano dal dettato costituzionale, evocano finalità strategiche e orizzonti valoriali condivisi e determinano la tenuta del sistema di istruzione e formazione, nazionale e pubblico

Il curricolo si fonda, anche sugli "obiettivi specifici di apprendimento relativi alle competenze degli alunni" previsti dall’art. 8 del DPR 275/99 .

Si ritiene che anche tali obiettivi debbano essere indicati dal Ministro, mentre resta ancora vivo il dibattito intorno al "concetto" di competenza ed a chi spetti indicarle: alle scuole ("è compito sovrano delle scuole") o al Ministro? (vedi oltre, n.5)

Tale questione può essere affrontata al momento della stesura dei curricoli disciplinari. Per ora si può convenire che anche "gli obiettivi specifici di apprendimento relativi alle competenze degli alunni" devono essere posti a fondamento del curricolo e che per la loro definizione si debba fare riferimento a quelli previsti, per la scuola di base, dalla legge 30/2000, all’art 3, comma 2, lettere a) — f)

Il consenso su tali punti si accompagna alla preoccupazione per un rischio ampiamente verificatosi per molti dei "programmi" del passato: che non si creino le condizioni per un’adeguata applicazione di tali "finalità, obiettivi generali e specifici" e che essi restino, quindi, semplici declamazioni di intenti.

Un modo per rendere vincolanti e praticabili tali obiettivi generali è quello di stabilire una forte linearità di impianto, coerente e a cascata, fra questi principi e le successive indicazioni che, nel complesso, definiscono i "criteri generali per l’organizzazione del curricolo", sempre previste dall’art.8 del DPR 275/99).

¨ Inoltre, valori costituzionali ed orizzonti di senso si innestano nella storia concreta da cui ciascuno proviene, restano una questione di esperienza educativa della comunità scolastica, familiare e locale in cui crescono gli alunni. Essi devono essere indicati, ma non si impongono per decreto, sono sempre questioni da progetto educativo di istituto o di classe. Giusto indicarli, ma non illudersi che ci siano perché indicati. Bisogna far comprendere alle scuole che la posta si gioca nel concreto

¨ Infine, si sostiene che le finalità educative più generali su cui si fonderà il curricolo, debbano raccordarsi con il "profilo di uscita" di scuola considerato .

 

I criteri generali del curricolo. Per quanto riguarda i "criteri generali" relativi alla costruzione del curricolo pare opportuno aggiungere a quelli illustrati in seduta plenaria dei gruppi 7a, 7b e 7c (essenzialità, storicità, problematicità, progressività, flessibilità ,ecc.), anche:

- continuità "virtuosa" con il passato (collegamento con la migliore tradizione delle due scuole elementare e media);

- linearità d’impianto ovvero coerenza tra obiettivi generali, obiettivi specifici e le discipline/attività del curricolo;

- concretezza realizzativa, ovvero: "fattibilità", "leggibilità sociale" (generale, non solo per gli addetti ai lavori), "sostenibilità" da parte dei docenti.

- generatività del curricolo

 

2.- Assetto curricolare (ambiti, discipline)

Ambiti, discipline, articolazioni. Il punto di partenza è la norma (art. 3, legge 3/2000) che prescrive:

- "un percorso educativo unitario ed articolato in rapporto alle esigenze di sviluppo degli alunni";

- "un progressivo sviluppo del curricolo mediante il graduale passaggio dagli ambiti disciplinari alle discipline"

Appare improprio indicare in via generale un curricolo distinto in due parti: "ambiti" nella parte iniziale del settennio e "discipline" nella parte terminale. Si osserva che una scansione rigida predeterminata a livello centrale, può comportare il rischio di rompere l’unitarietà prescritta, riproducendo la storica separazione tra la scuola elementare e la scuola media.

Va considerato il fatto che, ogni volta che la norma prende in considerazione la composizione degli ambiti (art. 5 L. n.148/90; art. 4 DPR 275/99), ne attribuisce il compito alle singole scuole.

Se si intendono gli "ambiti" come modalità di ordine didattico operativo e come modalità di apprendimento, il passaggio ambiti/discipline riguarda più verosimilmente il rapporto tra soggetto che apprende e oggetto dell’apprendimento. Rapporto non esclusivo dei primi anni del ciclo, ma da estendere a tutto il settennio.

Il passaggio ambiti/discipline pertanto non coincide con - o comunque non esaurisce - il problema delle articolazioni interne del ciclo di base. Viene avanzata a questo proposito anche la distinzione tra "saperi procedurali" e saperi "dichiarativi", individuando nei primi il baricentro dei primi anni del settennio, in modo da spostare verso la seconda parte del ciclo di base la preoccupazione di sistemare gli oggetti di conoscenza per scaffali disciplinari (o meglio per grandi aree). Per veicolare un’idea gnoseologica (formativa) della disciplina si propone che questa sistemazione avvenga in un tempo disteso di almeno quattro anni.

In ogni modo, in merito alla distinzione "procedurale versus dichiarativo" si concorda che le conoscenze sono sempre e procedurali e dichiarative insieme, e che il rinnovamento della scuola potrà effettivamente verificarsi soltanto nella misura in cui il sapere procedurale diventerà un aspetto fondamentale sempre in stretto rapporto con i saperi dichiarativi.

 

Mappa disciplinare. Quanto agli oggetti che entrano a far parte del curricolo, si parte dall’ipotesi, contenuta nel documento "Appunti di lavoro...", fornito dall’Amministrazione, secondo cui le aree o dimensioni disciplinari sarebbero 4 e cioè:

- dimensione linguistica

- dimensione scientifica

- dimensione espressiva

- dimensione storico-sociale

Con tutta evidenza c’è qui un riferimento al noto dibattito sulle due o tre culture (umanistica, scientifica e storico-sociale) e all’emergere di una zona nuova di interessi culturali connessi alla espressività, multimedialità, pensiero simultaneo, ecc.

Su questa mappa, diversi interventi avanzano rivendicazioni di spazi:

  1. per l’insegnamento delle scienze (segnalando che l’attuale sviluppo delle scienze naturali e sperimentali deve far superare la tradizionale riduzione della scienza all’ambito matematico),
  2. per lo sviluppo del "pensiero tecnologico", da non confondere con le nuove tecnologie dell’informazione (che va coltivato a tutti i livelli di scuola, dall’infanzia all’università, per riscattare la pratica di un insegnamento che corre il rischio di degenerare in puro ammaestramento);
  3. per la "comunicazione multimediale" (che però potrebbe costituire un’attività trasversale a tutte le discipline);
  4. per la musica, per l’educazione motoria, per le forme di conoscenza nuove, di tipo "sintetico", "simultaneo", per le materie artistiche, disegno, storia d’arte, ecc.

Si raccomanda anche il superamento delle tradizionali gerarchie tra discipline di serie A (umanistiche), di serie B (scientifiche) o di serie C (tecnologiche), o la separazione tra discipline considerate "teoriche" e discipline considerate "operative".

 

Criteri. Numerose le considerazioni di carattere generale da cui si possono ricavare criteri per la costruzione del curricolo:

  1. premesso che le discipline scolastiche non sono le discipline scientifiche o accademiche, gli oggetti dell’apprendimento vanno considerati per il loro valore formativo (i saperi non servono per produrre scienza o piccoli scienziati, ma per produrre formazione). Detto in altro modo: le discipline vanno considerate quali fonti di insegnamento ed è dall’incontro di discipline, come repertori di saperi codificati, con i saperi del singolo che si genera la ricostruzione dei saperi personali ad alto indice di formalità;
  2. gli oggetti dell’apprendimento (ambiti/discipline) vanno individuati in coerenza con le finalità, gli obiettivi generali e specifici assegnati alla scuola di base;
  3. l’impostazione dei curricoli deve essere fondata su una chiara visione dei profili d’uscita attesi per gli studenti allo scadere di termini significativi;
  4. quale che sia il formato che la materia assume nell’ambito del curricolo, i materiali devono essere di provenienza disciplinare in tutti gli anni del ciclo;
  5. per evitare il ritorno indietro, al già visto dei programmi, bisogna rifarsi al dibattito sui saperi essenziali.

 

Soggetto e oggetto. L’assetto curricolare va visto dalla parte del soggetto che apprende. Pertanto:

  1. nel momento iniziale del curricolo, per alcuni, non è corretto prendere in considerazione separatamente le "quattro dimensioni" prima indicate, ma piuttosto occorre partire da una visione olistica della conoscenza e dagli aspetti di "trasversalità" che sempre la caratterizzano; per altri ci vuole un insegnamento multidisciplinare, difficilmente distinguibile in singole materie.
  2. la proposta curricolare deve riguardare tutte le fasce di età, dalla scuola d’infanzia al ciclo secondario,
  3. tutto il settennio del ciclo di base, dalla prima all’ultima classe, si deve far carico dell’intero "cerchio" dei saperi.

Si richiama qui quanto già è stato detto per "ambiti", "discipline", saperi "procedurali" e saperi "dichiarativi"

 

Aspetti organizzativi. L’assetto curricolare non può essere definito una volta per tutte e lasciato vivere in abbandono. Occorre che l’organizzazione della didattica (attività, oggetti, azione/i dei docenti) sia concepita come una continua ricerca dell’assetto migliore, ricerca che va sostenuta da parte dell’Amministrazione, con opportune strutture operative di supporto.

La formazione degli insegnanti va correlata al profilo professionale che emerge dall’organizzazione didattica.

 

3.— Progressività, continuità, discontinuità. Articolazione dell’intero percorso dai 3 ai 18 anni

La progressività del curricolo assicura l’unitarietà della formazione dai 3 ai 18 anni, nella graduale differenziazione imposta dai "ritmi dell’età evolutiva, delle differenze e delle identità di ciascuno" (L. 30/00).

L’articolazione del curricolo prevede una dialettica tra continuità e discontinuità, con la dovuta attenzione pedagogica ai punti di passaggio e tenendo conto che finora il nostro sistema scolastico ha sofferto per la "discontinuità".

In una logica di verticalità in chiave unitaria (dai 3 ai 18 anni):

  1. le articolazioni vanno viste come cerniera e non come punto di divisione;
  2. il curricolo va pensato in modo da evitare sovrapposizioni di contenuti e "perdite di tempo";
  3. la dimensione pluridisciplinare va ad attenuare il ricorso continuo a progetti trasversali.

Due esempi di strutturazione dei curricoli nella logica della verticalità sono stati forniti per la storia e per l’insegnamento scientifico.

¨ Per la storia si prospettano tre fasi: a) la prima attenta alla "grammatica" della disciplina e cioè agli strumenti che ne permettono la conoscenza; b) la seconda alla "sistematica" cioè alla conoscenza organica della materia; c) la terza ai "percorsi" che consentono approfondimenti particolari. Le tre fasi coprono l’intero percorso di istruzione (la fine dell’obbligo coinciderebbe con la conclusione della fase b, della conoscenza sistematica);

¨ Per l’insegnamento delle scienze si propone: a) multisciplinarità nel ciclo di base (6-12 anni) senza distinzione di materie e con il denominatore comune "discipline sperimentali" o "educazione alla scienza"; b) due insegnamenti distinti nei primi due anni del ciclo secondario; c) differenziazione disciplinare nell’ultimo triennio.

In una prospettiva di continuità/discontinuità con il passato, sembra utile anche rileggere i programmi della scuola elementare e media in chiave curricolare verticale, recuperando quanto vi è di positivo ma anche sottolineando gli elementi di novità.

Sinteticamente, per rappresentare il curricolo può servire un quadrilatero che ha nei quattro vertici: 1) le discipline, 2) le epistemologie e le didattiche disciplinari, 3) le scienze dell’educazione ed in particolare la psicologia dell’apprendimento, 4) la riflessione sulla sperimentazione didattica.

 

4.— Ipotesi di articolazione del settennio di base .

Come s’è detto, le articolazioni vanno viste come cerniera e non come punto di divisione. Sono state avanzate e argomentate diverse ipotesi di articolazioni del settennio:

2+2+2+1

3+4

2+5

1+5+1

Ovviamente se ne potrebbero fare tante altre, una per ogni possibile scomposizione del numero 7, e tutte con qualche loro argomentata validità. Ciò vuol dire che nessuna può essere ritenuta valida in assoluto.

Nel regime di autonomia, spetterà alle singole scuole stabilire le articolazioni, sulla base di criteri nazionali che dovrebbero far riferimento:

a) alle ragioni dello sviluppo dei soggetti in apprendimento,

b) alla considerazione degli oggetti di apprendimento,

c) all’assetto istituzionale e didattico.

I punti a) e b) vanno visti in stretta interrelazione. Infatti la progressività/continuità del curricolo nella scuola di base non può prescindere da una costante tenuta sotto controllo del rapporto soggetto in formazione/oggetto di apprendimento. I due termini non possono essere considerati mai separatamente.

Si richiama perciò qui quanto detto sopra, a proposito di ambiti e discipline, saperi procedurali e dichiarativi (vedi n.2).

Partendo dallo stesso orizzonte d’attenzione, è stato sostenuto che l’assetto curricolare non debba essere determinato da una scansione temporale predefinita unica (3+4; 2+2+2+1, 2+5, ecc.), ma debba seguire una differenziazione verticale connessa alle modalità di approccio al conoscere proprie del bambino che, del resto, possono essere diverse da un’area disciplinare (o da una disciplina) all’altra. Per esempio, la progressione nell’area motoria è diversa da quella che si verifica in altri settori dell’apprendimento. Si propone, pertanto una progressione differenziata per discipline detta "a canne d’organo" in modo che il passaggio dagli ambiti disciplinari alle discipline non avvenga universalmente in uno stesso anno del ciclo, ma sia dettato dalle esigenze del bambino che apprende e dallo statuto epistemologico delle discipline

Per il contesto istituzionale e didattico (punto c), c’è in primo luogo da tener conto della collocazione del ciclo di base, tra scuola dell’infanzia e ciclo secondario, che comporta due particolari momenti di attenzione, all’inizio e alla conclusione del ciclo (ma la formula 1+5+1 non è condivisa da tutti).

¨ Una questione cruciale, nel breve e medio periodo, è la composizione del gruppo docente, in rapporto all’esigenza di ricollocare insegnanti provenienti dall’ex scuola elementare e dall’ex scuola media.

La circostanza, si suggerisce da qualcuno, non deve essere vissuta come un problema, ma come una opportunità, per ripensare il senso e la portata della professione docente in modo che le due tradizioni didattiche, la tensione al sapere disciplinare dell’ex media e l’istanza ecologica dell’apprendimento trasversale dell’ex elementare, possano comporsi virtuosamente in una "docenza plurima".

A livello nazionale si dovrebbero fornire criteri per la composizione di tale docenza plurima (per esempio, sulla possibilità di impiegare docenti dell’ex scuola media e dell’ex scuola elementare rispettivamente negli anni iniziali o finali del ciclo; sulla struttura di laboratori; ovvero sul numero massimo di docenti per classe o gruppi di classi, ecc.).

Si ritiene che si debba evitare il perverso meccanismo delle "cattedre" (rigido e portatore di dispersione di risorse) e favorire, piuttosto, forme di progettualità dove tutti i soggetti possano esprimere le proprie competenze con pari dignità

La scansione dei compiti deve essere sorretta da una valenza più psicologica (relativa al rapporto con la didattica, per il docente, e al superamento della concezione degli "stadi" di sviluppo, per l’alunno) che sindacale amministrativa.

¨ Si afferma, inoltre, che per l’articolazione del settennio è necessaria una analisi "coraggiosa" dell’esistente (per esempio dagli eccessi dell’organizzazione "modulare" delle elementari, che produce modelli didattici frettolosi, frammentari e sovraccarico di stimoli, per altro troppo fugaci per lasciare un segno duraturo e che a volte porta alla pletoricità immotivata di docenti, sei/sette per modulo). Profittando proprio del nuovo "design" offerto dalla scuola di base, i primi due/tre anni potrebbero caratterizzarsi per una semplicità/continuità di presenze e per una delimitazione dei compiti formativi.

Per il futuro occorre studiare la possibilità di un ruolo unico per docenti di scuola di base, individuando responsabilità comuni, differenziazioni progressive, nuove modalità di lavoro insieme e anche spazi fisici adatti.

 

5.- Quota nazionale e quota della scuola

Il problema riguardante il ruolo della scuola nella definizione della competenze su cui impostare i curricoli, va collegato alla tematica su obiettivi generali, specifici, competenze (vedi n. 1).

Una ipotesi argomentata rimette al Ministero la indicazione degli "obiettivi specifici di apprendimento" ed alle scuole la definizione delle "competenze" e dei "nuclei fondanti". Altri affermano che è compito del Ministero definire sia "gli obiettivi specifici di apprendimento" che le "competenze degli alunni", mentre alle scuole resta il compito (non di secondaria importanza) di definire procedure di apprendimento, strategie didattiche, scansioni di percorsi, etc.

L’art. 8 del D.P.R. 275/99, c 3, nel prevedere una quota di curricolo nazionale implicitamente ne affida al Ministro tutti gli elementi: obiettivi, competenze, contenuti, standard, etc.

In merito al rapporto quota nazionale/quota riservata alle scuole del curricolo obbligatorio, si ritiene che, per non vanificare nella sostanza l’autonomia, la quota riservata alle scuole debba essere più ampia di quella che attualmente esse hanno a disposizione (15%).

D’altra parte è molto diffusa l’idea che la quota riservata alle scuole non debba essere troppo ampia per non perdere l’omogeneità dell’offerta formativa sul piano nazionale, per salvaguardare comunque l’identità culturale nazionale e per evitare difficoltà e disagi in caso di trasferimento di un alunno da un istituto all’altro.

La proposta, avanzata principalmente per il ciclo secondario, di una aderenza da parte delle scuole al curricolo nazionale pari al 60% e di un curricolo di scuola obbligatorio pari al 40% (diviso tra 20% in cui gli studenti optano per discipline stabilite nel curricolo nazionale obbligatorio di indirizzo e il 20% in cui gli studenti optano dentro le proposte di compensazione stabilite a livello di scuola), non è distante dalle esigenze espresse in questo gruppo.

La "quota riservata alle scuole" dovrebbe peraltro variare a seconda dei segmenti scolastici e della loro articolazione interna (sempre con le dovute cautele, per evitare confusioni e difficoltà organizzative).

 

6 - Il ruolo delle scuole oggi

Ma le scuole che fanno in questi mesi? - Si vuole esprimere, con questo interrogativo, l’esigenza che le scuole siano coinvolte maggiormente, già in fase di elaborazione della riforma.

Non solo è auspicabile che sia ascoltata la loro voce, come è accaduto in precedenti occasioni, ma si dovrebbe anche invitarle a provare, a sperimentare, a inventare, persino, come si può attuare questa riforma ("che sorta di protagonismo sarà mai quello che viene circoscritto alla discussione di un documento ministeriale?).

A tale scopo sono state avanzate diverse ipotesi di avvio immediato, a cominciare dagli istituti comprensivi (e non solo). A esse si accompagna la richiesta di prevedere strutture di supporto, orientamento e monitoraggio.

 

7 - Edilizia

Ma in quali edifici frequenteranno gli studenti? - Le proposte fatte sono:

- le strutture edilizie devono essere funzionali rispetto agli standard curricolari per ogni ciclo (non certo a ogni ciclo il suo edificio!);

- il biennio obbligatorio della secondaria deve essere dislocato il più vicino possibile ai luoghi di provenienza degli alunni;

- gli istituti secondari "comprensivi" (quelli che hanno accorpato più tipologie (Licei, Istituti tecnici, Istituti Professionali, etc.) possono essere incrementati. Faciliterebbero le "passerelle";

- unificazione delle biblioteche (di istituto, di presidenza, di classe,..);

- utilizzo in comune degli impianti sportivi della scuola e degli enti locali evitando duplicazioni di strutture.

 

Sebbene non si debba giudicare la novità di una scuola dagli edifici in cui opera, ci sono perplessità, anche di natura funzionale e strutturale circa la collocazione della futura scuola di base nelle attuali sedi della scuola elementare e media. Il problema della localizzazione degli edifici chiama in causa gli Enti Locali. Ma l’Amministrazione scolastica dovrà svolgere un’azione congrua, anche fornendo criteri tecnici e organizzativi, affinché si giunga a piani territoriali di distribuzione del servizio scolastico un po’ meno empirici di quelli che hanno governato l’attuale localizzazione delle scuole.

 

8.- Altro

Fra le altre questioni poste nel gruppo e non sufficientemente dibattute, anche perché comuni ad altri gruppi e magari da rimandare a momenti successivi dell’elaborazione dei curricoli (concetto di competenze e di nuclei fondanti; libri di testo; tempi di implementazione), c’è anche la domanda "chi deve inventare il nuovo sapere per la nuova scuola?" che vuol essere un pressante invito a stimolare la ricerca didattica.