Sottogruppo di lavoro n. 7a

Coordinatore: isp. Mario Maviglia

Moderatore. Isp. Italo Fiorin

 

 

Scuola dell’infanzia

 

1. SPECIFICHE FINALITÀ E IDENTITÀ DELLA SCUOLA DELL’INFANZIA

Le finalità della scuola dell'infanzia non possono che scaturire dalle più generali finalità indicate all'art. 1 della Legge n.30/2000 e riguardanti l'intero sistema educativo di istruzione e formazione. In tale articolo il riferimento principale è dato dalla persona umana, per la crescita e la valorizzazione della quale la scuola deve operare. La centralità del soggetto in evoluzione, considerato nella completezza delle sue dimensioni costitutive, della sua identità, dei suoi ritmi di crescita e della sua collocazione sociale e culturale, diventa il punto privilegiato e generativo del curricolo.

Da questo punto di vista la scuola dell’infanzia assume un peculiare carattere di fondatività; infatti è al suo interno che viene avviata la rielaborazione concettuale delle esperienze e dei vissuti attraverso i quali viene costruito l'incontro con i saperi formalizzati, vengono potenziati i processi di simbolizzazione, viene perseguita la acquisizione di competenze sociali, interpretative, creative, motorie e capacità di tipo procedurale, viene infine favorita la progressiva conquista dell'autonomia.

Ogni discorso sull'articolazione e lo sviluppo dei curricoli deve dunque tenere conto del carattere fondativo della scuola dell'infanzia rispetto all'intera architettura del sistema scolastico.

Il curricolo della scuola dell'infanzia, proprio perché centrato sulle esigenze di crescita del bambino, non si colloca in una relazione semplicemente cronologica nei confronti del ciclo successivo, ma pone le basi per lo sviluppo delle varie dimensioni della personalità. Si ha, così, una riconferma della prospettiva assunta dagli Orientamenti '91, che, a proposito delle finalità di questo grado scolastico così si esprimono: <<La determinazione delle finalità della scuola dell'infanzia deriva dalla visione del bambino come soggetto attivo, impegnato in un processo di continua interazione con i pari, gli adulti, l'ambiente e la cultura. In questo quadro, la scuola materna deve consentire ai bambini e alle bambine che la frequentano di raggiungere avvertibili traguardi di sviluppo in ordine alla identità, all'autonomia ed alla competenza.>>

La legge sul riordino dei cicli, all'art. 2, si pone in piena sintonia con le finalità degli Orientamenti, ribadendo il carattere di vera scuola di questo primo momento curricolare. Vi si afferma, infatti, che la scuola dell'infanzia concorre allo sviluppo affettivo, cognitivo e sociale dei bambini e delle bambine dai tre ai sei anni, promuovendone le potenzialità di autonomia, creatività, apprendimento e operando per assicurare una effettiva eguaglianza delle opportunità educative.

Il termine "potenzialità" riconferma il carattere plastico e dinamico dello sviluppo infantile, cui deve corrispondere un ambiente educativo di qualità tale da promuovere e favorire tali caratteristiche.

Anche il riferimento alla "creatività" e all’"autonomia" rammenta l’esigenza di tenere "aperto" e flessibile l’approccio ai saperi e alla dimensione metodologico-didattica, in un ambiente di apprendimento ricco di linguaggi e di forme di rappresentazione e comunicazione. Il richiamo all’uguaglianza delle opportunità, e quindi alla prevenzione dello svantaggio, deve inserirsi pienamente in questa prospettiva, che trova nella dimensione dell’accoglienza dell’intero contesto educativo (spazi, tempi, materiali, relazioni ...) uno degli elementi più qualificanti del patrimonio pedagogico e culturale della scuola dell’infanzia.

Una caratteristica peculiare di questo grado scolastico è quella di essere riuscito a coniugare armoniosamente le dimensioni dell’accoglienza e cura con le componenti cognitive, affettive e relazionali del bambino.

 

2. RACCORDI CON I SERVIZI ALL’INFANZIA E LA SCUOLA DI BASE

La complessiva ridefinizione del sistema scolastico, così come emerge dalla legge di riforma, implica una maggiore attenzione alle connessioni e ai raccordi nel quadro di una riorganizzazione coerente dell’intero percorso formativo. La prospettiva delineata dalla riforma assume infatti la continuità come "concetto ordinatore", in base al quale identificare obiettivi formativi e competenze da sviluppare longitudinalmente, in riferimento ai "traguardi irrinunciabili" definiti a livello nazionale.

La scuola dell’infanzia colloca in una prospettiva evolutiva i vissuti e le esperienze del bambino, mediandoli culturalmente all’interno di un contesto sociale ed educativo che favorisce la progressiva costruzione delle conoscenze. In tale dimensione, la continuità impegna la scuola di base a proseguire questo viaggio che bambini e bambine hanno già iniziato fin dal primo anno della scuola dell’infanzia, sul piano curricolare, organizzativo, metodologico e professionale.

La revisione dei curricoli persegue anche l’obiettivo di strutturare un percorso di istruzione unitario e progressivo che accompagni l’allievo dalla scuola dell’infanzia alla conclusione dell’intero percorso formativo. In tale prospettiva, il processo di insegnamento/apprendimento dovrà tener conto delle specifiche forme di apprendimento in relazione alla fascia di età: da un legame forte con la contestualità dell’esperienza diretta si passa via via a forme più pronunciate di decontestualizzazione e di simbolizzazione. Occorre dunque tenere presenti non solo il "senso" dei contenuti simbolici ma anche il loro rapporto con il "vissuto" dei bambini.

Il curricolo dovrebbe risultare una realtà dinamica, scandita in senso diacronico, secondo tappe non rigidamente intese, senza forti discontinuità tra l'ultimo anno della scuola dell'infanzia e il primo anno della scuola di base, tale da favorire una osmosi di tipo organizzativo, metodologico e relazionale tra le due realtà.

In una prospettiva di raccordo la scuola dell'infanzia può, infatti, offrire un contributo originale al tema del curricolo e delle competenze L'interpretazione del curricolo propria della scuola dell'infanzia è particolarmente attenta alle dimensioni contestuali dell'apprendimento e alle modalità della mediazione didattica, non limitando la preoccupazione curricolare alla semplice trasmissione dei saperi degli adulti. Inoltre la particolare attenzione data al valore della "coerenza", intesa in senso orizzontale (come attenzione alle articolazioni di spazi, tempi, risorse, coinvolgimento delle varie figure professionali, rapporti tra dichiarazioni di intenti e vita quotidiana…), può diventare preziosa se intesa anche in senso verticale, nel raccordo con la scuola di base.

La "sperimentazione" di significative forme di raccordo con la scuola di base non deve comunque far perdere di vista il carattere triennale dell’articolazione del curricolo della scuola dell’infanzia.

Una particolare attenzione va data anche al raccordo con le esperienze educative precedenti e parallele del bambino; tale attenzione dovrebbe tradursi nella elaborazione di specifici progetti di collaborazione, in particolare per quanto concerne il contesto familiare e l’asilo nido.

 

3. GENERALIZZAZIONE DELLA SCUOLA DELL’INFANZIA

La Legge di riordino dei cicli all’art. 2 stabilisce che la Repubblica assicura la generalizzazione dell'offerta formativa e garantisce a tutti i bambini e le bambine, in età compresa tra i tre e i sei anni, la possibilità di frequentare la scuola dell'infanzia. Analoga espressione si ritrova nella Legge 62/2000 che tratteggia il profilo del sistema pubblico integrato.

Sul piano istituzionale il principio della generalizzazione sancisce l’importanza della scuola dell’infanzia nell’ambito del sistema di istruzione e si correla — sul piano educativo - alla consapevolezza della fondatività di tale istituzione. Il carattere fondativo della scuola dell’infanzia implica l’obbligo per la Repubblica di garantire a tutti i bambini e le bambine la possibilità di frequentarla.

L’obiettivo della generalizzazione va inteso non solo in senso quantitativo, atteso peraltro che i di tassi di frequenza sono già molto alti, anche se fortemente differenziati a livello nazionale, ma va accompagnato necessariamente ad una politica di qualificazione del servizio. Occorre puntare dunque ad una generalizzazione di qualità in cui sia esplicitato e perseguito l’intreccio tra massima espansione del servizio e qualificazione dell’offerta formativa.

Il conseguimento dell’obiettivo della generalizzazione implica:

• la conoscenza dell’effettivo livello di scolarizzazione, delle risposte delle istituzioni e delle effettive frequenze in relazione alle diverse fasce di età e in riferimento alle diverse zone geografiche del Paese anche per realizzare eventuali interventi compensativi;

• l'obbligo da parte dello Stato di istituire proprie scuole per dare concreta risposta alle richieste di iscrizioni che non trovano accoglienza;

• una ricognizione precisa ed accurata in ordine allo stato dell’edilizia scolastica e l’adozione di un piano pluriennale di interventi finalizzati al miglioramento e potenziamento delle strutture e dei servizi necessari per garantire l’effettivo esercizio del diritto all’educazione e un’offerta educativa di qualità;

• la garanzia di adeguati servizi di supporto (mensa, trasporti …) nell’ambito del nuovo quadro normativo delineato dal D.Lvo 112/98;

• la definizione di standard di qualità per tutte le istituzione scolastiche che accolgono bambini di 3-6 anni, comprese quelle non statali che intendono aderire al sistema nazionale di istruzione previsto dalla Legge sulla parità scolastica n. 62/2000;

• la realizzazione, in riferimento alle diverse situazioni territoriali, di interventi perequativi finalizzativi al rispetto degli standard di qualità fissati a livello nazionale.

Il richiamo alla Repubblica, quale titolare dell’impegno/potestà della generalizzazione, conferisce una particolare solennità a tale obiettivo, ma perché esso diventi operativo occorre tradurlo in un adeguato piano di interventi (politici, finanziari, amministrativi).

 

4. CRITERI GENERALI PER LA COSTRUZIONE DEI CURRICOLI

Una delle istanze di maggior rilievo che sembra guidare l'attuale fase di ripensamento dei curricoli è quella della essenzializzazione. Come intendere tale orientamento, se applicato alla scuola dell'infanzia? Non può solamente implicare l'idea di semplificazione e di alleggerimento dei contenuti ma deve cercare di dare risposta a ciò che è considerato irrinunciabile. Allora il criterio rimanda a quella che può essere considerata la principale "fonte" del curricolo (ossia la centralità della persona umana, secondo quanto detto all’art. 1 della legge sui cicli), da intendersi non in termini generici ma considerata nella concretezza dei riferimenti alla personalità dei bambini e delle bambine di 3-6 anni.

Merita, in ogni caso, una particolare attenzione la nozione di competenze applicata alla scuola dell'infanzia. Si tratta di promuovere quelle capacità che stanno alla base di ogni forma genuina di apprendimento, e cioè la capacità di elaborare, organizzare, ricostruire l’esperienza in maniera personale e di tradurre tale costruzione in forme fruibili da altri. Tale capacità di fondo ha a che fare con la crescita della soggettività del bambino, il suo divenire sociale, l’affinarsi di capacità intellettuali secondo un processo che non può essere promosso per compartimenti stagni, ma proponendo situazioni di esperienza che lo coinvolgono emotivamente, che sollecitino la sua mente, che lo spingano a immaginare e a riflettere, che lo invitino a socializzare, condividendoli con altri, i frutti delle sue elaborazioni.

Un curricolo per la scuola dell’infanzia deve proporre al bambino situazioni di esperienza coinvolgenti, che sorreggano e stimolino i suoi interessi e accolgano il suo spirito di iniziativa, nelle quali, attraverso la mediazione dell’adulto e l’apporto dei pari, ciascun bambino abbia la possibilità di potenziare le abilità evolutive irrinunciabili. Un curricolo per la scuola dell’infanzia dovrebbe presentarsi nella forma di un progetto che, tenendo conto delle caratteristiche e delle peculiarità dei bambini che ha di fronte, dell’ambiente sociale di riferimento, delle risorse disponibili, dichiari ed espliciti attraverso quali proposte, attività, esperienze, strategie educative intende assicurare che tutti i bambini possano potenziare quelle capacità che appaiono essere aspetti irrinunciabili dello sviluppo.

In tale prospettiva le competenze non potranno essere rinchiuse in contenitori disciplinari, ma dovranno mantenere una forte trasversalità.

L'articolazione dei contenuti per "campi di esperienza", propria degli "Orientamenti", sembra ancora adatta ad introdurre i bambini lungo i sentieri della conoscenza, del gusto estetico, del piacere di raccontare ed ascoltare, della passione a discutere e sperimentare. In questo modo, come si può vedere, la scuola dell'infanzia non è estranea ai grandi temi della cultura e dei "saperi" (che non possono certo identificarsi con le discipline di studio).

L’articolazione del curricolo in una quota nazionale e in una quota riservata alle singole istituzioni dovrebbe poter consentire alle scuole di meglio rapportare i loro interventi alle specifiche situazioni di contesto.

 

5. MONTE ORE ANNUALE OBBLIGATORIO DELLA SCUOLA DELL’INFANZIA E CALENDARIO SCOLASTICO

a) Monte ore annuale

Nella definizione dell’orario obbligatorio annuale (comprensivo della quota nazionale di curricolo e della quota riservata alle singole istituzioni scolastiche), va ribadito che tale orario deve rispondere ad esigenze di ordine educativo-formativo (ossia essere funzionale allo sviluppo del curricolo) e che vada definito in relazione al benessere psico-fisico dei bambini e alla qualità del progetto educativo della scuola.

Considerando dunque l’azione formativa svolta dalla scuola dell’infanzia, azione che si esplica nei tempi da dedicare all’accoglienza, nelle relazioni, nelle attività ricorrenti di vita quotidiana, nella realizzazione delle indicazioni curricolari previste dagli Orientamenti, un orario scolastico medio di 35-40 ore settimanali - distribuite su 5 giornate - sembra costituire un’ipotesi soddisfacente sotto questo profilo. Pertanto, il monte ore annuale potrebbe oscillare tra 1150 e 1300 ore (tenendo come riferimento un calendario equiparato a quello degli altri gradi scolastici).

Va ribadito quindi che le ore settimanali non possono essere mediamente inferiori alle 35, salvo particolari problemi contingenti (comunque da risolvere in tempi definiti). Andrebbe condotta, da questo punto di vista, una puntuale ricognizione in ordine all’esistenza di tali situazioni e ai motivi che ne hanno determinato la nascita.

Appare necessario, a questo proposito, rendere coerente il quadro delineato dall’autonomia scolastica (in modo specifico per quanto concerne l’esercizio della flessibilità nell’adozione dei modelli orario di funzionamento delle scuole) con il quadro normativo già esistente. In particolare, il comma 1 dell’art. 104 del D.Lvo 297/94 merita un’attenta rivisitazione sia per quanto concerne la proposizione di modelli orario giornalieri rigidi, sia per quanto riguarda l’eccessiva divaricazione oraria che comporta tra i vari modelli di funzionamento (fino a 50 ore settimanali).

In ogni caso, fintantoché non verranno riviste le norme vigenti, occorre sottolineare che tempi di funzionamento diversi da quelli indicati sopra, in particolare per quanto concerne i prolungamenti d’orario oltre le quaranta ore settimanali e l’eventuale apertura della scuola nella giornata del sabato, devono rispondere ad effettive esigenze dell’utenza (esempio: attività lavorativa di entrambi i genitori, oppure l’esistenza di particolari problemi familiari), da documentare in fase di iscrizione dei bambini. Andrebbe condotta un’azione conoscitiva sulla effettiva consistenza del fenomeno (anche per i risvolti che può avere nella definizione degli organici) e una più esplicita azione di controllo sia in fase di attivazione che di funzionamento di questo servizio. Periodicamente andrebbero effettuate delle verifiche in ordine alla sussistenza dei motivi che hanno determinato il prolungamento d’orario e in merito alla effettiva frequenza dei richiedenti (di cui va definito il numero minimo per poter attivare e mantenere il servizio). Le scuole che adottano questo modello orario dovrebbero comunque poter fruire di risorse aggiuntive in termini di quote di organico funzionale. Una più precisa regolamentazione è comunque auspicabile e necessaria anche per disinnescare una serie di potenziali conflitti tra genitori e docenti proprio in ordine alla concezione e funzionamento di questo servizio.

In ogni caso la gestione di questi momenti deve soddisfare le esigenze di benessere psico-fisico dei bambini e rispondere a criteri di funzionalità didattica, in armonia con il più generale progetto educativo delineato dalla scuola nell’ambito del Piano dell’offerta formativa.

b) Il calendario scolastico

Pur nella considerazione della sua specificità, l’organizzazione del calendario scolastico delle scuole dell’infanzia deve orientarsi nel senso della omogeneità con gli altri ordini e gradi di scuola. D’altro canto questa è una delle richieste più frequenti emerse nell’ambito della consultazione sulla linee di sviluppo della scuola dell’infanzia promossa lo scorso anno dal Ministero della P.I. L’equiparazione del calendario scolastico può costituire un elemento che rafforza il senso di appartenenza ad un sistema formativo effettivamente unitario. L’apertura della scuola dell’infanzia fino alla fine di giugno, con frequenze spesso molto al di sotto della media, avvalora e sostiene atavici pregiudizi nei confronti del "servizio", con inevitabili ripercussioni sulle impressioni dei bambini stessi e delle famiglie e con conseguenze discriminanti in ordine all’esercizio della professionalità docente.

 

6. QUOTA NAZIONALE E QUOTA RISERVATA ALLE ISTITUZIONI SCOLASTICHE

La definizione di una quota di curricolo riservata alle singole istituzioni scolastiche – così come previsto dall’art. 8 del Regolamento dell’autonomia – costituisce un’ulteriore possibilità per le scuole dell’infanzia di adeguare la propria offerta formativa alle esigenze evolutive dei bambini e di tener conto delle opportunità offerte dal territorio. Il Regolamento dell’autonomia sottolinea che questa quota "comprende le discipline e le attività" liberamente scelte dalle scuole nell’ambito del loro Piano dell’offerta formativa. La scelta di tali attività consente dunque alle istituzioni scolastiche di meglio contestualizzare la loro azione educativa in relazione alle specifiche variabili ambientali

Va però detto che nella scuola dell’infanzia il problema della definizione del monte ore annuale delle singole attività costituenti la quota nazionale del curricolo e la correlativa definizione della quota riservata alle istituzioni scolastiche presenta una sua oggettiva complessità.

Infatti, considerata la particolare realtà della scuola dell’infanzia, alla cui definizione del curricolo intervengono sia saperi espliciti e formali (desumibili dai campi di esperienza), sia situazioni non immediatamente riferibili ai campi di esperienza - come, ad esempio, le attività ricorrenti di vita quotidiana - ma che tuttavia svolgono un ruolo non secondario nel processo di apprendimento e di socializzazione del bambino, appare improponibile una rigida suddivisione oraria scandita per singoli campi di esperienza, ancorché considerata nella sua articolazione annuale. Ci si verrebbe a trovare infatti nella difficile situazione di dover quantificare per legge le ore da destinare alle attività ricorrenti di vita quotidiana (come la consumazione del pasto o l’uso dei servizi igienici), attività che contribuiscono a qualificare la scuola dell’infanzia come "ambiente di vita, di relazioni e di apprendimenti".

La proposta che realisticamente può essere fatta è dunque quella di esplicitare il panorama delle attività che la scuola dell’infanzia è tenuta a curare e a sviluppare nei bambini, e di sollecitare le istituzioni scolastiche a dare un equilibrato spazio ad ognuna delle attività previste in un articolato progetto che sviluppi tutte le dimensioni della personalità del bambino.

Data dunque la particolare struttura curricolare della scuola dell’infanzia, così come si è consolidata nel corso di questi anni, e che vede nei campi di esperienza, nel curricolo implicito e nelle varie attività a forte valenza formativa, gli elementi di maggiore significatività, si ritiene che la quota di curricolo riservata alle istituzioni possa essere intesa in differenziati modi:

Si ritiene inoltre che la determinazione della quota riservata alle istituzioni vada intesa in termini non rigidamente fissati, allo stesso modo, per i diversi cicli scolastici, ma considerata anche in relazione alla diversa specificità dei singoli momenti del percorso 3-18 anni. Per quel che concerne la scuola dell’infanzia, ad esempio, si ritiene che possa essere prevista una quota pari al 30%, per consentire alle scuole di meglio di caratterizzare la loro identità culturale, educativa e didattica e per dare loro l’opportunità di stabilire una più forte interazione con l’ambiente di riferimento.

 

7. VALUTAZIONE E CERTIFICAZIONE IN RELAZIONE AGLI OBIETTIVI SPECIFICI DI APPRENDIMENTO

Sul tema della valutazione la scuola dell’infanzia, specie nell’ultimo decennio, ha sviluppato un suo specifico punto di vista dal quale è opportuno muovere.

Si tratta di una concezione - confermata peraltro dagli esiti della consultazione nazionale a suo tempo condotta dal Servizio per la Scuola Materna (C.M. 4094/95) - che si riferisce ad un’idea di valutazione formativa, attenta alle variabili di contesto, orientata allo sviluppo e intesa come "guida" all’azione didattico-educativa dei docenti, anche tramite specifici percorsi di partecipazione ai genitori.

In particolare, la valutazione relativa agli obiettivi specifici di apprendimento è interpretata all’interno di un sistema complesso, aperto, dinamico, finalizzato ad una lettura qualitativa dei processi formativi, strettamente raccordata alle effettive condizioni di realizzazione di tali processi.

Tale concezione, in sintonia con quanto espresso negli Orientamenti, pone al centro dell’attenzione la fluidità e la dinamicità dello sviluppo infantile, assumendo come presupposto della valutazione il carattere decisamente contestualizzato ("situato") dell’apprendimento. L’idea è che, anche a scuola, il contesto che si costruisce intorno al bambino rappresenta un fattore essenziale per lo sviluppo di tutte le dimensioni della personalità. E’ la costruzione di un ambiente didattico di qualità che pone le basi per il pieno successo formativo di ogni bambino. Occorre dunque accertare che ogni scuola sia in grado di assicurare un’offerta educativa tale da garantire effettivamente a tutti i bambini che la frequentano adeguate possibilità di sviluppo nelle aree individuate come irrinunciabili.

In altri termini, lo sviluppo e l’apprendimento del bambino dipendono in modo formidabile dal sistema di richieste, di concrete possibilità e situazioni, dai valori, dalle effettive esperienze e relazioni che il contesto offre.

In tale ottica, una valutazione centrata sull’analisi parcellizzata delle prestazioni, non correlata cioè alle variabili di contesto e non ricondotta in una processualità del rapporto potenzialità-competenze-traguardi di sviluppo, risulterebbe del tutto inattendibile nella scuola dell’infanzia.

A questo riguardo gli Orientamenti evidenziano tra l’altro che lo "sviluppo non va inteso come un fatto esclusivamente funzionale, ma va interpretato sempre in relazione ai contesti di socializzazione nei quali si svolge" e che "è quindi opportuno non assumere rigidi criteri di tipo quantitativo, ma preferire sempre la contestualizzazione dei comportamenti rispetto alle notazioni classificatorie".

Del resto la stessa "Commissione tecnico-scientifica per un sistema Nazionale di Valutazione" (istituita con DDMM 296/96 e 328/96) afferma che la valutazione degli esiti formativi nella scuola dell’infanzia va riferita a variabili di processo piuttosto che a tradizionali unità di analisi centrate su prestazioni isolate del singolo allievo.

In sostanza viene sottolineata la difficoltà (se non addirittura l’impossibilità) di valutare la qualità della scuola dell’infanzia in termini di "prodotto", cioè di valutazione delle prestazioni dei bambini. E’ noto infatti che a determinare tali esiti concorrono molteplici aspetti (peraltro non tutti riferibili all’ambiente scolastico) ed inoltre la variabilità dei tempi e dei ritmi di sviluppo nell’età sotto i sei anni è talmente accentuata da far pensare che l’irregolarità, e non la regolarità, sia la norma.

Dunque gli obiettivi — i traguardi di sviluppo — vanno formulati in termini di capacità da affinare e potenziare, aspetti della crescita che vanno sostenuti e promossi, e non in termini di performances degli allievi verificabili mediante le abituali procedure di controllo valutativo quali esami, test, prove di verifica. Ciò non esime la scuola dell’infanzia dall’esigenza di un controllo e di una incentivazione della qualità, ma comporta una riflessione accurata sul tipo di valutazione appropriata e sugli strumenti da adottare.

A partire da queste considerazioni, una riflessione sulla valutazione degli obiettivi specifici di apprendimento nella scuola dell’infanzia dovrebbe muovere dall’esigenza di incrociare una rete di categorie ed indicatori diversi da quelli relativi ai soli livelli di profitto conseguiti dai singoli allievi.

Ciò è possibile se si adotta un approccio valutativo complesso, che consenta di evitare sia un’accentuazione eccessiva delle strutture della conoscenza (e la conseguente lettura dei campi di esperienza in termini di derivazioni protodisciplinari), sia un’assolutizzazione delle strutture psicologiche in senso funzionale (ed il rischio di marginalizzare i contenuti delle esperienze e i contesti nei quali si esplicano).

 

8. LA DEFINIZIONE DI STANDARD DI QUALITÀ

La definizione di standard di qualità per la scuola dell’infanzia, sia di tipo strutturale che organizzativo e pedagogico, è un punto irrinunciabile in una prospettiva di generalizzazione. Tali standard dovrebbero essere definiti in termini di requisiti essenziali per il funzionamento dell’istituzione e come garanzia, da parte di chi gestisce la scuola, del soddisfacimento delle condizioni per assicurare una qualità di base.

La nozione di qualità va interpretata nella scuola dell’infanzia in riferimento alle condizioni dell’educare che influenzano in modo determinante la crescita e lo sviluppo del bambino di tre-sei anni.

Dunque, la ricerca di qualità nella scuola dell’infanzia non può esaurirsi nella configurazione di modelli di funzionamento astrattamente considerati né, tanto meno, in un generico riferimento a pur fondati aspetti assiologici.

In tale ottica un fattore essenziale della qualità educativa e professionale della scuola dell’infanzia è costituito dalla dimensione organizzativa. Spazi, tempi, orari, forme e tipi di aggregazione, numero degli allievi, organico dei docenti, arredi, sussidi, servizi di supporto, modalità di funzionamento della giornata e della settimana, rapporti con l’ambiente esterno ecc., rappresentano – nel loro interagire funzionale e programmato – quel contesto ecologico di sviluppo che caratterizza la qualità della scuola dell’infanzia.

Il pieno riconoscimento della scuola dell’infanzia comporta dunque, come per gli altri cicli scolastici, l’individuazione di precisi standard di qualità validi per la scuola statale e per tutte le scuole che intendano concorrere alla costruzione di un sistema pubblico integrato.

Il rispetto di tali standard assicura la realizzazione di un sistema di garanzie educative e formative per le bambine e i bambini di 3-6 anni. Le esperienze innovative condotte negli ultimi anni costituiscono un contributo significativo anche ai fini dell’identificazione di criteri di qualità.

In particolare emergono alcuni fondamentali fattori di qualità:

- adeguati progetti di formazione in servizio degli operatori scolastici da parte dell’istituzione scolastica;

- l’individuazione e l’assegnazione di un organico funzionale adeguato al progetto educativo delineato dalla scuola e in relazione al numero di bambine e bambini iscritti, oltre che ai diversi tempi di apertura della scuola e alla distribuzione delle sedi scolastiche nel territorio;

- tempi e spazi adeguati per il lavoro in team dei docenti (progettazione, documentazione, preparazione dei materiali, valutazione ecc.);

- un tempo medio significativo di contemporanea presenza dei docenti per ogni giornata (non inferiore mediamente alle due ore), da considerare non come un elemento residuale ed occasionale dell’organizzazione scolastica, ma come una risorsa essenziale all’efficacia dell’azione educativa e didattica;

- incisive forme di coordinamento pedagogico e organizzativo;

- un adeguato numero di collaboratori scolastici qualificati;

- spazi e arredi adeguati ai tempi di attività e di riposo dei bambini;

- servizi igienici e altri spazi che favoriscano lo sviluppo dell’autonomia anche nella cura della persona;

- spazi esterni adeguati e convenientemente arredati per giochi motori, ricerche naturalistiche ecc.;

- un tempo di funzionamento settimanale definito in relazione al benessere psico-fisico del bambino e alla qualità del progetto educativo di scuola (secondo i parametri illustrati al punto 6. di questo documento);

- un numero di bambini per sezione che consenta una effettiva qualità della relazione educativa, e tale da sostenere i processi di sviluppo e di apprendimento di ciascun bambino e del gruppo, anche in presenza di bambini in situazione di handicap. Ciò comporta una progressiva riduzione del numero dei bambini per sezione attualmente previsto;

- adeguati servizi di supporto (mensa, trasporti …).

Rimane aperto il problema del "controllo" della qualità e se tale controllo debba essere demandato a forme di autovalutazione e rendicontazione interne alle scuole o se vada affidato anche ad agenti esterni.

 

9. QUESTIONI RELATIVE ALL’ATTUAZIONE DELLA RIFORMA

La questione più rilevante appare quella di garantire una effettiva generalizzazione della scuola dell'infanzia. Si sottolineano in particolare le seguenti esigenze:

Per quanto riguarda il curricolo, sarebbe auspicabile avviare un piano di "sperimentazione" che consenta una reciproca "osmosi" tra scuola dell’infanzia e scuola di base, anche con la possibilità di scambi di esperienze e di utilizzo di team integrati in vista della costruzione di curricoli progressivi.

Analoghe esperienze vanno promosse per quanto concerne i raccordi con l’asilo nido.

In relazione alla annunciata fase di revisione dei curricoli, pare opportuno che rappresentanti della scuola dell'infanzia facciano parte dei gruppi chiamati a delineare i nuovi curricoli "verticali".

L’attuazione della riforma richiede l'attivazione di adeguate forme di sostegno e sviluppo della professionalità docente.

Nella definizione di nuove regole per la formazione universitaria dei docenti, nell’ottica della riforma dei curricoli formativi universitari e del riordino dei cicli, occorre garantire la valorizzazione della professione di insegnante di scuola dell’infanzia. In particolare: