Associazione Nazionale Insegnanti di Scienze Naturali
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Gruppo di lavoro n. 6

Coordinatore: prof. Mauro Palma

Moderatore: prof. Vittorio Cogliati Dezza

 

 

 

 

Il piano dell’offerta formativa

tra indirizzi nazionali e realtà locali

 

 

Nella costruzione del processo di implementazione della riforma appare essenziale riferirsi a quattro criteri preliminari:

 

ALCUNE QUESTIONI DI CONTESTO

Unitarietà e articolazione

Il sistema scolastico italiano ha carattere unitario e propria fisionomia culturale, tecnica, operativa, sociale. Tale fisionomia, che il processo di riforma salvaguarda e riafferma come valore fondamentale, non dovrà essere il prodotto di decisioni e scelte assunte a livello centrale e trasmesse alle scuole per gli aspetti attuativi e di implementazione. Essa dovrà costituire piuttosto la connotazione risultante dall’elaborazione delle scuole stesse — e delle loro reti di comunicazione strutturata —, dalla loro capacità di produzione di curricoli reali, nel solco tracciato sia dalla tradizione culturale del Paese, sia dall’individuazione dei bisogni formativi e istruttivi che rendono il sistema scolastico rispondente ai fini a esso assegnati dalla Costituzione.

L’attuale processo di riforma, inserendosi nell’orizzonte delineato dall’autonomia scolastica, realizza quindi una discontinuità istituzionale, giuridica e culturale rispetto a processi innovativi del passato. Il sistema non è più caratterizzato da un ‘centro’ che opera scelte di indirizzo e indica criteri di gestione dei processi attuativi, si articola piuttosto in una rete di soggetti — le scuole, il ministero e i suoi organi periferici, il sistema delle autonomie locali, un insieme di soggetti pubblici e privati — chiamati a interagire per operare scelte all’interno dei vincoli normativi dati. Al ‘centro’ resta il compito fondamentale di realizzare le condizioni di praticabilità dell’attuazione del processo di riforma, di monitorarne l’andamento, di garantire la complessiva fisionomia del sistema e la sua capacità d’innovazione, di fornire strutture di comunicazione.

Le scuole, il territorio

L’autonomia funzionale delle istituzioni scolastiche rappresenta la carta fondamentale per costruire una unitarietà reale dei processi, in grado di favorire la qualità dei risultati e il tasso di innovazione; tale costruzione è la reale garanzia per il positivo sviluppo della riforma.

Nel quadro così delineato dall’autonomia scolastica e dal riordino dei cicli, va sottolineato, chiarito e potenziato il ruolo primario delle scuole e delle loro esperienze. Le scuole sono enti pubblici, che operano in territori determinati, interpretando il principio della sussidiarietà. Il loro operare è frutto di un doppio mutamento: quello dei confini ‘esterni’ del proprio agire, le scuole sempre più dovranno essere soggetti autonomi che operano all’interno di una trama comune e contribuiscono alla sua continua evoluzione; quello dei confini ‘interni’ tra i diversi soggetti e i loro differenti ruoli.

In questo quadro occorre porre particolare attenzione a che i processi siano implementati in modo tale da non riproporre forme di subalternità o di effimera e scoordinata azione indipendente.

E’ necessario che gli istituti scolastici non si pongano come soggetti monadici che realizzano la propria iniziativa indipendentemente da ogni rapporto con gli Enti Locali ed i soggetti e le strutture del territorio o rivolgendosi a essi unicamente come supporti per decisioni assunte in proprio e senza alcuna concertazione. Gli istituti, in genere, non dispongono in proprio di una adeguata capacità di conoscenza del territorio e dei suoi bisogni tale che possa sostenerli adeguatamente in decisioni che impegnano il territorio stesso e che rischiano di essere assunte solo in relazione a logiche interne. Da qui la necessità di sedi e di regole condivise tra soggetti diversi che concertino indicazioni utili alla delineazione del Piano dell’offerta formativa, che le scuole devono predisporre, e alla messa in campo delle risorse e delle condizioni di fattibilità.

E’ inoltre necessario che il rapporto con il territorio sia assunto nella sua complessità e, quindi, con il coinvolgimento degli Enti Locali ai vari livelli: la definizione di un unico rapporto prioritario con la Regione, — soggetto avente peraltro potestà legislativa — rafforzato dall’affidamento a essa di compiti di indirizzo in ambito scolastico, può determinare una nuova forma di eteronomia riproponendo l’affidamento a un nuovo organismo centrale, seppure di dimensione minore, e confermando la logica della non responsabilità delle scuole stesse. E’, quindi, necessario, potenziare le interazioni tra gli istituti scolastici e tutti gli enti e soggetti territoriali coinvolti, ai vari livelli e non solo a livello di erogazione di supporti e servizi. La molteplicità di tali interazioni è garanzia sia del consolidamento della prospettiva dell’autonomia, sia del mantenimento di una fisionomia di sistema, non segmentato in sottosistemi regionali.

Infine, è necessario che gli istituti siano indotti a costruire relazioni strutturate e organizzate tra loro in modo da ridurre la spinta ‘isolazionista’, sempre in agguato nella scuola italiana, e contemporaneamente in modo da diminuire il rischio di presentarsi come soggetti deboli — più che nel passato — o al più microconflittuali nel rapporto con l’esterno.

Queste tre necessità convergono verso alcune indicazioni sul piano attuativo:

    1. il potenziamento e il coordinamento delle reti di scuole quale soggetto collettivo di confronto e promozione di azioni volte a favorire l’inserimento in esse dei singoli istituti;
    2. la previsione, in fase di definizione del piano dell’offerta formativa, di uno strumento di ascolto del territorio, non affidato così al solo dirigente scolastico né dislocato solo in organi interni alla scuola, attraverso una conferenza di organizzazione che gli istituti promuoveranno come sede istituzionale di costruzione del rapporto con il territorio e le sue espressioni istituzionali;
    3. la necessità di coordinare il nuovo provvedimento relativo agli Organi collegiali con la piena attuazione dell’autonomia scolastica e l’implementazione della riforma, soprattutto per realizzare momenti strutturati di lettura della domanda di formazione e di istruzione che viene dal territorio e per la definizione di una adeguata risposta in termini di offerta scolastica territoriale.

 

Dimensione locale

I processi di globalizzazione e le politiche economico-sociali impostate dall’Unione europea hanno assegnato alla dimensione territoriale e locale un nuovo valore politico e culturale di integrazione e complementarità con le scelte nazionali, con cui anche i sistemi formativi dei singoli Paesi europei devono necessariamente misurarsi. La riforma dei cicli e l’autonomia scolastica costituiscono gli strumenti attraverso cui il sistema italiano dell’istruzione costruisce la propria strada in tale processo. Perciò la corretta interpretazione del rapporto fra indirizzi nazionali unitari e pratica reale, e dunque differenziata, dell'autonomia scolastica è destinata a essere per lungo tempo condizione essenziale per un felice sviluppo della riforma, con l'obiettivo di divenire interiorizzazione diffusa e abito scolastico sistematico.

La definizione degli indirizzi nazionali — intesi come assunzione delle sfide epocali dell'istruzione, come definizione non generica delle competenze disciplinari e trasversali irrinunciabili, come produzione di crescita civile e democratica, come garanzia diffusa di pari opportunità — deve trovare un naturale omogeneo compimento nelle scelte di una pratica didattica ‘contestualizzata’ che sappia utilizzare anche conoscenze, risorse, esperienze ‘locali’, leggere e rispondere a bisogni formativi, contribuire alla costruzione di motivazioni all’apprendimento, verificare nel concreto le capacità maturate dal singolo e dal gruppo.

Da qui nasce del resto la previsione, propria del quadro riformatore in atto, di una ripartizione, all’interno del curricolo unitario, tra tempo destinato alle competenze disciplinari nazionalmente stabilite e tempo destinato alle articolazioni locali che integrino in modo essenziale contenuti e applicazioni, favorendo altresì gli aspetti interdisciplinari, metadisciplinari, nonché la costruzione di attività e rapporti con il territorio.

Infatti, la dimensione locale dei processi di responsabilizzazione e formazione deve coerentemente integrare e articolare quella globale, divenendo condizione essenziale per la costruzione di una consapevole attenzione allo sviluppo socialmente e ambientalmente equo e sostenibile. In tale senso l’acquisizione di una dimensione locale non chiusa favorisce la costruzione di un’identità personale consapevole e autonoma, radicata nell’esperienza del territorio e al contempo capace di governare l’insieme dei processi di trasformazione e globalizzazione. L’integrazione tra dimensione nazionale e dimensione locale all’interno di una unitaria fisionomia del sistema formativo diviene così una strategia decisiva in più direzioni: verso l’acquisizione di una dimensione operativa del sapere anche in riferimento alle esigenze del lavoro, verso la costruzione di capacità di gestione delle proprie conoscenze e di individuazione dei propri bisogni di formazione, verso la pratica dell’agire democratico e l’assunzione di responsabilità civiche, verso la rottura di quel combinato di identità giovanili deboli, tentate o segnate dall'anonimato, e di effimera ricerca difensiva di un radicamento nell'etnia o nel localismo, talora anche in termini conflittuali e aggressivi, che rappresenta oggi un grande problema civile da affrontare.

Queste interazioni tra dimensione ‘locale’ e dimensione ‘nazionale’ aiutano a caratterizzare le differenti articolazioni del curricolo e le loro possibili ripartizioni orarie. Da esse si possono ricavare due indicazioni operative, che saranno successivamente riprese:

    1. entrambe le dimensioni — locale e nazionale — devono concorrere al raggiungimento degli obiettivi formativi, in un quadro di sostanziale unitarietà;
    2. la loro ripartizione percentuale muta al mutare del livello scolare di riferimento, con un’accentuazione della dimensione locale sia nella fase dell’infanzia come necessario rapporto con il contesto in cui il bambino apprende, sia in altri momenti del percorso formativo.

Integrazione, evoluzione

Il diritto sociale all’istruzione, costituzionalmente affermato, trova nel sistema scolastico l’organo preposto alla propria tutela. L’enunciazione del diritto sociale all’istruzione non è meramente assertiva nella misura in cui un organo costituzionalmente riconosciuto ha il compito di rendere atto ciò che la norma afferma. Da qui l’ovvia centralità della scuola nella definizione dei processi di istruzione, nella loro attuazione, verifica, progressiva trasformazione. Tale centralità della scuola si esplica anche attraverso la capacità di coordinamento e di interazione tra sistemi diversi che contribuiscono alla costruzione di conoscenza.

La questione della ‘integrazione’ si pone a più livelli: all’interno dell’Istituto, nell’ambito del Piano dell’offerta formativa; all’esterno, tra scuola e altre realtà formative e produttive operanti nel territorio, tra scuola e altre scuole, tra scuola e altri luoghi di costruzione di senso ed identità; tra scuola e famiglie.

Un sistema integrato e coordinato è necessariamente esposto a bisogni di continuo monitoraggio e riadeguamento. La scommessa oggi in campo è di costruire un sistema dinamico, capace di successive risistemazioni, di modificarsi negli anni, di garantire risposte ai mutamenti socio-culturali e produttivi che si susseguono con ritmi sempre più accelerati. Un sistema che non insegua affannosamente l’evoluzione del presente, ma che dia strumenti storicamente adeguati per la sua decodifica, lettura, interpretazione.

 

IMPLEMENTAZIONE DEL PROCESSO

1. Autonomia scolastica e Piano dell’offerta formativa

Occorre poi prevedere un’articolazione in quota nazionale e quota riservata alle scuole anche per la scuola dell’infanzia, per la quale la quota riservata alle scuole sarà particolarmente significativa, potendo raggiungere anche una percentuale doppia di quella precedentemente indicata.

In merito alla differenziazione della quota di curricolo riservata alle scuole, pur condividendo tale impostazione, si sono registrate nel Gruppo indicazioni diverse circa la possibilità di dare esplicite indicazioni per i vari anni.

E’ stata preliminarmente sollevata la questione dell’inopportunità di avviare la discussione su una materia che la legge assegna come competenza al ministro, secondo una procedura definita dall’art.8 del Regolamento sull’autonomia organizzativa e didattica.

Al di là di tale posizione pregiudiziale, sono state evidenziate due diverse impostazioni. Per alcuni dovranno essere le scuole a progettare, nei singoli anni del ciclo, il rapporto tra quota nazionale e quota a esse riservata, nei limiti di oscillazione assegnati e secondo il valore medio indicato. Altri hanno evidenziato l’opportunità di una chiara indicazione circa la necessità di diminuire la quota riservata alle scuole nell’anno terminale del primo ciclo, per facilitare la certificazione delle competenze di base raggiunte, così come di accentuarne la rilevanza nell’ultimo anno del secondo ciclo, per facilitare il rapporto con l’inserimento lavorativo.

Occorre, inoltre, considerare all’interno della quota nazionale del curricolo la necessaria quota destinata alla compensazione disciplinare, che comunque non può comportare una estensione del panorama delle discipline.

 

2. Il curricolo e l’autonomia scolastica

 

3. Le risorse per l’attuazione

La definizione delle risorse è questione cogente se si vuole evitare l’effetto disillusione negli operatori, nelle famiglie, nel territorio. Per le garanzie di fattibilità occorre valutare le proposte che emergeranno dal gruppo tecnico del Ministero che sta lavorando attorno alle questioni degli organici, delle risorse finanziarie, dell’edilizia scolastica.

L’obiettivo è mettere le scuole in grado di assumersi l’impegno della progettazione e di gestire il sistema operativo dell’implementazione della riforma; ciò deve essere realizzato attraverso la predisposizione di un sistema di sostegno alla trasformazione centrato su:

    1. verifica, potenziamento e generalizzazione delle esperienze più significative già avviate;
    2. rinforzi e incentivi per facilitare l’avvio di nuove esperienze;
    3. eliminazione di vincoli e di rigidità per il superamento di una impostazione non autonoma del proprio operare.

In tale direzione, la sottocommissione ha individuato sei ambiti di intervento:

3.1. Personale

Punto essenziale è la possibilità concreta di contare sull’organico funzionale, che deve essere previsto e garantito in tutte le situazioni scolastiche e destinato al complessivo curricolo di scuola, in un’ottica di superamento della sola copertura delle necessità derivanti dalla gestione della dimensione frontale dell’insegnamento. Non si tratta di una questione di mera trattativa sindacale, né riconducibile a una stretta logica occupazionale; si tratta piuttosto di assicurare nella scuola risorse connesse alla sua progettualità.

Parallelamente occorre superare le rigidità imposte dalle attuali classi di concorso, sviluppando aree di professionalità più larga, a partire dall’analisi delle risorse di competenza professionale già presenti in ciascuna scuola, nella direzione di un ripensamento complessivo dell’organizzazione del lavoro docente. Verso questo obiettivo vanno indirizzati anche gli interventi formativi del personale.

3.2. Finanziamenti

La scuola dell’autonomia ha bisogno di:

Perché tutto ciò possa avvenire si deve prioritariamente operare sull’incremento delle risorse e sui criteri della loro allocazione. Sembra inopportuno proseguire sulla strada dell’erogazione di finanziamenti attraverso l’adesione ai cosiddetti progetti finalizzati; si rischia ormai di alimentare una pratica di adesione passiva a progetti preconfezionati, in assenza di una adeguata riflessione interna e di un effettivo controllo sugli esiti.

Va introdotto, accanto a quello più usuale destinato finanziare ciascun costo, un sistema di finanziamento budgetario, che privilegi le scuole, limitando i vincoli di destinazione e affiancandolo con un sistema di finanziamenti più adatto a incrementare e accompagnare compiti nuovi e riconversioni necessarie.

3.3. Formazione

La cultura organizzativa è il punto debole, eppure decisivo, della trasformazione. Parallelamente alle attuali modificazioni di modelli organizzativi nel sistema sociale e produttivo, la scuola, attraverso l’autonomia, deve costruire il suo originale modello organizzativo, liberandosi sia di riferimenti desueti, sia dei rischi di subalternità a modelli esterni, a volte mutuati dalla cultura d’impresa.

La costruzione di propri modelli di organizzazione e la loro continua verifica è elemento determinante della formazione professionale di chi nella scuola opera.

Gli aspetti di questo problema sono stati esaminati da un apposito Gruppo di lavoro; qui preme soltanto sottolineare che, trattandosi di formazione degli adulti, i paradigmi sono quelli della formazione nel e sul lavoro, cioè dell’apprendimento dall’esperienza. Per questo, protagonisti della formazione devono essere le scuole stesse, là dove il bisogno si crea.

Si sottolinea la possibilità di costruire una rete di Centri territoriali, che operino, in supporto alle scuole, fornendo consulenza, documentazione e apporto tecnico-formativo: luoghi di ‘mediazione culturale’ in grado di costruire rapporti tra le scuole, tra scuole e università, tra scuole e centri di ricerca o altri sedi di elaborazione, tra scuole e altri attori istituzionali e sociali.

3.4. Normativa

Nell’attuale panorama emergono tre aspetti particolarmente rilevanti e che tuttora richiedono una definizione. Il primo riguarda il rapporto tra dimensionamento delle istituzioni scolastiche e personalità giuridica; il secondo riguarda la riforma degli organi collegiali (a cui ci si è già precedentemente riferiti); il terzo riguarda la possibilità di dirimere eventuali controversie tra Collegio dei docenti, Consiglio di Istituto e Dirigente scolastico.

3.5. Sostegno alla ricerca e all’innovazione

L’autonomia si esplicita, come è noto, nell’attribuzione di funzioni, ruoli e responsabilità direttamente alle scuole e non delegandola ad altri soggetti istituzionali di dimensione minore di quella statuale. Come si è già osservato, è tuttavia necessario che le scuole agiscano in modo coordinato con gli Enti locali in modo da non ricadere in una sorta di autoreferenzialità che tendenzialmente ne accrescerebbe la debolezza, oltre a non fornire un quadro organico e riconoscibile del sistema d’istruzione del Paese. In tale direzione non aiuta la scelta effettuata di dimensionamento che propone una scala sottodimensionata rispetto al rapporto con altri soggetti territoriali. Per questo si sottolinea nuovamente che sostegni forti all’implementazione del processo di riforma devono venire:

a) dall’estensione delle esperienze di reti di scuole, che rappresentano un antidoto importante alle possibili ‘distorsioni’ localistiche del territorio, costituendo un allargamento del contesto di riferimento, a condizione tuttavia che le reti stesse non abbiano struttura unidirezionale, ma realizzino un’effettiva circolarità tra i soggetti partecipi;

b) dalla costruzione di momenti strutturati (quale, per esempio, la conferenza di organizzazione) di progettazione e concertazione con i soggetti del territorio, in primo luogo con tutti gli Enti locali, per la realizzazione delle comuni azioni da svolgere.

Parallelamente è necessario sostenere il processo di riforme con la costruzione di un effettivo sistema di supporto alla ricerca e all’innovazione che tenga conto dei seguenti punti :

3.6. Monitoraggio e valutazione

L’implementazione della riforma richiede un attento monitoraggio e una valutazione che indichi modifiche e aggiustamenti. Ciò non riguarda soltanto il sistema nazionale, ma anche il sistema ‘locale’ ed è compito delle scuole prevedere criteri e strumenti per la continua osservazione della propria azione. Oggetto dell’osservazione e analisi sono: l’organizzazione, i processi, gli esiti, le singole azioni.

Nella fase di prima applicazione della riforma appare opportuno prevedere momenti strutturati di osservazione sulla complessiva organizzazione e gestione del curricolo e, in particolare, sul rapporto tra quota riservata alle scuole e quota nazionale; questo permetterà di fornire indicazioni alle scuole ‘più deboli’, anche generalizzando le esperienze più significative, nonché criteri di riequilibrio del sistema laddove ne sorgesse la necessità.

In conclusione il Gruppo di lavoro ritiene che nell’attuale fase di trasformazione del sistema occorra sottolineare con particolare attenzione il nuovo ruolo che le scuole devono acquisire, come soggetti forti, politici e culturali, in grado di assumersi in pieno la responsabilità progettuale dell’intera offerta formativa . Tale responsabilità progettuale non riguarda più solo la relazione educativa tra singolo insegnante e studenti, ma si misura con la necessità per le scuole di costruire il "curricolo di scuola", ovvero il progetto culturale e didattico complessivo, favorendo processi di partecipazione alla progettazione sia all’interno dell’istituto, sia nei rapporti con il territorio ed i soggetti che lo animano.

A questo proposito si registra una significativa posizione, pervenuta il giorno 7 settembre al forum, che sottolinea come attualmente il processo di riforma, che è già in atto con l'autonomia, deve vedere come soggetti forti della trasformazione le scuole stesse in un processo dialettico tra centro, anch’esso in corso di modificazione, e periferia. Tale posizione sottolinea come il successo della riforma richieda oggi alcune scelte in grado di avviare, in tempi brevi, il processo, senza collocarsi in esclusiva attesa delle indicazioni del Parlamento.

Alcune possibili scelte potrebbero essere:

• anticipare l'attuazione del ciclo di base negli istituti comprensivi che oggi costituiscono quasi il 40% del sistema primario

• praticare con molta determinazione l'attuazione dell'obbligo formativo sollecitando tutti i soggetti istituzionali interessati a costruire piani territoriali di attuazione e un sistema di accertamento e certificazione delle competenze, senza il quale il passaggio da un segmento all'altro del sistema resta una chimera

• sollecitare le scuole che vogliono e possono ( attraverso accordi di rete con altre scuole, attraverso intese con gli EE.LL) ad anticipare l'attuazione della riforma fornendo loro supporti e collaborazione

l’Insieme di queste possibili scelte non solo non contrasta con il percorso che porta alle responsabilità del Parlamento ma può anzi offrire riscontri e verifiche per una attuazione in progress in grado di intervenire sulle criticità emergenti. Un'attuazione a "diverse velocità" (nell'ambito di un orizzonte temporale massimo definito dal Parlamento) può sollecitare il ruolo e il protagonismo delle scuole e delle autonomie locali, alimentando una circolazione di esperienze significative per tutti.