Gruppo di lavoro n. 5

Coordinatore: prof.ssa Ethel Serravalle

Moderatore: prof. Marco Masuelli

 

 

 

Un progetto generale per la promozione

della professionalità docente,

con particolare attenzione alla formazione

iniziale e in servizio

e alla valorizzazione delle esperienze

 

  1. Gli insegnanti come risorsa strategica per la qualità del sistema scolastico rinnovato.

  2. Il nuovo quadro ordinamentale e conseguenti proposte sulla necessaria ridefinizione della funzione docente.

  3. La promozione della professionalità docente a seguito dell’avvento dell’autonomia e nella prospettiva del riordino dei cicli:

 

  1. Revisione della formazione iniziale

 

1. GLI INSEGNANTI COME RISORSA STRATEGICA PER LA QUALITÀ DEL SISTEMA SCOLASTICO RINNOVATO

Il documento di seguito proposto costituisce per il suo sviluppo ed i suoi contenuti l’interpretazione che il Gruppo ha dato del carattere strategico dlle politiche del personale e per il personale in vista della qualità dell’istruzione e di una efficace realizzazione delle riforme.

Il nuovo quadro ordinamentale e conseguenti proposte sulla necessaria ridefinizione della funzione docente

Rispetto alla definizione del Testo Unico (Parte III^, art. 395) la funzione docente risulta ridisegnata dall’insieme delle leggi recentemente entrate in vigore per i seguenti aspetti:

  1. più rilevanti responsabilità (professionali, culturali, etiche) sul versante delle scelte curricolari, dei contenuti scientifici e valoriali delle conoscenze, della progettazione e della qualità dei percorsi d’insegnamento-apprendimento, della qualità e quantità dei risultati;
  2. potenziamento delle competenze socio-psico-pedagogiche, relazionali e organizzative, anche a seguito della maggior complessività della vita scolastica e dell’arricchimento del ruolo istituzionale e di servizio della scuola;
  3. inclusione di nuovi saperi correlati all’uso — personale e didattico — delle nuove tecnologie, anche in vista di un loro impiego che rende più efficaci e agevoli l’insegnamento e l’apprendimento, con modalità appropriate a ciascuna tematica.

Tutti questi elementi riguardano i docenti di tutti i cicli, prefigurando una sostanziale unicità della funzione docente, articolata per materie d’insegnamento e per fascia d’età a cui si riferiscono le competenze psico-pedagogiche, come conseguenza dell’avvento dell’autonomia (identica per tutti i cicli) e della continuità dei processi formativi (all’interno dei cicli, fra i cicli, negli intrecci e snodi con la formazione professionale e nella dimensione aperta dalla educazione lungo tutto l’arco della vita).

Ne conseguono criteri comuni nella impostazione:

L’assolvimento efficace di tali compiti e funzioni comporta, ancor più che in passato:

 

Da ciò discendono le competenze costitutive della nuova funzione docente, inerenti, oltre che al compito di trasmissione della cultura, realizzato in funzione di obiettivi e contesto normativo propri dell’autonomia:

Il nuovo assetto della "professionalità" esige una appropriata definizione giuridicamente determinata in sostituzione di quella del T.U. Ad essa si potrà fare riferimento:

 

2. LA PROMOZIONE DELLA PROFESSIONALITÀ DOCENTE NELLA PROSPETTIVA DELL’AVVENTO DELL’AUTONOMIA E DEL RIORDINO DEI CICLI

La ridefinizione della funzione docente costituisce dunque il contesto culturale ed operativo in cui collocare tutte le politiche del personale, anche sul versante retributivo e più in generale la quantificazione delle risorse da destinare ai molteplici costi della formazione in servizio e ad una credibile progressione nelle carriere che prenda atto dell’arricchimento professionale e dei vantaggi che ne traggono — in termini di elevazione della qualità — i soggetti in formazione, la scuola di appartenenza e le eventuali reti in cui la scuola è inserita.

La ridefinizione non significa in nessun caso idealizzare il dover essere degli insegnanti nè descrivere profilo professionale ancora inesistente nella scuola, ma prendere atto di mutamenti, in molti casi già avvenuti, ed in quanto tali da valorizzare, ovvero degli obiettivi da assegnare alla formazione in servizio per il rafforzamento delle competenze maturate e per l’incentivazione della potenzialità da sviluppare.

  1. Interventi di formazione in servizio che valorizzino l’esperienza pregressa e la riorientino e implementino per consentire al personale docente di affrontare le sfide e le oggettive difficoltà e responsabilità dell’innovazione (nelle scuole dell’infanzia, di base e secondarie).

Un progetto generale di formazione in servizio dovrebbe prevedere


La complessità del progetto dipende — oltre che dalle diverse componenti della funzione (come giuridicamente ridefinita) ciascuna delle quali merita una propria specifica attenzione e interventi mirati - dalla necessità di tenere conto dei non uniformi livelli di competenza ed esperienza presenti nelle scuole e nelle reti. Questa verifica — affidata a forme di autovalutazione ed alle richieste di formazione in servizio delle scuole, è indispensabile per proporre — a seconda dei casi — opportunità concrete di adeguamento degli aspetti carenti o — ove siano già disponibili competenze mature — modalità per una loro utilizzazione nel sostegno alla formazione di colleghi, nell’ambito della scuola o di una rete.

Vi sono poi problemi specifici, che riguardano i singoli cicli, e che richiedono interventi indispensabili per un funzionamento soddisfacente delle istituzioni scolastiche modificate dal riordino.

Fermi restando i problemi derivanti dalla autonomia e dalla progettazione curricolare, nella scuola di base si pongono delicate questioni inerenti alla organizzazione ed alla razionale distribuzione dei compiti, sulla base del mandato formativo attribuito dal riordino dei cicli a questo livello scolastico, in un contesto in cui sono chiamati a convivere e collaborare docenti in possesso di esperienze diverse e che provengono da formazioni di natura e durata differenti e da segmenti scolastici con proprie consolidate tradizioni.

La realizzazione di una continuità non formale e non semplicemente dichiarata dall’ordinamento, con effettiva integrazione di tutti i docenti in un nuovo ambiente di insegnamento/apprendimento, comporta uno sforzo particolare di formazione in servizio che consenta ai docenti non laureati di completare la loro formazione con un titolo universitario, ai fini del quale vi siano riconoscimenti dei crediti professionali maturati con l’attività docente, e possibilità di acquisire i nuovi crediti necessari ad un ottimale inserimento nella nuova unità operativa. In questa stessa prospettiva, la formazione in servizio dei docenti di scuola media sarebbe resa più adeguata al nuovo contesto a seguito dell’acquisizione di competenze psico-pedagogiche e metodologiche relative alla fascia di età 6 — 10 anni.

Nella scuola secondaria, nell’attesa delle precisazioni necessarie a comprendere meglio il nuovo assetto degli indirizzi, e quindi delle competenze docenti da sviluppare, si può fin d’ora prevedere che una linea importante di approfondimento professionale sarà quella dei rapporti tra sistema scolastico e sistema formativo, decisivi per una efficace e colta interpretazione del prolungamento dell’obbligo, anche nella versione dell’obbligo formativo.

Rispetto ad una così grande complessità di bisogni e interventi esistono condizioni che devono essere garantite perché il progetto generale di formazione in servizio possa decollare e dare risultati apprezzabili. In particolare occorrono:

 

In questa situazione di impegno straordinario il supporto dell’amministrazione centrale diviene prezioso:


Per quanto infine concerne il tipo di interventi che si ritiene opportuno proporre e sollecitare il Gruppo ha manifestato:

 

Quanto infine alla inclusione dei nuovi saperi si evidenzia l’urgenza di una capillare alfabetizzazione informatica di tutto il personale docente, a seguito della quale promuovere concretamente e diffusamente un uso didattico efficace e creativo dei modi comunicativi, dei linguaggi e degli strumenti resi disponibili dalle nuove tecnologie.

Tutto ciò rafforza ulteriormente la richiesta di una norma di stato giuridico che sostituisca quella attualmente in vigore da cui far discendere le risorse necessarie per l’adeguamento ai nuovi compiti della professionalità esistenti nella scuola e per una coerente definizione di una formazione iniziale più ricca ed approfondita di quella richiesta in passato (e quindi anche più impegnativa sul piano degli investimenti).

 

a) Percorsi di arricchimento professionale

Considerata la complessità e poliedricità della funzione docente come ridefinita al punto 2 e la identificazione dei percorsi di arricchimento professionale, da cui potrebbero auspicabilmente derivare le progressioni di carriera e l’eventuale passaggio da un grado all’altro (se previsti) si devono sempre considerare tutti gli aspetti della funzione (anche se non è detto, né a priori richiesto) che la crescita ed il raggiungimento di significativi traguardi possano avvenire in tempi e modi uniformi su tutti i versanti, in rapporto alla personalità di ciscun insegnante ed alla attenzione con cui si dedica a problematiche a cui si sente particolarmente interessato. Problematiche che — oltre tutto — possono variare nel tempo vuoi per autonoma scelta, vuoi per superare difficoltà proposte dalle situazioni che la vita scolastica viene proponendo.

L’importante è che tutto ciò che si viene affrontando e acquisendo in termini di arricchimento professionale sia certificato, valutato, inserito nel profilo personale ed inserito nella anagrafe delle competenze iniziali e acquisite.

In vista di una prima schematizzazione di eventuali livelli progressivi che possono portare a riconoscimenti tangibili (monetari e di sviluppi di carriera a cui correlare responsabilità maggiori) la proposta è quella di distinguere


Sul primo aspetto (esplicazione dell’attività docente) è emersa l’ipotesi di due gradi di docenza:

Sul secondo aspetto (partecipazione all’organizzazione) va sottolineato che la molteplicità delle funzioni non può essere irrigidita in tipologie fisse, in considerazione del fatto che le scelte organizzative e la stessa attribuzione delle responsabilità dipendono dall’assetto che ciascuna scuola si viene dando nell’esercizio della sua autonomia, che può variare nel tempo a seconda dei problemi da affrontare, dell’esaurimento di progetti ormai completati, dell’avvio di nuove iniziative. In questo senso l’attribuzione di responsabilità aggiuntive non può avere che carattere temporaneo, commisurato al tempo di realizzazione del progetto o iniziativa.

In rapporto alla varietà della situazioni è inoltre necessario fare di volta in volta riferimento a competenze diverse, alcune delle quali già identificate nella vita scolastica anche prima dell’avvento dell’autonomia e quindi già presenti nella scuola e verificate in esperienze precedenti, altre che si possono manifestare a seconda dei bisogni e delle situazioni e che si affinano nell’esercizio stesso delle diverse funzioni. Non è detto, né può essere richiesto che l’una o l’altra di queste competenze (o tutte insieme) debbano e possano essere possedute da tutti, nè all’inizio, nè nel corso dell’attività professionale.

Proprio per questo il loro riconoscimento e la loro valorizzazione configura una funzione docente arricchita utile alla delineazione di valorizzazioni personalizzate.

Ciò che va ribadito è che si tratta di competenze che presuppongono tutte il possesso della professionalità docente come base costitutiva, esigono un continuo rapporto con l’esercizio dell’attività professionale fondamentale, possono essere affidate temporaneamente a docenti in possesso di esperienze o attitudini adeguate (anche molto specifiche e/o sulla base di una preparazione ad hoc). Devono comportare retribuzioni aggiuntive, in ragione della maggiore responsabilità, disponibilità di tempo, utilità.

Con il terzo punto si vuole infine fare riferimento all’acquisizione di nuove competenze (o al possesso iniziale di competenze non richieste specificamente per l’accesso all’insegnamento o l’ingresso nei ruoli) a seguito di decisioni di studio autonomamente assunte dal singolo.

Possono rientrare in queste tipologie competenze certificate nelle lingue straniere (ovviamente non nel caso dei titolari di questi insegnamenti), in informatica, in settori delle arti e dello spettacolo, nello sport, ecc.

E’ evidente che il possesso di competenze dei tipi sopra richiamati a scopo esemplificativo, costituisce comunque un elemento importante della personalità del docente, ma può essere concretamente valorizzato solo se utilizzato in progetti o attività promosse a livello scolastico.

Da quanto è stato fin qui detto si può concludere riassuntivamente che è possibile individuare modalità di sviluppo delle carriere legate:

 

b) Sistemi di riconoscimento di crediti (scientifici, culturali, professionali, inerenti alla organizzazione) per una loro valorizzazione ai fini delle carriere.

La parte più delicata del contributo del Gruppo n. 5 sta proprio nello sforzo fatto (di confronto intellettuale e di approfondimento concettuale) per individuare modalità di riconoscimento concrete, convincenti, condivisibili.

Il problema evidentemente non si pone per la valutazione e relativa certificazione di crediti che comportino riconoscimenti oggettivi che possono essere quasi automatici (per esempio gli anni di servizio purchè senza gravi sanzioni disciplinari) ovvero il cui riconoscimento sia avvenuto e avvenga in istituzioni esterne a ciò istituzionalmente preposte (per esempio l’Università) o a ciò abilitate (istituti stranieri per la certificazione delle competenze linguistiche, patenti informatiche, ecc.).

La difficoltà si presenta in tutta la sua imponenza e pericolosità nel momento in cui si deve individuare un soggetto valutatore che sia necessariamente interno al sistema scolastico, partecipe per diretta esperienza delle problematiche didattiche e organizzative della scuola e dei modi per affrontare e risolvere le une e le altre, ed al tempo stesso non essere nè autoreferenziale nè burocratico.

Le proposte avanzate dai membri del Gruppo tendono a differenziare le modalità di valutazione e gli organi di valutazione a seconda se si tratta:

 

c) Costituzione di un’anagrafe delle competenze iniziali e di quelle acquisite in servizio

Per soddisfare questa fondamentale esigenza, funzionale alla gestione razionale delle risorse, si tratta di costituire una banca dati del sistema scolastico da cui attingere ed in cui inserire tutti gli specifici crediti che costituiscono le singole fisionomie professionali. L’unico problema è quanto e a chi debba essere accessibile, sempre ovviamente all’interno del sistema.

 

3. REVISIONE DELLA FORMAZIONE INIZIALE

Premessa

L’insieme delle riflessioni sviluppate fino a questo punto sulle trasformazioni indotte nella nozione stessa di funzione docente (e sulla sua ridefinizione giuridica) dal complesso delle riforme avviate richiede alcune puntuali indicazioni anche sulla formazione iniziale, che riguarderà ovviamente i futuri docenti, i quali avranno (si spera) tutti i vantaggi di una preparazione esattamente mirata ai nuovi bisogni della scuola, ma anche lo svantaggio di non possedere l’esperienza a partire dalla quale i docenti già in servizio stanno per rimettere a fuoco (o stanno già rimettendo) compiti e responsabilità. Un’esperienza, c’è da aggiungere, che ha il merito di avere segnalato negli anni, e dall’inizio della scuola, le molte incongruenze di un sistema scolastico e di ordinamenti sempre meno al passo con i tempi. Ad essi l’autonomia e il riordino dei cicli hanno finalmente inteso dare risposta, cercando di aggregare intorno ad alcuni nodi fondamentali, le ragioni di sofferenza, le aspettative, le denunce di ritardo. Oggi le risposte sono leggi dello Stato, tanto più comprensibili nelle loro ragioni e soluzioni (anche se non tutti le condividono), quanto più si è a conoscenza della lunghissima fase di gestazione di un processo riformatore complessivo. Allo stesso modo, il tema della formazione iniziale degli insegnanti è in parte condizionato dalla consapevolezza dei limiti della tradizionale formazione dei docenti, rivelatasi nel tempo insufficiente o incompleta o inefficace, ora sul versante delle conoscenze e competenze disciplinari, ora sul versante delle scienze della formazione e quasi sempre sull’integrazione delle due componenti sopra richiamate ai fini della qualità dell’istruzione, della quantità dei successi formativi, della stessa gratificazione insita nell’attività di docenza.

Le valutazioni sul peso negativo delle carenze passate, a cui si era cercato di porre rimedio con i corsi di laurea in scienze della formazione primaria e con le scuole di specializzazione avviate nel 1999-2000, e la concomitante riorganizzazione dei corsi universitari, in particolare quanto a durate e tipologie delle lauree, hanno reso probabilmente più agevole la individuazione di alcune opzioni di fondo, condivise da tutti, che vengono di seguito riportate al punto 1. a). Esse hanno però anche complicato — e proprio a causa della riduzione della durata della laurea di base (3 anni) — la composizione dei percorsi in nessun caso riducibili alla sola laurea triennale, aprendo la strada a proposte fra loro diversificate proprio per quanto concerne la identificazione dell’insieme di titoli di accesso all’insegnamento (una o più lauree in sequenza, una laurea triennale e una scuola di specializzazione biennale, altre soluzioni ancora).

Ciascuna proposta trova la propria spiegazione e giustificazione nella differente attenzione che i rispettivi proponenti hanno portato agli ingredienti di una formazione professionale comunque composita, i cui dosaggi interni difficilmente possono essere fatti col bilancino, ed in cui non è detto che gli stessi tempi e le stesse modalità valgano per tutti gli ambiti disciplinari.

 

Sono punti d’attenzione:



Posizioni condivise e aspetti irrinunciabili della nuova formazione docente.

Risulta di fatto condivisa la consapevolezza che:

 

Ricognizione delle diverse soluzioni prospettate

La convergenza su questi punti rappresenta un fatto sicuramente positivo, in quanto consente di dare per acquisiti alcuni fondamentali presupposti concettuali e conseguenti criteri progettuali per le indicazioni definitive. La varietà delle ipotesi non consente invece ancora di suggerire — con altrettanta sicurezza — la esatta determinazione dei "titoli" di accesso all’insegnamento e precisamente:

Su questi punti sono state presentate - come si è detto - proposte diverse, influenzate ovviamente in primo luogo da ciò che ciascuno per ora immagina possa essere la concreta traduzione operativa della legge 30/2000, ed ancor più dalle diverse interpretazioni della consistenza e natura dei saperi necessari per svolgere con successo un’attività docente che si intuisce molto più impegnativa che in passato, nonchè dalle valutazioni che ciascuno dà della attuale inadeguatezza dell’Università, rilavata dalla gran parte dei membri del Gruppo, a fornire una formazione scientifica e strumenti di analisi in grado di delineare competenze e conoscenze congrue alle necessità della docenza nella scuola.

Quale che sia la scelta del Governo, è comunque chiaro che il risultato qualitativo non potrà essere sempre e comunque lo stesso, indipendentemente dalla coerenza tra risorse e finalità, dalla durata e dai contenuti dei corsi di studio e dei tirocinii, dai titoli di studio e dai tipi di abilitazione richiesti per l’insegnamento e l’accesso ai concorsi, ed ancor più dalle prospettive di carriera e successo economico proposte a chi intraprende la carriera di insegnante.

Per dare conto concretamente delle proposte esaminate si possono così sintetizzare le diverse posizioni, il cui ordine di presentazione non nasce da scelte di priorità, o di maggiore o minore condivisione, in quanto su tutte si è ugualmente ragionato, cogliendone aspetti positivi e limiti senza tuttavia trovare convergenze pienamente convincenti su nessuna ipotesi.

    1. Una scuola di pensiero sostiene che la formazione "forte" del docente si fonda su una laurea di base più una specialistica (triennio più biennio) completata da una "specializzazione" annuale comprensiva del tirocinio. Sul carattere disciplinare della laurea di base convergono quasi tutte le proposte, anche quelle che per il percorso successivo optano per la scuola di specializzazione.
    2. Quanto alla laurea biennale "specialistica", secondo alcuni va ancorata anch’essa ad una logica "disciplinare" per consolidare la valenza scientifica sia pur con significative integrazioni con le scienze della formazione, secondo altri sarebbe più opportunamente correlabile all’approfondimento delle scienze della formazione (in questo caso la laurea specialistica sarebbe mirata esclusivamente alla professione docente).
    3. I sostenitori di lauree triennali e biennali disciplinari ritengono per altro che una parte dei crediti potrebbe o dovrebbe essere spesa nelle scienze della formazione: sicuramente almeno 60 crediti relativi ad attività formative finalizzate all’insegnamento nella laurea biennale.
    4. Una diversa posizione è rappresentata dalla sequenza laurea triennale disciplinare / corso di specializzazione (per un totale di cinque anni di formazione), che recupererebbe, consoliderebbe e migliorerebbe nel tempo l’esperienza delle scuole di specializzazione, in funzione dal 1999-2000 (SSIS) [vedi nota aggiuntiva].
    5. Una ulteriore proposta va nella direzione di una maggiore articolazione delle formazioni da correlare alle caratteristiche dei cicli (scuola dell’infanzia, scuola di base, scuola secondaria). Per gli insegnanti della scuola dell’infanzia si propone una laurea che utilizzi il percorso formativo specifico di educatore d’infanzia, in grado di operare nelle strutture prescolastiche, scolastiche e extrascolastiche, già previsto nella Classe XVII delle lauree in educazione e formazione. Per gli insegnanti della scuola di base, così come per quelli della scuola secondaria appare appropriata una laurea specialistica di secondo livello, specificamente orientata all’insegnamento, in modo da rendere unitaria la funzione docente pur nella differenziazione dei percorsi formativi, anche per facilitare scorrimenti o spostamenti acquisendo naturalmente gli ulteriori crediti richiesti. Per gli insegnanti della scuola di base la laurea può essere quella per gli educatori d’infanzia, cui deve seguire un biennio specialistico più caratterizzato sul piano disciplinare, oppure una laurea disciplinare, cui segua una laurea specialistica professionalizzante. Per gli insegnanti delle scuole secondarie vale solo questa seconda ipotesi. Il complesso delle proposte formative deve in ogni caso tener conto dell’integrazione fra competenze teoriche e pratiche, epistemologiche, disciplinari, metodologico-didattiche, da acquisirsi nelle esperienze di laboratorio e di tirocinio, nel corso del quinquennio. La sede di questi corsi sarà la facoltà di scienze della formazione, aperta alla integrazione con tutte le facoltà interessate.

Come appare evidente tutte le proposte hanno molti aspetti comuni, coerentemente con la percezione dei bisogni, che è oggettivamente condivisa: è probabilmente inevitabile che le "ricette" siano diverse, anche perché nessuna di esse è stata a tutt’oggi verificata nei suoi esiti.

 

NOTA AGGIUNTIVA

A margine della sintesi, necessariamente stringata, il Gruppo di lavoro ha ritenuto opportuno richiamare all’attenzione alcune riflessioni e raccomandazioni.

La prima sostanzialmente condivisa da tutti discende dalla constatazione che non pochi difetti e insuccessi della scuola trovano sicuramente una loro giustificazione non solo nella tradizionale formazione iniziale degli insegnanti, i cui limiti sono noti a tutti, ma anche nelle "emergenze" che hanno in troppi casi dato luogo a gestioni del personale in servizio, forme di mobilità, riconversioni che non davano le necessarie garanzie di corrispondenza tra le competenze disciplinari possedute dagli insegnanti e i compiti di insegnamento affidati a seguito di contrazioni o modifiche degli organici..

Le raccomandazioni emerse nel Gruppo a questo proposito riguardano in particolare gli insegnamenti di matematica, scienze, filosofia sovente assegnati — in base alle classi di concorso esistenti — a docenti che non avevano seguito adeguati corsi universitari, ma altri se ne potrebbero citare. Rispetto a questo problema, che può delinearsi anche a carriera già iniziata, solo il reingresso nella Università e l’acquisizione di crediti formativi concernenti le nuove discipline (anche utilizzando periodi sabbatici) può dare corretta soluzione ai problemi di riconversione. E’ comunque impensabile che un corso di laurea triennale possa in futuro dare le competenze necessarie a coprire un eccessivo numero di discipline (o ambiti) d’insegnamento. La nuova struttura dell’Università offre, attraverso lo strumento dei crediti, interessanti strumenti per eliminare la pretesa di una formazione iniziale in "tuttologia".

Quanto alla questione dell’integrazione tra formazione disciplinare e scienze della formazione va recepita l’esigenza che nell’ambito del percorso di formazione iniziale vi sia una fase (e un luogo istituzionale) nel quale l’Università possa offrire e sviluppare l’opportunità di: