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Gruppo di lavoro n. 1

Coordinatore: prof. Giuseppe Tognon

Moderatore. isp. Marisa Valagussa

 

 

 

Ragioni, finalità e obiettivi della riforma;

indicazioni generali per la sua attuazione

 

Nel corso dei lavori, il gruppo si è riunito il 12 luglio, il 25 luglio e il 5 settembre 2000 con una presenza dei due terzi degli aventi diritto. Sono stati considerati tutti i contributi scritti prodotti dai componenti del gruppo e si è presa visione anche dei materiali presentati nel Forum telematico generale della Commissione. La presente sintesi è stata discussa e concordata nella riunione del 5 settembre.

 

LE RAGIONI DELLA RIFORMA

Le ragioni della riforma appartengono alla storia della scuola e della società italiane, ma perché essa non nasca già ‘vecchia’ o in ‘ritardo’ vanno proiettate nel futuro della società: quello che oggi possiamo volere, programmare e costruire riguarderà in modo proprio e specifico più le generazioni future che noi stessi.

Le ragioni più evidenti per procedere ad una riforma incisiva del sistema di istruzione e formazione sono state ripetutamente segnalate nel corso di un confronto culturale e politico che non si è mai interrotto e che negli ultimi anni ha assunto particolare intensità anche per la diffusa consapevolezza sulla necessità di disporre di maggiori risorse finanziarie e di utilizzare meglio le risorse umane.

Le rigidità di un sistema centralizzato di gestione della scuola, con un eccesso di regolamentazione e autoreferenzialità e un intervento amministrativo frammentario, a discapito di altre funzioni di governo, di indirizzo e di valutazione, hanno contribuito ad un abbassamento della qualità dell’apprendimento e dell’insegnamento. In queste condizioni, anche il tentativo di far fronte dall’alto, per via burocratica, ad una convulsa domanda sociale si è tradotto in un aumento dell’ inefficienza del sistema e in un abbassamento del livello delle responsabilità individuali e sociali.

Per sintetizzare, il gruppo ritiene che per una riforma complessiva del sistema scolastico e formativo italiano si debba partire dalla considerazione di almeno cinque fattori principali:

 

  1. L’accelerazione della trasformazione economica e sociale dei Paesi industrializzati nella transizione verso una società della conoscenza e della integrazione

  2. La necessità di ridefinire il ruolo dello Stato nel passaggio da funzioni prevalentemente di gestione a funzione di indirizzo e di promozione

  3. Un rinnovato bisogno della società di ridurre la divaricazione tra formazione, istruzione e lavoro anche nell’intento di innalzare il livello di competitività del Paese
  4. La volontà politica di superare, in una azione riformatrice di sistema, quegli aspetti di parzialità e di eccessiva settorialità che hanno caratterizzato gli interventi negli ultimi decenni
  5. L’esigenza di fronteggiare una frammentazione culturale diffusa e di aiutare i giovani nella costruzione di identità personali e collettive non confinate all’interno di dimensioni politiche e sociali riduttive (localismi, etnie, sacche di povertà e di emarginazione)

L’attuale momento storico, non più caratterizzato da idee dominanti ed intriso di incertezze e di disincanto, richiede soluzioni capaci di ricoinvolgere i cittadini in scelte personali e collettive che non tradiscano, ma filtrino la complessità della domanda sociale e rispondano a bisogni reali. In questo contesto il processo riformatore del sistema di istruzione e di formazione assume aspetti strutturali che vanno oltre il tecnicismo perché coinvolge la dimensione dei diritti fondamentali della persona e si confronta con problematiche educative urgenti: ad esempio, con la considerazione delle differenze di genere, con l’evoluzione del diritto e i nuovi orizzonti della pace, con il peso sempre maggiore dell’economia e della tecnologia.

 

IL RIORDINO DEI CICLI NEL QUADRO DELLE RIFORME APPROVATE

Le deleghe concesse nel 1997 dal Parlamento al Governo sono state quasi interamente esercitate. Le principali tappe del recente percorso legislativo sono: l’istituzione di un sistema integrato di istruzione e di formazione professionale (legge 196/97); il prolungamento dell’obbligo di istruzione al 15° anno (legge 9/99) e dell’obbligo formativo fino al 18° anno (legge 144/99); l’ istituzione di un segmento di istruzione e formazione tecnica superiore (IFTS) a carattere non accademico (legge 144/99); la legge quadro sul riordino dei cicli dell’istruzione (legge 30/00). E’ mutato anche il contesto istituzionale nel quale si collocano tali provvedimenti: è intervenuta l’autonomia delle scuole (art. 21 legge 59/97), la riforma del ministero e delle strutture centrali e periferiche dello Stato, il trasferimento a regioni ed enti locali di vastissimi poteri in materia di istruzione (D.L. 112/98), ferma restando la prerogativa delle Regioni in materia di formazione professionale, prevista dall’art. 117 della Costituzione. A ciò va aggiunta la legge 62/2000 sulla parità scolastica tra scuole statali e non statali la cui attuazione, nel quadro generale dell’ autonomia e quindi nel rispetto delle compatibilità e finalità generali dell’intervento dello stato, dovrebbe condurre ad un sistema pubblico dove siano garantite le condizioni per esercitare i diritti riconosciuti.

Si tratta di un’azione complessa di riorientamento del sistema di istruzione e di formazione che non ha avuto e non ha alle spalle un’univocità di analisi e di proposte, anche perché oggi si riformano la scuola e l’università senza poter disporre di un modello riconosciuto di società verso cui andare e dovendo nel contempo operare in un nuovo contesto multiculturale e affrontare emergenze legate a processi di immigrazione, di nuova alfabetizzazione, di nuove marginalità.

L’attuazione della legge sul riordino dei cicli, che presenta indubbi aspetti di complessità, dipenderà in maniera rilevante dall’ attenzione che ad essa dedicheranno il Parlamento e l’opinione pubblica. L’elaborazione e il confronto sul programma attuativo consentiranno infatti di verificare l’interesse della società italiana per i problemi educativi e forniranno l’occasione per far uscire il sistema di istruzione e di formazione da quella confusa autorappresentazione cui è stato, talvolta intenzionalmente, confinato.

 

LE FINALITA’ NELL’ATTUAZIONE DEL RIORDINO DEI CICLI

Il riordino dei cicli è uno snodo fondamentale della più generale riforma del sistema di istruzione e formazione italiano. La proposta di riforma, così come è esplicitato nell’art. 1 della legge 30/2000, non è rivolta soltanto alla modernizzazione delle strutture, dei modelli organizzativi e all’aggiornamento dei programmi scolastici, ma assume invece come protagonista il "sistema educativo di istruzione e di formazione", finalizzandolo alla crescita e alla valorizzazione della persona umana in tutte le sue dimensioni – come sancito anche dalle Dichiarazioni internazionali - e alla formazione del cittadino nel quadro delle finalità e delle garanzie previste dalla Costituzione italiana. E’ necessario operare per assicurare la possibilità che ciascuno - una volta opportunamente orientato - possa, nel campo dell’istruzione e della formazione, scegliere ed ottenere il meglio per sé contribuendo al benessere di tutti. Ciò prefigura un’azione mirata che, partendo dai bisogni di istruzione, consenta alla scuola di promuovere un impegno formativo diffuso e il coinvolgimento dei diversi ambiti educativi.

A parere del gruppo, il successo della riforma non dipenderà dalla pretesa di assumere tutte le finalità possibili, antiche o nuove, quanto dalla capacità di costruire una loro gerarchia e quindi di selezionarle e integrarle in modo da ottenere il massimo di efficacia con il minimo di intervento normativo. Ciò significa incrociare le due domande: chi può realizzare che cosa e chi deve realizzare che cosa per individuare con precisione ambiti, competenze e responsabilità. Appaiono coerenti tra loro e da trattare insieme almeno le seguenti finalità principali:

  1. elevamento della qualità dell’insegnamento e dell’apprendimento tenendo conto anche di standard internazionalmente condivisi

  2. compiuta attuazione del diritto allo studio, all’istruzione e alla formazione anche attraverso il lavoro di un affidabile sistema nazionale di certificazione e di validazione pienamente indipendente dai Ministeri
  3. realizzare l’integrazione del sistema di istruzione con quello della formazione professionale e potenziare la continuità tra scuola, università e formazione integrata superiore
  4. educazione alla cultura secondo cultura, nel rispetto delle diverse forme di razionalità, con la valorizzazione di tutte le dimensioni della cultura, compresa quella morale e religiosa.

 

CARATTERI DELL’ATTUAZIONE DELLA RIFORMA DEI CICLI

L’architettura complessiva del nuovo sistema di istruzione e formazione richiede piani di attuazione graduali ma attenti alla conservazione del profilo globale. Il riordino dei cicli dovrebbe avvenire - a parere del gruppo – in continuità con i caratteri migliori della scuola della tradizione con la quale è opportuno confrontarsi per consolidare e ottimizzare i risultati già raggiunti. Vanno valorizzate alcune scelte di fondo e di metodo fatte in coerenza con i principi di democrazia, di uguaglianza e di libertà ribaditi anche nei più recenti interventi normativi: ad esempio, il principio della specificità della scuola rispetto ad altri soggetti e altre sedi formative; quello della funzione della scuola pubblica in quanto garante del diritto all’istruzione e alla formazione dei cittadini e dei lavoratori; il principio della programmazione e della formalizzazione degli obiettivi educativi; il principio della centralità del soggetto che apprende e del suo diritto al successo formativo; il principio della libertà di ricerca e di insegnamento.

Accanto ad aspetti generali, quali l’intelligibilità dei provvedimenti, il loro supporto esplicativo e la ricchezza dei dati, un solido programma attuativo richiede, a giudizio del gruppo, che vengano esplicitati, fin dal momento della sua presentazione alle Camere, i principi che informano il progetto intorno ai quali costruire un equilibrio tra quanto prescritto dal legislatore e quanto via via realizzabile, tra la riconoscibilità e l’ unitarietà degli obiettivi nazionali e la legittimazione all’accoglimento di tutte quelle esigenze, anche non espressamente contemplate, ma valide sul piano formativo e funzionali al raggiungimento degli obiettivi generali.

In generale, nel processo di elaborazione del programma di attuazione sarebbe opportuno operare con la preoccupazione fondamentale di evitare la costruzione o anche solo il rischio di modelli escludenti che possano invalidare i principi del pluralismo non soltanto nelle istituzioni e nelle pratiche educative, ma anche tra le istituzioni, garantendo a genitori e studenti la libertà di scelta della scuola e ai docenti la libertà di insegnamento.

In particolare, i curricoli dovrebbero essere costruiti tenendo ben in vista le esigenze della continuità formativa e contemporaneamente le discontinuità presenti nelle varie fasi di crescita. E’ importante ad esempio che siano chiariti, nei limiti opportuni, i concetti di "unitarietà" e di "articolazione" del curricolo, nonché quelli di "propedeuticità" e di "educatività" per quanto riguarda le discipline soprattutto in relazione al secondo ciclo superiore. Il gruppo invita per altro a non trascurare aspetti solo apparentemente secondari del problema e invece esemplari, quale ad esempio quello del reinserimento in percorsi formativi fondamentali di chi ha abbandonato la scuola o conserva di essa una concezione negativa, o quello dell’attenzione per i bambini e giovani particolarmente dotati, al fine, da un lato, di integrare le varie forme di sostegno didattico e formativo e dall’altro di favorire una corretta cultura del merito.

Nella scansione del programma attuativo, sarebbe opportuno adottare un criterio di progressività con l’indicazione precisa di tempi e di fasi. A giudizio del gruppo, una certa accelerazione e rapidità di attuazione sono certamente preferibili al disagio che deriverebbe da interventi troppo parziali o caratterizzati da incertezze e da eccessiva flessibilità. Sarebbe opportuno che fin da ora si prevedessero, almeno in tutte le situazioni che già ne prefigurano le condizioni (ad esempio negli istituti comprensivi), attività e modalità organizzative della didattica e della formazione in servizio che favoriscano l’integrazione e promuovano il lavoro cooperativo tra i docenti della scuola elementare e media inferiore che saranno impegnati nella nuova scuola di base. Ciò indipendentemente dai tempi che richiederà il loro inquadramento nei ruoli e la soluzione della questione della loro utilizzazione lungo parte del nuovo ciclo o per il suo intero arco.

Docenti e genitori potrebbero fin da ora essere coinvolti anche nella definizione di importanti standard formali relativi ad antichi e nuovi strumenti didattici di uso diffuso o generalizzato. Sarebbe, ad esempio, importante che per i libri di testo del nuovo ciclo di base ci si confrontasse intorno a criteri di essenzialità, di agilità, di comprensibilità e fruibilità, premesse indispensabili per una politica di sostegno alle famiglie e di regolamentazione dei prezzi.

 

I SOGGETTI NEL RIORDINO DEI CICLI E IL RUOLO DELLE AUTONOMIE

Soggetti della scuola sono in primo luogo gli studenti, i docenti e i genitori, così come richiamato anche nell’art. 1 della legge 30/00. Sono i medesimi che sotto altra veste formano la famiglia e la società in tutte le sue articolazioni.

Una riforma efficace e non autoreferenziale non può non riconoscere la diversità dei loro rispettivi ruoli e nello stesso tempo la loro complementarietà. Essa ha comunque bisogno di sapere dove e come trovare oggi i suoi punti di forza.

Il gruppo ha rilevato come la scuola italiana abbia tradizionalmente trovato, oltre le divisioni e le differenze ideologiche, un comune minimo denominatore nell’ affermazione di principio della centralità dell’allievo che le ha consentito di progredire e di assolvere comunque con dignità ai propri compiti. Tale affermazione, che resta tuttora valida e che si rafforza alla luce delle nuove acquisizioni delle scienze psicologiche e pedagogiche, oggi va accompagnata da una più attenta considerazione della centralità delle figure del docente e del dirigente scolastico, che hanno bisogno di maggiori cure, di formazione, di valorizzazione e che vanno sostenute anche nelle loro forme associative.

L’art. 1 della legge 30/00 introduce per altro, nel definire i rapporti tra scuola e genitori, il termine pregnante di "cooperazione" legandone l’attuazione alle disposizioni in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche e ai principi della Costituzione. Risulta ulteriormente rafforzato il ruolo delle famiglie, che va sostenuto anche nelle sue forme associative. Pare al gruppo che un aspetto centrale nell’attuazione della riforma, relativamente alla dinamica tra i soggetti, sia dunque quello di articolare meglio i loro rapporti per valorizzarne il contributo nella chiarezza dei rispettivi ruoli. Senza trascurare la necessità di individuare nelle fasi e articolazioni della riforma stessa a quali soggetti nello specifico attribuire e chiedere maggiori responsabilità, ma anche fornire maggiori risorse.

Il gruppo si è inoltre interrogato sul ruolo svolto in sede territoriale dalle autonomie locali e in particolare dai loro governi. Essi risultano sempre di più coinvolti nell’assolvimento di funzioni decisive per la vita delle istituzioni scolastiche e, in particolare di quelle formative, per le quali in molti casi detengono anche la titolarità e il diritto a legiferare. E’ stato sottolineato che se il quadro istituzionale evolverà nella direzione di un diverso rapporto tra centro e periferia, il peso dell’intervento di questi soggetti nella costruzione dell’autonomia sarà rafforzato e potrebbe, per mancanza di previsione strategica e coerenza normativa, risultare talvolta improprio, inefficace o conflittuale.

Il gruppo conviene sulla necessità che con la riforma sia possibile favorire lo sviluppo di un equilibrato rapporto tra autonomia delle singole istituzioni scolastiche, poteri di indirizzo e di controllo dell’amministrazione centrale e competenze attribuite a regioni e enti locali. In sostanza, l’implementazione della riforma dovrebbe considerare anche il problema della conservazione di un profilo globale sufficientemente chiaro e solido così da non scaricare sulle scuole, nel momento dello sviluppo dell’autonomia, le incertezze presenti nella delicata fase di revisione generale della forma dello Stato.